Tutti i sognatori

Tutti i sognatori Book Cover Tutti i sognatori
Filippo Tuena
Fazi
1999
9788881121069

“Nessuno è la patria. Nemmeno il cavaliere / che alto nell'alba di una piazza deserta / guida un destriero di bronzo nel tempo, / né gli altri che ci guardano dal marmo, / né quanti prodigarono la loro cenere guerriera […] / Nessuno è la patria. Nemmeno i simboli […]. / La patria, amici, è un atto perpetuo / come il perpetuo mondo. (Se l'Eterno / Spettatore smettesse di sognarci / un solo istante, ci folgorerebbe, / bianco e improvviso lampo, il suo oblio) […] Nessuno è la patria, ma tutti lo siamo. / Nel mio petto e nel vostro arda, incessante, / questo limpido fuoco misterioso” [Jorge Luis Borges, “Ode scritta nel 1966”; traduzione di Tommaso Scarano. In “L'altro, lo stesso”, Adelphi, 2002].

**

1999. Lo scrittore capitolino Filippo Tuena, sanguemisto svizzero e triestino, quarantaseienne, pubblica il suo quinto libro di narrativa: il quarto romanzo. “Tutti i sognatori” [Fazi] costituisce una cesura netta col suo passato; col suo passato di narratore fantastico, col suo passato da cittadino romano, figlio e nipote di cittadini romani. Il fantastico diventa una vena – una delle vene della scrittura di Tuena; Roma si spoglia di tutta la sua arte e di tutta la sua storia, e diventa la parentesi soffocante e terribile dell'ultima guerra civile, quella della disperazione e della miseria, quella della vergogna e del sogno, del martirio eroico del popolo. Quella del massacro delle Fosse Ardeatine, ferita aperta nel cuore dei romani, umiliazione unica; quella della vergogna delle stanze di via Tasso, delle stanze delle torture naziste. Quella dei delatori e dei bombardamenti sui quartieri popolari. Quella della tragedia che bene ha raccontato Paolo Monelli in “Roma, 1943”: fascista, antifascista, pseudofascista, civile e incivile, monarchica e repubblicana, vigliacca ed esasperata, leale e infame, sleale e tramortita. Schiacciata, vinta. Veramente vinta.

“Tutti i sognatori” è un atipico e insolito romanzo resistenziale. Atipico, perché viene con robusta differita rispetto ai suoi numerosi, differenti antecedenti. Atipico, perché è raccontato dalla prospettiva d'una famiglia pariolina, svizzero-romana e borghesona. Atipico, perché certamente dal talentuoso antiquario e scrittore romano nessuno si poteva attendere, a quel punto della sua carriera e della sua produzione, un argomento del genere. Insolito, perché rispetto a tanta narrativa resistenziale, questa di Tuena non conosce retorica. È narrativa resistenziale d'azione, ma non è violenta ed enfatica come quella del comandante Visone, Giovanni Pesce di “Senza tregua”; è ingenua e gentile, come la più bella narrativa dell'Italia partigiana, cioè quella del veneto Meneghello dei “Piccoli maestri”, e va forgiando un personaggio, Luca Beltrami, che combatte con lo spirito aristocratico e solare di un partigiano fenogliano: combatte contro i nazisti e contro il regime connivente perché crede nella bellezza e nell'armonia; a muoverlo non è il totem dell'uguaglianza, né un'ideologia. A muoverlo è la sua coscienza: e il suo grande coraggio. Un coraggio simile a quello del maestro di Fenoglio, il professor Pietro Chiodi.

Scriveva Augias, sul «Venerdì», commentando “Tutti i sognatori”: “Una popolazione nota al luogo comune mondiale per scetticismo e neghittosità seppe dare allora tutto il meglio e tutto il peggio di sé. Balenano in queste pagine le figure odiose dei delatori, i momenti atroci della razzia nel ghetto (16 ottobre 1943) durante la quale 1030 ebrei romani vennero trascinati ad Auschwitz, il coraggio quasi dissennato dei partigiani. Con una tecnica nota, l'autore intercala al racconto un 'catalogo dei giorni' nel quale evoca e scandisce le date e i fatti significativi consegnati ormai alla storia. Un romanzo così riesce a vibrare solo se motivato da una di quelle emozioni che, provate da bambini, segnano per la vita. Tuena è stato mosso da un sentimento di questo tipo, nel suo romanzo si sente”.

