Non capisco un’acca

Non capisco un'acca Book Cover Non capisco un'acca
Maurizio Ceccato
Hacca
2011
9788889920640

“...e se esistesse un alfabeto fatto solo di acca? Beninteso, di parole formate con la parola acca. Prima ipotesi: non si capirebbe un’acca. Ipotesi alternativa: ne siete sicuri?”. Ceccato pensa possa esistere, e in questo suo “Non capisco un'acca”, ispirato da Max Ernst, dai Monty Python e dai divertissement letterari di Félix Fénéon (“Romanzi in tre righe”), ha dato vita a un libro in cui le parole sono tutte formate dalla “acca”, e fanno parte d'un vocabolario limitato, chiuso, tutto ceccato; e poi ha disposto queste parole per 39 filastrocche, illustrate.

Qualche giorno fa è uscita, in Rete, una bellissima scheda di lettura, ipertestuale ed euforica al punto giusto, firmata Passerini. Io nel frattempo stavo cercando di capirci qualcosa. Ho incontrato Ceccato, perché speravo di capirci un'acca. Siamo partiti dal presupposto che dare tutte le spiegazioni su questo libro è un'impresa impossibile, ma assieme abbiamo comunque provato a darle. Ceccato: “Tutto si può spiegare... sempre. Ma lasceremo un po' di mistero. Una delle parole chiave del libro è quella che è apparsa nel comunicato stampa: in un comunicato stampa astratto. Questo libro è astratto. Poteva essere del tutto astratto, ma io ho preferito sporcare l'astratto con un'iconografia dalle forme comunque a volte riconoscibili, a volte...”.

Va bene. Senti: nel libro, all'altezza del colophon, appare un numero: 39. Per cosa sta? “39 è il numero di uscita di 'Non capisco un'acca', nella collana di Hacca edizioni 'Novecento.0'. Io, sulla base di questo, ho deciso che le mie filastrocche avrebbero dovuto essere 39. 39 filastrocche, 1 incipit, 1 finale. In coda, l'accabolario. Accabolario, vale a dire un glossario di tutte le parole in acca adottate nel libro, una volta e una soltanto: ognuna ha a che fare con l'acca. La quarantesima filastrocca sarà presentata dal vivo e sul sito noncapiscounacca.it, e altre cose accadranno sul web...”.

Tutto chiaro. Allora proviamo a dare i numeri. “8 dizionari consultati e setacciati. 495 lemmi senza ripetizioni. 100 pagine di rebus testuale grafico con autoreverse. 39 filastrocche di Acca. 1 incipit. 1 finale?”

1 finale?

“Finale?”

Ho capito. Torniamo indietro. Come è nato il libro, e quando?

“Il quando è abbastanza difficile. Un anno fa, dieci anni fa... dipende dalla prospettiva, dipende dal punto di partenza che vogliamo scegliere. Diciamo questo: 'Non capisco un'acca' è un album, un album che nasce dall'assenza. Mi interessava far confluire in una casa nuova cose pensate nel tempo, da tempo. Ho scoperto che non esisteva niente che si chiamasse 'Non capisco un'acca', nessun logo, nessun libro, nessun disco, niente. Niente spiegava il senso di quella frase: c'era, al limite, una bella lettura del Tommaseo, nel suo Dizionario... E quindi da lì avevo cominciato ad arrovellarmi cercando di capire se esisteva, se poteva esistere, un modo per raccontare questo strambo dilemma... la casa editrice si chiama Hacca, il logo è la doppia acca, e quindi mi sono detto che era il caso di fare un libro fatto soltanto di 'acca'...”

Era il caso di fare un libro...

