La notte e altre poesie

La notte e altre poesie Book Cover La notte e altre poesie
Georg Trakl
Via del Vento
2008
9788862260121

“La candela riluce pace / nella stanza scura / una mano d'argento / la spegne; / silenzio di vento, notte senza stelle” (“Estate”, ottobre 1913).

Trakl, poeta maudit austriaco classe 1887, borghese, malinconico figlio di madre neuropatica e consumatrice d'oppio, fu farmacista, artista e ufficiale al fronte, nella Prima Guerra Mondiale. Pacifista andato in guerra forse per autodistruzione, perse la testa nel settembre 1917 quando, durante la battaglia di Grodek, dovette “provvedere senza mezzi a novanta feriti gravi, in un granaio circondato da cadaveri di contadini ruteni impiccati agli alberi”, in Galizia. Un mese più tardi si suicidò per overdose di cocaina. In quei giorni scriveva che “Quieta si raccoglie nella terra dei salici / nuvola rossa, in cui abita un Dio incollerito / il sangue sparso, freddo lunare / tutte le strade sboccano in nera putrefazione” (“Grodek”). Questa “putrefazione” è una delle immagini più frequenti nel suo piccolo canzoniere, curiosamente analoga alla tetra morbosa sensuale rappresentazione della carne d'un suo contemporaneo, il pittore Egon Schiele. Austria moriva e morendo s'osservava, nuda, malata, scheletrica.

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Nella Nota al Testo, Roberto Carifi racconta che il nome della farmacia presso la quale lavorò il poeta mitteleuropeo, abituandosi all'uso delle droghe e al “tempo di morte”, era “L'angelo bianco”, cioè “Zum weissen Engel”; forse per questo, “la sua mano è come una falciatrice che rovina ruscelli e rovi, che canta le estati e le nevi per poi stordirle all'improvviso”.

Leggiamo allora i canti di questa mano falciatrice nella piccola, elegante plaquette Via del Vento “La notte e altre poesie”, pubblicata nel 2008. I primi versi – datati giugno 1910 – sono quelli di “In una stanza deserta”: laddove entriamo, a dispetto del titolo, in una visione tutt'altro che spoglia di vita, in cui “in fiamme soffiano i cespugli / e uno sciame di zanzare vibra / lontano sul campo mietono le falci / e canta un'antica fonte”. Il poeta è uno sguardo che infine “lentamente china la fronte appassionata / verso le stelle bianche”.

Queste falci ritornano ancora nei “Contadini” [fine 1911]: ci ritroviamo nei campi che sembrano aver appena ospitato Van Gogh, ed ecco che “un orrore li afferra / spesso nello strepitante fragore delle spighe / e stridendo oscillano qua e là / spettrali a ritmo le falci”.

Nella “Sera del temporale” [giugno 1910] la suggestione è quella d'incontrare una profetica e apocalittica visione del futuro; Trakl presentiva il tracollo dell'impero asburgico e viveva con angoscia lo sgretolarsi dell'antico concerto europeo – e forse aveva già inteso che saremmo sprofondati nella guerra. Così: “Il cavaliere di fuoco galoppa giù dal colle / e si frantuma tra gli abeti in fiamme. / Negli ospedali gli ammalati si lamentano / Frulla bluastra la piuma nella notte / Scintillando all'improvviso scroscia / La pioggia sopra i tetti”.

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Ancora disperata e macabra visione del futuro nei versi di “Umanità” [settembre-ottobre 1912], col poeta che dipinge il popolo di fronte a gole di fuoco, ad ascoltare rulli di tamburi, mentre i combattenti avanzano per passi nella nebbia (di sangue). Contraltare al disastro è Cristo: “In pane e vino abita un mite silenzio / e quelli sono raccolti in dodici / Di notte urlano nel sonno sotto rami di olivi / San Tommaso immerge la mano nella piaga”.

L'umanità, nella “Sera” [luglio 1914], diventa fatta d'ombre. E “Voi ombre divorate dalla luna / sospiranti nel cristallo vuoto / del lago montano” andate assimilati all'ombra di tempi famosi attorno a rupi imputridenti. Che la pietra possa imputridire è il segreto del gotico incanto. E gela il sangue.

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La “Romanza di notte” [fine 1911] è allucinazione onirica e mistica; leggiamo d'un giovanotto che si sveglia confuso dai sogni – da quel che altrove ha vissuto – e subito il suo volto si tinge di grigio, nella luna. E allora vanno contrapponendosi pazzia e amore, sebbene l'esito s'annunci nefasto: “La pazza piange coi capelli sparsi / alla finestra, di sbarre piena. / Allo stagno, in dolce tragitto / assai splendidi passano amanti. / L'assassino ride pallido nel vino / orrore di morte piglia gli ammalati / Prega la suora piagata e nuda / davanti alla passione del Salvatore in croce”. E prega invano.

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Nel crepuscolo dei giorni d'un antico impero, un poeta farmacista cantava la morte, e tutto il residuo amore per la vita – tinto d'una speranza solo religiosa, di pietà e di rigenerazione. Sarebbe caduto osservando l'epifania del male nel suo apogeo, quando sporca i campi e le case di morte violenta, e di ferite insanabili; quelle dello spirito di chi sopravvive. Cadendo, sono uscite tintinnando dalle sue tasche queste poesie. Tintinnano ancora.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Georg Trakl (Salisburgo, Austria 1887 – Cracovia, Polonia 1917), poeta austriaco.

Georg Trakl, “La notte e altre poesie”, Via del Vento, Pistoia 2008. Traduzione di Massimo Baldi e Roberto Carifi. Postfazione di Roberto Carifi Tiratura limitata 2000 esemplari; la mia è la copia numero 1465.

Approfondimento in rete: WIKI it

Gianfranco Franchi, aprile 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.

Nel crepuscolo dei giorni d’un antico impero, un poeta farmacista cantava la morte.