Si sente, sì: questo è un romanzo scritto da un bambino che ha ascoltato tante storie dal papà e dalla mamma, da un uomo che con queste storie è cresciuto, consapevole che la sua città è stata violentata, la sua memoria offesa; è stato scritto da una famiglia intera, in un certo senso, con tutta la sua grande educazione e la sua eleganza. È stato scritto da una parte della città che a un tratto ha dovuto interessarsi di questioni politiche, e non avrebbe voluto – per salvare l'onore di quel che restava della patria. “La patria, amici, è un atto perpetuo / come il perpetuo mondo”, cantava il grande argentino. È stato scritto senza veleno e senza rancore: non c'è disprezzo, non c'è odio. C'è la guerra. La guerra fratricida, la guerra che ha lasciato le trincee per entrare nelle case, nelle strade, nei negozi. La guerra che corrode la nazione e disintegra lo Stato, e le famiglie. C'è la morte. C'è l'amore.

Scriveva Gian Paolo Serino, su «Pulp»: “Tuena ha il merito di “riaffrescare” quel periodo storico tenendosi lontano da facili luoghi comuni: la guerra che racconta non deforma i corpi, non strazia e distorce le menti ma, paradossalmente, fa sognare. Tuena racconta il conflitto attraverso gli occhi di una famiglia che gode del privilegio, dettato dalla nazionalità svizzera, della neutralità. Un privilegio raro che potrebbe anestetizzare le coscienze di chiunque. Chiunque, tranne i sognatori di Tuena [...]. I protagonisti sono, o in qualunque caso diventano, sognatori perché difendono la bellezza in tempi in cui la gente la ignora. Sono sognatori perché dentro il proprio animo si dibattono sul fatto che non basta non fare del male per essere a posto con la propria coscienza”.

Sono sognatori che vogliono vincere la morte, sacrificandosi per amore. Nella toccante nota, in appendice, Tuena racconta da dove e da chi ha preso ispirazione; carta canta. Sono sognatori che accettano la battaglia. “Forse è esagerato chiamarla battaglia. Fu una serie di scontri feroci ma circoscritti, ai quali parteciparono poche migliaia di uomini che si domandavano, mentre combattevano, perché fossero così pochi e tuttavia rinunciavano a trovare risposta a quella domanda e continuavano a combattere. Quel che accadde nell'animo di molti, nei giorni che seguirono, fu questo: confrontarsi con la propria coscienza, trovar da soli la strada che andava percorsa” [p. 42].

**

“Chissà perché molti romani pensarono in quell'estate del 1943 che con la caduta del fascismo e il nuovo governo Badoglio, la guerra fosse finita veramente. E l'atmosfera del villino di via Frisi, così sognante, distratta, era lo specchio di quella che sembrava distendersi a macchia d'olio sulla città. Luca comprava e vendeva opere d'arte preziosissime, Maria s'innamorava di Luca, Fritz tradiva Ada. E forse Luigi sarebbe tornato dalla prigionia. Il peggio sembrava passato. Ma ci si risveglia bruscamente dai sogni” [p. 35].

**

Chiudo con una curiosità. Tra le vecchie abitudini romanesche andate perdute, c'era il battesimo dell'acqua, a Lungotevere in Augusta, dai Canottieri Aniene. Tuena così lo racconta: “Verso i dieci anni di Massimo c'era stato il battesimo dell'acqua. Fritz lo aveva lanciato dal galleggiante. I fiumaroli avevano applaudito alle prime bracciate sconnesse del ragazzo. Massimo aveva bevuto acqua di fiume, era rimasto sott'acqua a lungo e a lungo aveva atteso che il padre tirasse la corda che lo teneva legato alla terraferma. Quando s'era accorto che Fritz non avrebbe mai tirato la corda in secco, si decise a galleggiare […]. I canottieri, sul galleggiante, applaudivano e ridevano” [p. 74] – e magari poteva scapparci il secondo battesimo: quello del vino, il vino di Marino. Un vino antico. Romano.

EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE

Filippo Maria Tuena (Roma, 1953), scrittore e antiquario italiano, laureato in Storia dell'Arte alla Sapienza.

Filippo Tuena, “Tutti i sognatori”, Fazi, Roma, 1999. Collana “Le strade”, 25. In appendice, nota dell'autore e bibliografia. ISBN: 9788881121069.

Premio Grinzane-Cavour.

Approfondimento in rete: Oblique + Wiki it

Gianfranco Franchi, marzo 2013

Prima pubblicazione: Lankelot.

Il fantastico diventa una vena – una delle vene della scrittura di Tuena; Roma si spoglia di tutta la sua arte e di tutta la sua storia, e diventa la parentesi soffocante e terribile dell’ultima guerra civile, quella della disperazione e della miseria, quella della vergogna e del sogno, del martirio eroico del popolo…