Sbriciolu(na)glio

Sbriciolu(na)glio Book Cover Sbriciolu(na)glio
Simone Rossi
Autoproduzione
2010

“Una testa da scrittore è una testa da predatore volante, vi vedo tutti da sopra e posso piombare giù quando mi pare e sbranarvi a beccate furibonde, posso, potrei e invece volo e volo e volo e sono bella quando volo, bella e carogna. Gli scrittori sono così: sono aquile reali” [p. 10]. “[...] è il fascino della maledizione è grande, ah, il fascino della maledizione, maledetti quelli che sanno parlare, e la loro voce esce potente dal fondo del pozzo, nell'acqua della luna finta” [p. 75].

Ho conosciuto Simone Rossi senza averlo mai letto, l'estate scorsa, durante i giorni di “Passaggi per il bosco”, a Cagliari. Due cose mi hanno colpito, nel corso delle letture dei suoi testi. La prima è che lui non legge i suoi testi: li accompagna suonando la chitarra, è sempre un'altra persona a interpretarli. La seconda è che era il primo autore della piccola e fertile scuderia Zandegù che conoscevo di persona. È un giovanotto (classe 1982) solare, allegro ed estremamente intelligente, preparato (laurea in Semiotica a Bologna) e spiazzante. Ho pensato, allora, ascoltando i suoi testi, che poteva essere uno di quegli artisti che rinnovava la tradizione dei letterati improvvisatori, dei performer; tuttavia, rispetto ai classici performer, Rossi ha una patina di (invincibile, e ancora parzialmente inespressa) letterarietà, che mi convince a credere che tra qualche anno comincerà a pubblicare romanzi. E posso pronosticarli esistenzialisti e pop, ben influenzati dalla tradizione cantautoriale occidentale – dal belpaese agli yankee – e da tutta una serie di letture forse disordinate, mi auguro in parte imprevedibili. Per adesso, Rossi è uno che gioca con l'arte difficile del velocista delle patrie lettere: quella del racconto. E come un suo corregionale ingiustamente dimenticato, Antonio Delfini, in occasione del suo secondo libro cosa ci ha combinato, il Rossi? Semplice: ha deciso di autoprodursi, e si sta portando in giro per mezza Italia, chitarra sulle spalle e libri in zaino, il suo “Sbriciolu(na)glio. Raccolto postumo”. Niente librerie, niente ufficio stampa, niente distribuzione. L'artista gioca a fare il vagabondo – meglio: l'artista è il vagabondo – e come nelle vecchie favole va avanti e indietro, una cittadina dopo l'altra, per musicare quel che ha scritto, e farlo leggere ad altri. “Autore ignoto presenta”.

Qualche settimana fa, ho ritrovato Simone Rossi, qui a Roma, nel corso di una serata organizzata dagli Scrittori Precari (Liguori, Zabaglio, Ghelli, Pietrogiacomi, Piccolino): questa volta mancava l'attrice che lo aveva accompagnato a Cagliari, in compenso c'erano parecchie copie in più del suo nuovo libro. Ho ascoltato. Poi, preso e fatto firmare la mia copia. Va tra Rosai e Rosso, nei miei scaffali di narrativa italiana, una bella responsabilità. Ma il ragazzo ha già le spalle larghe, non ha paura della morte [cfr. almeno le pagine sulla fine di suo nonno, in questo libro] e sa essere autoironico [cfr. almeno tutte le volte che trova una stanza a Bologna, in questo libro].

“Sbriciolu(na)glio” è una raccolta di racconti ricca di reminiscenze – puntualmente dichiarate [Basquiat, Tom Waits, Radiohead (tradotti e ridotti a un puzzle, jigsaw!) Bob Dylan, Jeff Buckley: vi orientate? Bene] o abbastanza dichiarate – che va giostrando tutta una serie di piccole cose della quotidianità (e meno piccole: della memoria) d'uno che vive scrivendo e sembra domandarsi che senso avrebbe avuto tutto quanto senza poter scrivere. E allora va, d'amore d'amicizia di morte di gioco di musica, a regalarci frammenti, spezzoni e intervalli della sua vita, trasfigurandoli quando e quanto vuole. In contesti come questi è inutile cercare tracce di uniformità, riconoscerle è sempre una forzatura; meglio concentrarsi sulla scrittura. La scrittura è fresca, immediata, molto bolognese (pardon: è forlivese. Ma scrive come da scuola pop bolognese) e sbarazzina. Ma non disimpegnata e mai stupida, mai autoreferenziale, e spesso fregiata da squarci di pura letterarietà. I primi due li ho segnalati in apertura, un altro lo infilo qui:

“(sembriamo due parentesi tonde con uno spazio in mezzo, la tensione che ci tiene lontani è la stessa che fa sfiorare i nostri limiti: le nostre mani si cercano i nostri piedi si cercano le nostre pance si sfuggono, sfioriscono, chissà che cosa c'è nella mia pancia, Lubitch, forse tuo figlio, nostro figlio, forse io e te siamo come due calamite, uguali e neri e ci respingiamo, e Marta è il ferro, maledetta, Marta è il sangue e il coltello). Perché te ne sei andata? Per ritornare” [p. 45].

Cercatelo, prima o poi passa anche nella vostra città. Sospetto che stavolta sarà più facile incontrarlo in qualche caffè letterario alternativo o in qualche piccola libreria in vena di sperimentazioni; lasciate stare (come al solito, no?) i calendari di Feltrinelli, Mondadori, Fnac e Mel Bookstore. Simone Rossi vi aspetta nelle librerie indipendenti. È uno scrittore che non legge. In questo libro potrebbe aver spiegato perché, ma io non ci credo e in ogni caso non ve lo dico. È giovane onesto e ispirato, vogliategli bene. Grazie.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Simone Rossi (Forlì, 1982), scrittore italiano. Laureato in Semiotica a Bologna, redattore di “La Voce di Romagna”. Ha esordito scrivendo “La luna è girata strana” (Zandegù, 2008).

Simone Rossi, “Sbriciolu(na)glio”, autoproduzione, 2010. Per ulteriori notizie, silkeyfoot at gmail.com. Intanto: “sbriociolu(na)glio è un raccolto postumo, è il mio secondo libro e lo pubblico io. Costa 10 euro, esce il 2 marzo 2010 su carta, con la versione pdf in omaggio. Dentro c‘è cugino Lubitch, Angie, Gianluca, gli elefanti, le patate, i cani, mio nonno, Skip James, due ladri, Fabrizio De André, Antonin Artaud, Tom Waits, Johnny Cash, una che fuma, una con due tette così, i Radiohead, Bill Evans, Gengive Sanguinanti Murphy, l‘aceto, la luna”.

Gianfranco Franchi, marzo 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.