Per bon, for real

Per bon, for real Book Cover Per bon, for real
Ricky Russo
Nativi
2013

Ricky Russo, mulo triestin, ex terzino destro del Chiarbola, ex anima rock di Radio Capodistria, ex organizzatore di concerti, una notte ha fatto ballare Quentin Tarantino, a Venezia. Quentin Tarantino ha ritrovato ispirazione proprio in quel periodo. Sarà una coincidenza. Qualche tempo dopo, Ricky Russo, dj triestin, ragazzo cresciuto leggendo Lester Bangs e Jon Savage, stava in piazza Unità ad aspettare il capodanno, con qualche migliaio di persone. Stava giusto sotto Micheze e Jacheze, a guardare la città che festeggiava, ascoltando i suoi dischi. Sul mixer aveva poggiato quel capolavoro patoco che è “Formigole” di Toni Bruna. In tasca aveva un santino di James Brown. E quella sera quel mulo “umile, humble and concrete, cressudo per le strade de Chiarbola e Servola” chissà cosa aveva, nel petto: io dico l'orgoglio della triestinità, e un pizzico di commozione. Forse la voglia di mettere un punto a capo, a quel punto. Nec plus ultra.

Qualche tempo dopo, il ragazzo di Chiarbola ha deciso di laurearsi. È stata una tesi punk, discussa con disinvoltura e con prepotenza, alla soglia dei quarant'anni. È stata accademia punk. Non è bastato. Ricky stava cercando qualcosa: “Solo il presente da consumare, meio che se pol. Perché el passato spesso xe un grosso fardel. Un'ombra scura. Un sacco de patate sulla schiena. Voio liberarme de tutti i fallimenti, delle insicurezze, del tempo perso, delle delusioni e dei momenti tristi”. Ricky stava cercando la sua vera voce, o forse la sua nuova voce. E così, tutto a un tratto, ha preso e se ne è andato. Se ne è andato al di là dell'oceano, dall'altra parte del mondo, là da dove veniva tanta della musica che aveva ascoltato e amato, e tanta letteratura che aveva finito per guidarlo. “Gavevo bisogno de cambiar direzion. Move in the right direction. Negli ultimi otto anni no go mai staccado niente. Cussì go investido tutto, compresi i soldi del mio regalo de laurea, per passar tre mesi a New York. Senza saver esattamente cossa succederà dopo”.

E a quel punto è successo qualcosa di strano: una sorta di cortocircuito, in parte per via della straordinaria qualità della vita artistica newyorchese, e della vivacità della scena rock, da quelle parti; in parte perché, da quel che tanti riferiscono, New York ha un'energia spettacolare, trascinante e incendiaria; in parte perché, per un triestino, New York può ricordare Trieste. E questa cosa va spiegata. Può ricordare quel che Trieste era stata, tra Settecento e Ottocento, come porto imperiale austriaco, un porto cosmopolita e vivacissimo, pochi rivali al mondo, nessuno nel Mediterraneo, e lo sguardo rivolto a Oriente, ben al di là di Suez. New York può ricordare quella Trieste che, oggi stupisce ricordarlo, Karl Marx magnificava sul “New York Tribune” nell'anno 1857, scrivendo che il porto austriaco aveva, come il suo gemello atlantico, il vantaggio di non possedere un passato. Popolata di avventurieri, commercianti e speculatori italiani, austriaci, greci, armeni, ebrei, sloveni, francesi e inglesi, Trieste non piegava sotto le tradizioni. Conosceva solo il suo nuovo presente. Il futuro non poteva che appartenerle. Per me un mulo “cressudo per le strade de Chiarbola e Servola” questa somiglianza, e questa antica fratellanza spirituale, non può che sentirla, camminando per New York. Quella città è, oggi, ciò che Trieste poteva diventare. Doveva diventare.

