Vita brevis. La lettera d’amore di Floria Emilia a Sant’Agostino

Vita brevis. La lettera d'amore di Floria Emilia a Sant'Agostino Book Cover Vita brevis. La lettera d'amore di Floria Emilia a Sant'Agostino
Jostein Gaarder
TEA
2009
9788878187696

Jostein Gaarder racconta d’aver rinvenuto fortunosamente il manoscritto noto come Codex Floriae nel 1995, a Buenos Aires, presso una piccola libreria antiquaria. Combattuto tra l’irrefrenabile curiosità dello studioso e la pena per l’inevitabile salasso (dodicimila pesos), decide di investire il suo denaro per avventurarsi tra le righe di quella che parrebbe essere semplicemente una parte d’un epistolario apocrifo. Una donna, Floria, scrive ad Aurelio Agostino, vescovo d’Ippona: nessun refuso, lettore, si tratta proprio di Sant’Agostino. Che sia, si domanda Jostein, l’amatissima concubina nominata nelle “Confessioni”, poi allontanata per il voto d’astinenza?

Il Codex, datato alla fine del Cinquecento, era stato probabilmente vergato in Argentina. Gaarder non nutre dubbi: è la copia di una lettera autentica. Sintassi, lessico e spirito del testo spingono a datare il testo alla tarda antichità. Consegnato alla Biblioteca Vaticana per ulteriori approfondimenti, il manoscritto è misteriosamente scomparso: Il Vaticano, giura il professore, “si ostina ad asserire di non aver mai ricevuto alcun Codex Floriae”.

Così, questo libro si basa sulla traduzione d’un manoscritto comprato a Buenos Aires, fotocopiato prima che sparisse nei sotterranei della Santa Romana Chiesa e interiorizzato empaticamente. Che splendore, i vecchi espedienti non muoiono mai. Amicus Plato, sed magis amica veritas. Un ultimo appunto prima di cominciare: tenete d’occhio, sfogliando il libro, le note curate dal traduttore del Codex. Ce ne sono alcune davvero imperdibili.

La vita è breve, troppo breve. Ma forse è qui e ora che viviamo, e soltanto qui e ora. Se è così, non hai forse voltato le spalle ai giorni che, malgrado tutto, splendono? E non ti sei smarrito in un lugubre e oscuro labirinto di pensieri in cui non posso raggiungerti e ricondurti fuori? Non viviamo in eterno, Aurelio. Ciò non significa che non dobbiamo cogliere i giorni che ci vengono concessi” (Gaarder, “Vita Brevis”, VII)

Floria è una catecumena. Vive a Cartagine, lontana da oltre dieci anni dal suo antico amore: non vuole farsi battezzare, si dedica allo studio e affonda nella nostalgia. Ha potuto leggere le “Confessioni”, per concessione del suo sacerdote, e adesso scrive, di getto, all’uomo che ha perduto.

Dodici anni d’amore. Un figlio. Un legame che niente pareva poter dissolvere. Agostino e Floria si erano incontrati a diciannove anni; galeotta fu l’Eneide, e chi la scrisse: il tragico amore di Didone avvicinò i due ragazzi, annunciando le difficoltà del loro amore. Adesso Agostino scrive con rammarico e rabbia della sua vita passata: rinnega, ripudia, si sforza di cancellare l’immagine d’una donna che aveva adorato e poi tradito, impressa a fuoco nella sua anima. Nel nome di un Dio che Floria non accetta e non vuole accettare: perché un Dio che snatura gli esseri umani non può essere compreso e interiorizzato. Non va neppure pregato: va isolato.

Floria sa leggere tra le parole di Agostino, e allora lascia che per l’ultima volta la sua anima si apra per cantare la bellezza e lo splendore di quel che era stato, e l’avvilimento e la tristezza per quel che non era più. Agostino si sta consegnando forse all’immortalità: così facendo ha però ucciso se stesso, rinunciando ad essere uomo e ad essere autentico.

Le cicatrici d’un grande sentimento niente potrà cancellarle: non una fede cieca e una devozione integralista, non decenni di letture e di riflessioni e di studi, non la lontananza. Floria sa che Agostino continuerà ad appartenerle per sempre: perché ogniqualvolta ritornerà col pensiero all’idea della felicità, della gioia e della completezza, sarà ancora una volta con lei. Come quando, sulle rive dell’Arno, pazzo d’amore le aveva sussurrato che la vita era troppo breve. E che quell’istante era perfetto. Nessun Dio, nessuna fede, nessun sentiero può privare un uomo del rispetto per la sua natura. Floria ricorda ad Agostino l’unica lezione che aveva dimenticato. Sed fugit interea, fugit inreparabile tempus.

Capita a volte che tante parole, ripetute come un mantra, divengano sovrastrutture e convinzioni irremovibili. E che il sentire sia corrotto dalla cerebralità, e plagiato e intossicato dai troppi artifici. Ne deriva un “torpore estatico”, un’ebbrezza di nonsense e di finzione. Pochi fortunati, in quel momento, possono contare su una voce che torna dal proprio passato a rivendicare la loro esistenza e a risvegliare la loro natura. Agostino non è stato tra loro. Questa lettera gli è stata recapitata con un millennio abbondante di ritardo, là, nel non-luogo, dove Floria è distesa al suo fianco.

Mi respingevi perché mi amavi troppo, dicesti. È consuetudine trattenere ciò che si ama, ma tu facesti il contrario. Fu perché avevi già cominciato a guardare con disprezzo all’amore sensuale tra uomo e donna. Ritenevi che io ti legassi al mondo dei sensi, precludendoti la pace necessaria a concentrarti sulla salvezza della tua anima. Di conseguenza non se ne fece nulla nemmeno del tuo matrimonio. Più di ogni altra cosa, Dio vuole che l’uomo viva continuamente, scrivi. In un Dio di tal fatta non ho alcuna fede” (Gaarder, “Vita brevis”, I).

APPUNTI.

Gaarder meditava di contribuire, con “Vita Brevis”, ad avvicinare i suoi lettori alla classicità e allo studio della letteratura e della filosofia latina e greca: con lo stesso, felice e nobile intento divulgativo che aveva animato “Il mondo di Sofia”, deliziosa passeggiata tra secoli di luci e ombre del pensiero umano.

L’esito non è stato lo stesso, sfortunatamente: eppure, questo libro merita d’esser riscoperto per la sua grazia e la sua dolcezza, e per la profondità e la varietà degli argomenti trattati. Non si discute solo dell’amore, dei rimorsi e dei rimpianti e della legittimità del celibato sacerdotale: si affronta il ruolo della donna nell’antichità, e si indagano le differenze tra l’amore passionale e l’amore platonico. Confliggono l’eternità e l’istante: il sogno e l’incendio.

Siano comprensivi i classicisti e i letterati, e non voltino le spalle al libro per qualche citazione che potrà risultare loro facilotta o eccessivamente antologizzata: questo è un romanzo che si rivolge a chi non conosce Orazio, Virgilio e Terenzio, e non intende esibire conoscenza ma illustrare un mondo, già perduto e trascurato, e che sempre più rischia d’esser dimenticato.

Da leggere, allora: per tutti.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.

Jostein Gaarder (Oslo, 1952), ex insegnante di filosofia, romanziere e favolista norvegese.

Jostein Gaarder, “Vita Brevis”, Longanesi, Milano 1998. Traduzione di Roberto Bacci.

Prima edizione: “Vita Brevis”, Oslo, 1996.

Gianfranco Franchi, novembre 2003.

Prima pubblicazione: Lankelot.