Les Poèmes d’un Maudit. Le liriche di un Maledetto. La poesia mediterranea di un italiano di Tunisi

Les Poèmes d'un Maudit. Le liriche di un Maledetto. La poesia mediterranea di un italiano di Tunisi Book Cover Les Poèmes d'un Maudit. Le liriche di un Maledetto. La poesia mediterranea di un italiano di Tunisi
Mario Scalesi
ISSPE
1997

"Si dà il caso, se si vuole, che questa sia la prima monografia italiana ad occuparsi, in una prospettiva generale, dell'opera e della vita di Mario Scalesi; ma soprattutto a farsi anche carico del gravosissimo e spericolato compito di offrire, ai lettori e agli studiosi del nostro Paese, un ampio florilegio (circa metà della produzione scalesiana) in lingua italiana della silloge del poeta tunisino [...]. Un medium, un trait d'union tra l'opera di Scalesi e gli appassionati italiani di letteratura: uno strumento da officina per i nostri ricercatori, un caloroso invito ai cultori della lingua e della storia letteraria francese" [Salvatore Mugno, 1997].

Orgogliosamente mediterraneo, considerato tra i precursori della letteratura nordafricana di espressione francese, Mario Scalesi (o Mariano Scalisi) [Tunisi, 1892-Palermo, 1922], proletario, veniva da sangue siciliano [trapanese: pare un ex sottufficiale della Marina, forse caduto in disgrazia] e genovese-maltese ["Rambi" o "Rombi", una famiglia di pescatori]: primogenito di sei fratelli era, per dirla con le parole di Gabriele Montalbano, "tunisino di nascita, italiano di nazionalità, francese di lingua". Nacque tunisino sotto amministrazione francese: nelle scuole francesi venne educato, nonostante la sua italianità, probabilmente per questioni strategiche di sopravvivenza e adattamento. Dopo un drammatico incidente domestico (cadendo dalle scale di casa, rimase gobbo e claudicante a vita), incidente che condizionò terribilmente la sua infanzia e la sua esistenza, Scalesi trovò consolazione nella letteratura: assiduo frequentatore della biblioteca di Souk-el-Attarine, nella città vecchia di Tunisi, trovò spazio come critico letterario, giovanissimo, collaborando con riviste come "La Tunisie illustrée" e "Soleil"; là apparvero le sue prime poesie. Campava male, nel frattempo, sostanzialmente di stenti; guadagnava qualcosa come contabile. Nelle parole di Salvatore Mugno, suo massimo esperto italiano: "Adulto, si accorgerà di avere il vuoto intorno a sé: poche e flebili amicizie, incompreso dai familiari, deriso dai coetanei, umiliato dalle donne, perfino indotto a uscire raramente di casa, preferibilmente nottetempo". Una meningite, stando a quanto scrive nelle sue poesie, complicò le cose quando non era ancora trentenne. Ricoverato nell'ospedale italiano di Tunisi (i nostri compatrioti non potevano essere ricoverati nei sanatori francesi), fu poi trasferito al manicomio di Palermo nel 1921, con la discutibile diagnosi di "delirio di negazione" e "psicosi nevrastenica": lui diceva che l'avevano cacciato via per invidia e gelosia del suo talento. Era tubercolotico, stava malissimo. Sbarcò con una camicia, una giacca, un cappello di paglia, un calzone, e un paio di scarpe, tutto in cattivo stato. In manicomio, gli "agitati" come lui finivano in una stalla di tre metri, alta quattro, con un po' di paglia per terra e una sorta di canale per i bisogni. Là morì di marasmo, cioè denutrito, nel 1922. La sua unica raccolta di versi, "Les Poèmes d'un Maudit", venne pubblicata postuma, nel 1923, grazie alla generosità e alla sensibilità della Société des Écrivains de l'Afrique du Nord, a Parigi. Seguirono, come documenta Mugno, altre tre edizioni [Tunisi, 1930, 1935 e 1996]. Qui in Italia abbiamo dovuto aspettare 74 anni: finché non venne pubblicato questo "Les Poèmes d'un Maudit. Le liriche di un Maledetto. La poesia mediterranea di un italiano di Tunisi", traduzione, saggio introduttivo e cura di Salvatore Mugno, presentazione di Renzo Paris, con un contributo sociologico-antropologico di Yvonne Fracassetti Brondino: [Palermo, Isspe, 1997] – un'edizione irrinunciabile, completa di dettagliati riferimenti bibliografici in merito a tutti i contributi saggistici apparsi, nel tempo, tra Tunisia, Italia e Francia, e di un approfondito studio di Mugno sullo Scalesi saggista e critico.

Secondo il professor Paris, siamo di fronte a un “letterato finissimo, che ad ogni verso sa richiamare poeti della statura di Baudelaire, di Corbière. Se si ha la pazienza di scrostare questi richiami, che sono sempre presenti, si riesce a penetrare nella sua orrenda solitudine di uomo, nei suoi amori nati dal rifiuto, nelle sue invettive contro la società, a favore dei poveri e dei derelitti" [p. 13].

Più avanti: "Scalesi non viene toccato minimamente dalle correnti avanguardistiche; ha bisogno di ritrovare il verso chiuso, neoclassico, per esprimere un coacervo di emozioni tutte moderne, anticipando le retour à l'ordre di Cocteau e Radiguet". A volerlo associare agli italiani, per Renzo Paris "Scalesi ha gridato il patetico. Nel suo pessimismo ricorda più Pascoli che Leopardi; lontano da Sergio Corazzini o dall'ironia di un Palazzeschi. Ci sono nel volume versi che riguardano il suo lavoro di ragioniere, molto simili a quelli di Piero Jahier [...]. Scalesi sarà amato da quei lettori che nella poesia cercano soprattutto: sobrietà, dolore, verità".