Ricky Russo a New York è andato raccontando tutto quel che succedeva tenendo una sorta di diario virtuale, sul social network di riferimento, facebook. Spontaneamente, ha scritto in una neolingua che va assemblando dialetto triestino, lingua inglese e lingua italiana, comunicando a tutti: “Strimpelo sto mix de triestin, italian sgrammaticado e bad english. Un missiot spontaneo. Che no so nianche mi come e perché el me xe uscido. Xe ‘sai punk-rock”. E ha finito per innamorarsi di New York con una tenerezza bambinesca, e una convinzione ciclopica. Che ha spiegato scrivendo che la Grande Mela ha tirato fuori il meglio di lui, ha saputo restituirgli carica, coraggio e determinazione, morbin, e via dicendo: “Perché l'infinito ad un certo punto finissi. La Broadway a New York no”. E questo stravagante libro è il racconto di quel suo viaggio: viaggio che, dopo una parentesi giuliana, il mulo di Chiarbola ha deciso di ripetere. La sua nuova avventura americana sta per cominciare.

“Per bon, for real” è, tecnicamente, un “missiot”, per dirla con le parole di Ricky Russo: cioè, un ibrido. Un ibrido tra un diario, un reportage, un microromanzo di formazione. Non solo: questo libro è quanto di più vicino possa esistere a un ipertesto: è nato per diventare un ebook. Come ebook, “Per bon, for real” vanterà tutta una serie di link; ogni pagina sarà l'opportunità di guardare il video di una band, sbirciare nelle gallerie di un museo newyorchese, magari ascoltare la voce di Ricky, come negli anni della sua fortunata rubrica capodistriana, “In orbita”; sarà l'occasione di guardare vecchie foto di vecchie glorie del rock, di scandagliare wikipedia in lingua inglese per studiare biografie e discografie. Come libro in carta e ossa, invece, “Per bon, for real” sarà una lettura molto diversa, frenetica e colorata. Ciò conferma che è una creazione artistica figlia della Rete, figlia di internet: e plasmata dalla tecnologia, e non solo dall'esperienza e dalla sensibilità dello scrittore. Nasce con diverse anime. Tutte, facilmente, riconoscibili.

Dal punto di vista letterario, credo di non sbagliare se vado annoverando, almeno linguisticamente, questo “missiot punk” ai buffi fascicoli anglo-triestini del biologo giuliano Diego Manna, papà del “Monon Behaviour”: quella è satira pura, questo è diarismo dell'epoca digitale, ma la mescolanza è sostanzialmente simile. Abbastanza simile, e divertente. In entrambi i casi, il lontano e augusto padre è il James Joyce della corrispondenza privata – quello delle cartoline e delle lettere spedite a Svevo, qui in città, scrivendo mezzo in inglese mezzo in triestin, magari per battezzare il suo immortale Ulisse il book di “quel là de mare grega”. È storia.

C'è una morale della favola? Sì, c'è una morale della favola. Il mulo di Chiarbola è rinato. “Desso vedo la mia vita a Trieste in maniera limpida. Più serena. So chi son. Dove voio arrivar. Vedo le persone che conta. Che amerò ancora de più. E quele che non conta per gnente. Che no rispetterò più se no me rispetta. Go trovado forza e coraggio, che no savevo gnanche de gaver. No me spaventa più i miei limiti. Desso go el slancio dei pazzi innocenti”.

New York: Trieste ti manda il suo figlio più matto, più pulito e più entusiasta. Scintilla di voglia di vivere. Spaccherà il mondo. Farà ballare Times Square. Fonderà un clan del kren. Farà qualcosa di speciale. Ma per bon, for real.

EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE

Ricky Russo [Trieste, 1973], dj, giornalista e scrittore triestino, laureato in Lettere con una tesi sul punk, storico collaboratore del “Piccolo” e di “Radio Capodistria”.

Ricky Russo, “Per bon, for real. Monade, robe serie e riflessioni rock’n’roll de un dj triestin a New York El Grande Pomo in La Merica”, Nativi, Trieste, 2013. Prefazione di Vittorio Bongiorno. Introduzione di Gianfranco Franchi. Con gli interventi di Diego Manna, Toni Bruna, Big Nonno Nino, la Sista Boba. In copertina, un big squirrel, opera di Giulio Serafini.

Gianfranco Franchi, maggio 2013.

Prima pubblicazione: Lankelot.

L’esordio anglo-triestino di Ricky Russo, newyorchese patoco.