Scritti omeopatici 1795-1833

Scritti omeopatici 1795-1833 Book Cover Scritti omeopatici 1795-1833
Samuel Hahnemann
Duepunti Edizioni
2009
9788889987292

Andrea Libero Carbone, filosofo e intellettuale palermitano, cura una nuova antologia di scritti del fondatore dell'omeopatia: Christian Friedrich Samuel Hahnemann (Meissen, 1755 – Parigi, 1843). Nella sua fascinosa postfazione, racconta che il dottore e traduttore (“eccezionali doti di poliglotta”), padre di undici figli, visse ottantotto anni, quando in Europa l'aspettativa di vita era inferiore ai quarant'anni: merito, forse, della sua percezione dell'essenzialità dei “benefici di una dieta equilibrata, dell'esercizio fisico e dell'igiene personale” (p. 101). Denunciò gli abusi terapeutici dell'arsenico e, studiando il chinino, individuò il principio-cardine dell'omeopatia: “curare la malattia somministrando la sostanza che sarebbe capace di produrre sintomi simili in un soggetto sano” (p. 103): l'etimo greco chiarisce bene il senso; viene da *omoiov (“simile”) e *pathos (“affezione”, p. 106).

Nel 1810 Hahnemann pubblicò il suo capolavoro, “Organon della medicina razionale” (più avanti, “Organon dell'arte del guarire”); nel 1811, apparve l'altro suo libro fondamentale, “Materia medica pura”, ultimata nel 1824. Carbone si schiera: “Né maestro né ciarlatano, Hahmemann è un interlocutore, ed è ragionevole credere che nel confronto con i suoi scritti e le sue idee possano trovare qualcosa da imparare più i lettori non prevenuti e i critici che gli adepti” (pp. 113-114).

Entriamo, allora, nell'opera. Il primo frammento, “Socrate e Fisone”, è un dialogo sul tema “Apparenze e realtà. Dove trovare la felicità”. Un giovane padre di famiglia, tutto orgoglioso della sua nuova, ricca eredità, viene ammonito da Socrate a ricordare quali sono i veri beni e i veri valori: l'amore della moglie, la presenza dei suoi figli, la salute e la lucidità; infine, viene esortato alla solidarietà, alla carità e al sostegno dei bisognosi.

Nel secondo, “Sulla soddisfazione dei nostri desideri animali”, si ammette che l'uomo è fatto – come ogni altro essere – per il godimento e per il piacere; e tuttavia, a differenza degli altri esseri, “è il solo a oltrepassare nella scelta e nel numero dei suoi godimenti la giusta misura” (p. 13). Rispettare le leggi di natura aiuta la felicità, estranea a chi si abbandona ai suoi desideri. I ricchi – conclude Hahnemann - “potrebbero essere felici se conoscessero la vera via, l'unica che conduce alla felicità, la fonte inesauribile dei godimenti più veri e più intensi, delle gioie abbondanti e profonde: la moderazione” (p. 17).

Il terzo, “Sulla scelta del medico”: il consiglio principe di Hahnemann è preferire un medico gentile e onesto con i pazienti poveri; è fondamentale che sia un uomo semplice, “di buon senso, coscienzioso negli studi e nell'insegnamento, che sappia rispondere con chiarezza e precisione in merito a tutte le questioni che attengono alle sue competenze, che non si pronunzi mai a sproposito e senza essere interrogato (...)” (p. 25): umano, gentile, capace di prescrivere farmaci pochi ma essenziali, facile a elogiare i colleghi e mai sé stesso: ordinato, tranquillo, generoso.

Il quarto, “Sugli effetti del caffè”, ribadisce che le bevande necessarie agli esseri umani sono latte e acqua pura; alcol e spezie accorciano le nostre vite. Il caffè è sgradevole, quando si prova a berlo per la prima volta senza zucchero: “è un avvertimento che ci dà la natura di non violare le leggi della salute, di non calpestare sconsideratamente l'istinto di conservazione della vita” (p. 28). Il suo effetto primario è “un'esaltazione più o meno gradevole dell'attività vitale”, nelle prime ore; in seguito, ecco “un sentimento sgradevole dell'esistenza, un rifiuto della vita, una sorta di paralisi delle funzioni animali, naturali e vitali” (p. 30). Il caffè “asseconda e accelera il lavoro della digestione” (p. 34), semplificandola; “risveglia l'appetito venereo” (!) con dieci anni di anticipo (p. 36). “Ansietà e caldane sono il tormento quotidiano di chi beve caffè, e specialmente anche l'emicrania” (p. 43). Rovina i denti più del mercurio; serve, tendenzialmente, a evacuare in fretta, e a questo soltanto dovrebbe essere necessario.

Il quinto frammento è una “Memoria presentata al governo della Sassonia nel 1820 sulla preparazione e la distribuzione di sostanze medicinali da parte dei medici omeopati” è una difesa dell'omeopatia e una denuncia del fatto che le sostanze vendute dai farmacisti potrebbero, impiegate a sproposito da cittadini ignoranti, rivelarsi letali; questo non può accadere nella medicina di Hahnemann.

Il sesto è una meditazione sulle dosi basse di farmaci e sulla loro efficacia. Infine, ecco il settimo e ultimo pezzo: “Spirito della dottrina omeopatica”. Hahnemann parte da un presupposto semplice: ogni farmaco deve “esprimere chiaramente, in modo manifesto e apprezzabile, la sua facoltà di guarire con certezza, prima che si possa impiegarlo a ragion veduta per contrastare una qualunque malattia” (p. 69) La potenza di un farmaco che cura la malattia è la stessa che potrebbe far scaturire sintomi morbosi in un uomo sano (p. 75). Si può criticare l'omeopatia soltanto quando essa abbia fallito nella cura; non a priori, e non sulla base di pettegolezzi.

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Che crediate o meno nell'omeopatia, questo libro riesce in un'impresa: farvi osservare il vostro caffè – i vostri caffè – quotidiani e le vostre licenze alcoliche, vino o birra o spumante che siano, con diversa simpatia e maggiore consapevolezza. Si tratta pur sempre di farmaci, ricorda Hahnemann: di droghe leggere. Vanno trattate come tali, e assunte con moderazione e intelligenza. Assieme, l'opera invita a ritrovare tempi e ritmi naturali, e a riscoprire la poesia e il fascino di tutto ciò che è naturale, semplice e necessario. Questa sì che è una grande lezione.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Christian Friedrich Samuel Hahnemann (Meissen, 1755 – Parigi, 1843), medico tedesco, fondatore dell'omeopatia. Letterato e traduttore, studiò le medicine antiche e quelle tradizionali di altre culture.

Samuel Hahnemann, “Scritti omeopatici 1795-1833”, Duepunti, Palermo 2009. A cura di Andrea L. Carbone. Traduzione di Elena Paul.

Approfondimento in rete: WIKI It

Gianfranco Franchi, novembre 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.

Studiando il chinino, individuò il principio-cardine dell’omeopatia: “curare la malattia somministrando la sostanza che sarebbe capace di produrre sintomi simili in un soggetto sano”