Viaggio in Friuli, tra i vini e gli uomini

Viaggio in Friuli, tra i vini e gli uomini Book Cover Viaggio in Friuli, tra i vini e gli uomini
Amedeo Giacomini
Santi Quaranta
2004
9788886496551

Cantava Giacomini che il vino è compagno degli uomini generosi. Perché esige disinteresse, e uno sconfinato abbandono. E che il vino buono è un segreto rivelato a pochi fedeli, a pochi per volta. E che in Friuli c'era chi si dava al vino “come per un atto completo d'amore, finché la passione gli si è trasformata in arte e questa in scienza” [p. 38]: per quel vignaiolo, il mondo era “la campagna, la vigna, la cantina, la famiglia e gli amici, innumerevoli, ma sempre scelti. Che gli fanno corona” [p. 97]. Cantava Giacomini che il Friuli si poteva rivelare “scrigno senza fondo di nascoste perle” [p. 79], padre di paesaggi tra i più belli del mondo, di vini unici. Raccontati con amore da quei pochi che ne capivano veramente. E che sapevano riconoscere i propri simili istantaneamente, e salutarli come fratelli.

“Viaggio in Friuli, tra i vini e gli uomini” [Santi Quaranta, Treviso, 2004] è una raccolta di articoli pubblicati dall'artista sulla rivista “Il vino” a partire dalla fine degli anni Settanta, completi di bei versi in dialetto e di una buffa e intelligente appendice dedicata alla storia e all'etimologia del santo “tajut”, il classico bicchiere di vino friulano offerto a robusta distanza dai pasti. Non siamo dalle parti del capolavoro nel genere, vale a dire il “Ghiottone errante” [1935] di Paolo Monelli, ma queste sono comunque pagine capaci di affascinare, divertire e commuovere. Commuovere, già: il libro ha inizio a un passo dai giorni del terremoto; nei momenti del dolore più freddo e allucinante, della nostalgia dei paesi distrutti. “Gemona, perla blandita dal vento, miracolo grigio di pietre tra il verde, non c'è più; non più Colloredo, non più Venzone, amore sicuro d'ogni friulano, certezza della sua civiltà, rude eppure inimitabile: civiltà fluviale, di gente legata alla terra e al fiume” [p. 16]. Ha inizio come un film, con una sequenza di immagini – insolite, assurde e man mano, paradossalmente, accecanti: “Sotto un sole crudo, abbacinante: case distrutte, ridotte a miserevoli mucchi di sassi, chiese squarciate, campanili abbattuti come fuscelli, e ovunque, per contrasto, fiori, il rigoglio dei campi e delle vigne, lo stupendo Tagliamento a scorrere azzurro nel suo greto lunare, un delirio di rossi, di gialli, di bianchi, di verdi, una bellezza antica e immobile, quasi odiosa e oscena nel suo distacco, nel suo proporsi agli occhi come indifferenza eterna” [p. 18]. E poi, a partire dallo scenario del disastro, il “Viaggio in Friuli” di Giacomini diventa un quaderno di storie di figli del popolo, delle loro vigne, del loro amore per la terra. Della loro capacità di risorgere. Della loro splendida tenacia.

Giacomini racconta un popolo onesto e dignitoso, di grandi lavoratori, instancabili. Di brava gente che conosceva una sola evasione dalla dura quotidianità, l'osteria, vale a dire carte e vino: vale a dire “la capacità di gioire delle cose semplici: vale a dire, “l'altra chiesa”, dove si urlava e si beveva per sentirsi vivi; vale a dire, “la droga della nostra prima giovinezza”, scrive il poeta, classe 1953.

E meditando sulle vecchie osterie racconta qualcosa che già suo padre aveva perduto, altrove: vale a dire, “i cibi e i vini che si consumavano in una stazione di posta con clienti 'carradori', contadini, becchini o sensali, gente tutta di stomaco forte”: cibi e vini scomparsi assieme alla “scomparsa di cavalli e carrozze, con la scomparsa, in definitiva, del 'tempo', della disponibilità” [p. 71].

E racconta il Pinot, che ha “il colore di un fumo tenue, vagamente perlato”, e il Merlot, “un chiaretto traditore, un po' abboccato”, il Refosco dal sapore frizzante e il Refosco di Latisana, vino da mito; e i vini scomparsi. “Si chiamavano: Gatta, Negrara, Sora, Farinella”, confida qualcuno. “Ma il migliore, e me ne restano poche viti ancora, era la Marzimina bastarda: una meraviglia di profumi, impastati a creare un liquore indimenticabile, un vino per malati di petto, capace proprio di resuscitare i morti” [p. 39]. E poi racconta i vini famosi un tempo, e oggi quasi perduti: la Cianòrie, il Corvin, la Coneùte. Sono nomi che sembrano parte di una formula. Una formula antica, forse un incantesimo, forse una preghiera pagana.

Libro beverino.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Amedeo Giacomini (Varmo, Udine 1953 - San Daniele del Friuli, 2006), scrittore, poeta, critico d'arte e traduttore friulano. Appassionato di enogastronomia. Come poeta, è stato tradotto in danese, inglese, francese, tedesco, sloveno e spagnolo.

Amedeo Giacomini, “Viaggio in Friuli, tra i vini e gli uomini”, Santi Quaranta, Treviso, 2004. Seconda edizione, 2005. Collana “Il Rosone”, 53. Isbn: 9788886496551.

Gianfranco Franchi, Febbraio 2012.

Prima pubblicazione: Lankelot.

Un memorabile viaggio in Friuli…