Una come lei e altre poesie

Una come lei e altre poesie Book Cover Una come lei e altre poesie
Anne Sexton
Via del Vento
2010
9788862260381

“Siamo nella nostra stanza. Siamo in / una scatola da scarpe. Siamo in una scatola di sangue. / Delicatamente ci siamo lasciati dei lividi, eppure / non siamo vecchi e non siamo nati morti. / Siamo qui su una zattera, esiliati dalla polvere. / L'odore di terra è svanito. L'odore / di sangue è qui e la lama e il suo proiettile. / L'ora è arrivata e tu andrai dalla sua parte” (Anne Sexton, “Ora”)

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“Una come lei e altre poesie” è l'omaggio della pistoiese Via del Vento al talento lirico d'un'artista statunitense, maudit senza averne intenzione (maudit: per predestinazione) considerata – come raccontata la curatrice Marina de Carneri – prima portavoce e antesignana del malessere sofferto dalle donne americane degli anni Cinquanta e Sessanta: “La depressione, l'angoscia, le crisi di panico di cui soffriva furono i sintomi di un disagio che non poteva manifestarsi in nessun altro modo perché secondo i criteri di giudizio di allora quel disagio non aveva una causa – il problema non esisteva. Nulla poteva mancare a queste casalinghe benestanti e attraenti, dotate di mariti altolocati, di figli sani, di bei giardini con piscina” (p. 30).

L'artista, finita presto in analisi, trovò sostegno soltanto nella scrittura: fu il (provvisorio) sostegno alla sua sopravvivenza, infestata dall'angoscia per un matrimonio infelice (divorziò un anno prima di suicidarsi, lasciando due figli), e per la sua inadempienza all'esistenza, per la sua difficoltà di adattamento alle cose della vita. In “Voglia di morire” la poetessa racconta di non aver niente contro la vita, e tuttavia di sentirsi estranea ad essa. Scrive: “Equilibrati là, a volte i suicidi si incontrano / furiosi contro la frutta, una luna gonfiata / lasciano il pane che hanno preso per un bacio / lasciano la pagina del libro sbadatamente aperta / qualcosa di rimasto non detto, il telefono non riagganciato / e l'amore, qualunque cosa fosse, un'infezione” (p. 12).

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Anne Sexton (1928-1974) coniò l'immagine della donna-strega, cara alle femministe, scrivendo i versi della poesia eponima, “Una come lei”. La prima strofa canta: “Sono uscita, una strega posseduta / che caccia l'aria nera, più intrepida di notte / che sogna il male, ho fatto il mio dovere / al di sopra delle case normali, luce per luce: / creatura solitaria, con dodici dita, fuori di sé. / Una donna così non è una donna, del tutto. Io sono stata come lei [...]” (p. 3). Si staglia, in questa strofa, un'immagine di prepotente solitudine, di isolamento, di estraneità alla “normalità”: di renitenza al modello richiesto dalla società, di vagheggiamento d'una difficile autonomia, d'un'altra identità.

Più avanti, notevoli – e decisamente limpidi – i versi di “In compagnia degli angeli”: laddove leggiamo, sic et simpliciter, “Ero stanca di essere una donna, / stanca di cucchiai e pentole, / stanca della mia bocca e dei miei seni, / stanca di cosmetici e sete”. Quindi, lentamente, la Sexton vira verso un'allegoria che nasconde l'ombra minacciosa d'un rapporto malato con suo padre: “C'erano ancora uomini seduti alla mia tavola, / raccolti intorno alla coppa che offrivo. / La coppa era piena di chicchi d'uva viola / e le mosche erano attratte dal profumo / e perfino mio padre si fece avanti con il suo osso bianco / Ma io ero stanca del genere delle cose [...]” (p. 9). La Sexton si contrappone, nei versi successivi, al padre e al marito, ripetendosi che deve sopravvivere loro; e torna, ossessivamente, sulla sua indecisa identità di donna, sul suo desiderio d'essere “né una cosa né l'altra”, sull'incompatibilità di Adamo ed Eva col “regno della ragione”. Versi che sarebbero piaciuti al Weininger di “Sesso e carattere”, perché sembrano discendere dai suoi dolorosi e allucinati studi.

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L'uomo si nutre dell'essenza della donna, nel gioco di ruolo maledetto dall'artista americana: splendidi i versi di “A piedi nudi”, e disperati e quotidiani, come in questo frammento; “Non ci siamo che noi / in questa casa sulla lingua di terra / Il mare porta un campanello all'ombelico / E io sarò la tua schiava scalza per / un'intera settimana. Ti va un salamino? / No. Preferisci non prendere uno scotch? / No. In effetti non bevi. Però / bevi me. I gabbiani uccidono i pesci, / strillando come bimbetti di tre anni. / Il bagnasciuga è un narcotico che invoca / 'Io sono, io sono, io sono' […]” (p. 17).

Probabilmente è questo uno degli elementi più suggestivi della poesia della Sexton, la sua capacità di raccontare il dramma della propria esistenza attraverso le piccole cose, attraverso questi schizzi di realtà e di verità delle cose di tutti i giorni; è una poetessa che sa far diventare poesia un posacenere, è così profonda che trova metafore e allegorie in tutto, è così visiva che sa connotare un oggetto con una manciata di dettagli, spesso con uno sbuffo soltanto. E non stupisce, allora, che da un elenco di piccole cose la Sexton riesca a intravedere il sentiero mistico e iniziatico che porta a Dio; è forse questa la regola nascosta nei suoi scritti – quella del cammino ininterrotto e atroce verso la liberazione, verso la libertà:

“Spogliatevi della vita come dei pantaloni, / delle scarpe, della biancheria, / spogliatevi della carne, / scardinate le ossa. / In altre parole / togliete di mezzo il muro / che vi separa da Dio” (“Il muro”)

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Anne Sexton (Newton, Massachussetts, 1928 – Weston, Massachussetts, 1974), scrittrice e poetessa americana. Esordì pubblicando “To Bedlam and Part Way Back” nel 1960.

Anne Sexton, “Una come lei e altre poesie”, Via del Vento, Pistoia 2010. Cura e traduzione di Marina de Carneri. Tiratura limitata 2000 copie; la mia è la numero 1396.

Approfondimento in rete: WIKI en

Gianfranco Franchi, luglio 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.