A dire del suo evangelista, Salvatore Mugno, Scalesi, "il nostro maudit nordafricano non è un parnassiano, almeno nel senso storico del termine: pur essendo egli maniacale assertore di un accuratissimo stile poetico, mai sostenne una lirica erudita, scientifica, esente dagli slanci dell'io, algida" [p. 19]. Nella sua poesia, andavano riconosciute "componenti simboliste, romantiche, ronsardiane".

Tra i primi sostenitori dei talenti di Scalesi, Mugno annovera due apprezzati critici francesi degli anni Trenta, Pierre Mille e Yves-Gérard Le Dantec (curatore per Gallimard dell’opera omnia di Baudelaire, Verlaine e Edgar Allan Poe, dagli anni Trenta ai Sessanta): Mille, pur ravvisando reminiscenze baudelairiane e verlainiane, riconosce che "[...] la sonorità, l'ispirazione, e io oserei dire anche la sincerità nuda e cruda, sono del tutto differenti. Io mi convinco volentieri [...] che Scalesi ha il diritto di essere incluso nel novero dei poeti 'minori' ma perciò essenziali che, maledetti o no, avevano qualcosa da dire, e l'hanno detta come nessuno aveva fatto prima di loro, con accenti che sono loro propri, che non si trovano presso altri" [p. 44].

Nel 1958, a Trapani, Gaspare D'Aguanno pubblicò, in francese, "Grandeur de Mario Scalési, poète maudit", libro fondamentale per la successiva riscoperta del nostro ottimo Mugno. Il tunisino-trapanese D'Aguanno osservava che "Scalesi non è un pittore della natura [...]. Non si trovano in lui né i colori brillanti del romantico pittoresco, né i bassorilievi plastici del realismo parnassiano, né le brumose evocazioni della moda simbolista; soltanto delle brevi notazioni, precise e sfumate [...]. Ama la terra d'Africa dagli orizzonti vasti e luminosi, il mare immenso che mormora o che brontola, il mistero dei laghi infuocati e delle antiche vestigia" [p. 51].

**

Andiamo tra i versi. "Dunque, delle più antiche verità / lettore, si conferma la più certa: / nelle maledizioni dei tuoi simili / si rispecchiano quelle del Destino. [...] La mia vita ho infiorato di rovine / di misero ideale disperato. / E raccattando queste tristi pietre / dal fondo di un inferno mai descritto / le mie ametiste vi distribuisco / o fratelli che m'avete maledetto!" - l'incipit è una lapidazione: il saluto, estremamente cosciente, di un poeta "alla gloria indifferente".

Scalesi canta il suo incidente d'infanzia ("quell'attimo in cui cessai di vivere") e canta sua madre, con tenerezza; racconta "il castigo" dei vinti e il primo incontro, terribile, con la morte, con sua sorella che se n'è andata. Canta il profumo di una donna desiderata ("nulla mi era dolce quanto i suoi occhi perversi / e i capelli suoi di vergine dove aspiravo, delizia / odor di zagara del Paradiso") e i capricci di una donna sfuggente; canta un amore bilingue, italiano e francese ("J'ai béni tes prunelles noires / E la notte che versavo in me") e giura di voler legare la sua sorte a quella d'una musa dal volto di sirena.

Canta la povertà da cui nacque ("io sono nato in croce") e più volte una rabbiosa nostalgia di Dio (mai estranea a squarci di fede purissima); l'alienazione ("Cupa è la vita. Niente pane, né luce / E io mi rassegno ad esecrarla invano / mentre, nell'ombra, bambini piangono"), e i propri sbagli; canta il popolo "leone oppresso dalle sue catene", "unico vincitore delle future vittorie", e infine celebra la sua sconfitta imminente, come essere umano ("io mi rivolgo all'ombra, e l'ombra avanza").

**

Veniamo ai giorni nostri. Recentemente, nel corso di una mostra dedicata alla rivoluzione basagliana, per il quarantennale della legge che porta il suo nome, a Palermo ["La condizione umana. Oltre l'istituzione totale", a cura di Helga Marsala], è stato dedicato uno spazio al poeta tunisino, a cura di Luca Cinquemani, Andrea Di Gangi e Adriano La Licata, collettivo Fare Ala e altri autori, coi quali è stata messa a punto una fanzine e un libro d’artista: "Mario Scalési. Ô frères qui m'avez maudit!", con testi di Salvatore Mugno, Gabriele Montalbano, Francesca Di Pasquale, Beatrice Monroy, Wu Ming 2. La mostra sarà visitabile presso il Palazzo Ajutamicristo fino al 31 marzo 2019.

Nel frattempo, prossimamente, nel corso di un incontro ufficiale, affiggeranno una targa su un muro della "Vignicella", l'ex ospedale psichiatrico dove Scalesi morì, per eternare la memoria del poeta. Un omaggio dovuto.

Gianfranco Franchi, gennaio 2019.

Per approfondire: Scalesi in Wiki it + Ferlita [Repubblica, 2007]

La prima monografia italiana ad occuparsi, in una prospettiva generale, dell’opera e della vita di Mario Scalesi: “tunisino di nascita, italiano di nazionalità, francese di lingua”, poeta mediterraneo maudit