L’acrostico più lungo del mondo

L'acrostico più lungo del mondo Book Cover L'acrostico più lungo del mondo
Vincenzo Mazzitelli
Meridiano Zero
2007
9788882371555

Segnato da quei morsi ogni mio passo

Ebbe ad esser di lupo in mezzo al gregge.

Vagheggiavo un ritorno a età del sasso,

Un’Arcadia selvaggia e naturale,

Orgia di predator, di prede ammasso.

Così l’istinto mio, guidato male,

Anima ancor da lungi rimbrottava,

Millantando i diritti di animale,

Per cui più che giustissimo sembrava

A femmina portar costante insidia.

Ragion, però, violenza rifiutava,

D’altri temeva troppo la perfidia,

E se pure tal limite m’impose

Soltanto fu per fifa e per accidia.

Tanta viltà nelle libidinose

Oscene e tristi mie provocazioni

Le donne rese più forti e spinose.

Ovviamente le mie turpi attenzioni

Caddero su terreni a me più noti,

Ormai che le novelle situazioni

Sapevano di rischi vani e idioti.

E così, tra gli ambienti alternativi,

Là dove sapevo c’eran vuoti

Vistosi di morale, e più lascivi

Animi, ritornai. Con faccia tosta

Giocavo coi miei modi primitivi,

Genio triviale e osceno senza sosta,

Innocente bestiola della Musa,

Ordinai li miei istinti a bella posta.

(Vincenzo Mazzitelli, “L’acrostico più lungo del mondo”. 93, p. 110).

… e adesso provate a leggere soltanto la prima lettera d’ogni verso, in verticale. Appare “Se vuo’ campar d’esto loco selvaggio”: Dante, Inferno, Canto Primo. L’esordio di Vincenzo Mazzitelli, artista partenopeo classe 1962, è un romanzo esistenziale in versi – endecasillabo in terza rima, con poche eccezioni – che vede intrecciate alle rime di Alighieri le notturne e solari vicende dell’io narrante, ambientate a Napoli tra gli anni Settanta e gli anni Novanta: ne deriva l’acrostico più lungo del mondo. Micidiale stravaganza letteraria, ludo neobarocco o meditato escamotage? Risponde(rebbe?) in versi l’autore: “Esperienza di me voglio narrare / Per chi saprà più di quanto sepp’io. / Ecco perché la scelta di rimare / Le terzine del Sommo in tal guisa. / Troppi incroci il mio passo ebbe a incontrare, / Ragion mi fu per cui troppo divisa, / Or dritta via non vedo eccetto questa: / Mantenere viva quella a molti invisa / Antica forma ch’esige la testa / Sgombra da ogni nuova eccitazione / Artificiale, che da tempo infesta / Per la troppa comunicazione, / Imposta da un mercato i cui interessi / estinguono ogni bella tradizione (…)” (103, 104: pp. 120-121).

Lo sganassone al mercato e al sistema editoriale (le eccezioni, evidentemente, esistono: e pubblicano), è ben assestato: “Questo lo scopo, e non letteratura! / Udite voi che chiudete le porte / E del mio dir dite ‘non è cultura’. / Semplice rima, facile linguaggio, / Tanto che arrivi al cuor d’ogni creatura / Il cui destino è lungi dal mio viaggio. / Non ambisco che al Vero, e lo racconto / Or per provar che n’ebbi un po’ d’assaggio” (103, p. 120)

Una vita come quella del protagonista dell’opera poteva essere facilmente e con diversa immediatezza narrata in prosa; ne sarebbe derivato un romanzo di (de)formazione, non estraneo a capitomboli ai piedi dei satrapi dell’igiene mentale, giocato per opportune virate erotiche e nient’affatto sottile critica delle ideologie tutte, soprattutto di quelle ritornanti, del mercato del lavoro e delle condizioni dei cittadini contemporanei. Mazzitelli ha preferito l’espressione alla comunicazione, al di là delle dichiarazioni d’intenti: ha deciso di esordire spiazzando tutti, orgogliosamente lirico e ingiustamente obsolescente, e ha riversato una vita vissuta con dolore, consapevolezza e intensità in un ricercatissimo divertissement di carne e sangue, in versi. E in rima. Dall’introduzione: “Qui ascoltiamo un’anima divenuta topos della memoria nonché campo di battaglia di scontri violentissimi tra le due superpotenze dell’universo psichico-religioso, IL BENE E IL MALE; o meglio, tra quelle che sono le interpretazioni che le vicende del protagonista propongono in termini di natura religiosa e vita sociale, e in relazione alle diverse etiche dominanti” (p. V).

Stesso piacevole disorientamento si avverte nei confronti dell’editore; potrei sbagliare, ma fatico a ricordare precedenti pubblicazioni di poesia nel catalogo di Meridiano Zero, sicuramente non nella collana “Primo Parallelo”: la casa editrice padovana spiazza i suoi lettori proponendo la Cantica Prima (more to come?) di questa “Storia di un satiro religioso”, “innocuo maniaco sessuale i cui vizi, alla lunga, potrebbero apparire come gli aspetti meno deprimenti della sua intera vicenda esistenziale” (tratto ancora da “Un’idea di introduzione”, p. V).

Opera di singolare e prepotente ambizione, nata per essere al di là del tempo, piomba sul presente accolta, sino ad ora, da una critica stranamente silenziosa. Mazzitelli non s’attenda risposte in versi, ma nemmeno stilettate: è questa la prosa del nostro tempo. Per quanto potevo, per come potevo, t’ho letto e accolto, artista; né freddato, né scosso: stupefatto. Tutto qua.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Vincenzo Mazzitelli (Napoli, 1962), appassionato di enigmistica, rimatore di strada, già imbarcato nella Marina Mercantile panamense (?). Questa è la sua opera prima.

Vincenzo Mazzitelli, “L’acrostico più lungo del mondo ovvero Storia di un satiro religioso. Cantica prima”, Meridiano Zero, Padova 2007.

Gianfranco Franchi, novembre 2007.

Prima pubblicazione: Lankelot.

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