“... volevo fare qualcosa di futile, ma che intrattenesse. Chiaro è che poi dall'intrattenimento qualcosa nasce sempre. Nel Duecento, nel Quattrocento, nel Settecento, nel Novecento, nessuno ha mai pensato a fare il grande libro dell'acca. Così ho pensato di collezionare tutte le acca esistenti e defunte nei vocabolari, nei dizionari tecnici e scientifici. E poi ho cominciato a comporle come delle filastrocche o degli scioglilingua. Filastrocche con un sense-non-sense che potessero essere lette da un bambino o da un adulto e lasciare lo stesso stupore; al fine, forse, di poterci capire un'acca”.

Pausa.

“In realtà questo è un libro di segreti. Un libro in cui ci sono talmente tante cose che ogni volta che lo riapri, che lo risfogli, t'accorgi che ci sono cose di cui non t'eri accorto la prima volta. È pieno di cose che non capisci, apparentemente. È come un grande libro dei rebus. Un rebus grafico-testuale. Ma non c'è nessuna soluzione. Almeno: nessuna soluzione univoca. Alla fine, sai, se uno svela tutto non c'è più gusto a guardare le cose... Osservare le figure non è come guardarle. Se poi ci metti anche delle parole accanto si crea un cortocircuito: questo almeno nelle mie intenzioni”.

Va bene. Come hai costruito questo grande libro dei rebus?

“Costruire diverse combinazioni di testo e di immagine è stato veramente complesso. In generale, a volte mi sono affidato al suono delle parole per il testo, altre volte al fatto che l'immagine accostata al testo potesse metterlo in frizione; diciamo che 'Non capisco un'acca' è un libro che va sfogliato e guardato con la dovuta lentezza, per comprenderlo e cominciare a capirci almeno una vaga acca. Almeno una delle 39 acche”.

Capiamone una insieme.

“La consonante acca è muta soltanto da noi, qui in Italia. Acca è parola palindroma. Il segno “H” è perfettamente rovesciabile. Acca è un uroboro. Io ho raccontato la acca muta nella prima immagine che si incontra nel libro: c'è un volto imbavagliato – ripetuto secondo uno schema che ricorda le immagini moltiplicate su tanti televisori messi in fila, o al limite le vecchie carte da parati. Cosa significa? Significa che la H è muta. E significa che questo libro, come ha interpretato Passerini, è la rivolta delle acche [cfr. Passerini ha capito l'acca], e che io ho provato a sbavagliarle. Ma è anche una serie di considerazioni su ciò che vediamo e ciò che percepiamo e ciò che sta sulla superficie, e ciò che grattando viene fuori”

D'accordo. L'editrice...

“Francesca Chiappa è l'unica persona che poteva pubblicare questo libro; ha dato assoluta libertà a un progetto come questo, apparentemente astruso. Un progetto che non so quante altre case editrici italiane avrebbero approvato. Francesca voleva assolutamente dare il giusto risalto al libro: voleva pubblicare un oggetto d'arte. È nato questo libro dei rebus. Il risultato è dato da più cose messe assieme: un oggetto, un album di figurine, un catalogo e un libro...”.

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La copertina è piena di buchi. Quei buchi compongono la lettera “H”. Sulla bandella, la lettera h in braille. Sulla seconda bandella, il teaser del libro. In quarta, i soliti buchi. Quei buchi compongono la lettera “H”. Frontespizio. Il frontespizio è tutto illustrato. Sullo sfondo c'è qualche fabbrica che sta combinando guai. In primo piano c'è una panchina. Sulla panchina due marmocchi, e un cane. Il marmocchio sembra una personcina per bene, studiosa. Sta studiando un libro. È il libro dell'acca. La marmocchia sembra stuzzicare il cane là dove non dovrebbe. Il cane sta reagendo bene. Dimenticavo: la panchina non è una panchina. È un carretto. Il carretto sta fermo. Questo sin quando non si volta pagina: e allora accadde che – accadde, sì, perché più non si può dire “c'era una volta”, nel mondo delle parole in acca. Entrateci dentro, allora e raccapezzatevi. Con calma: e senza battere la fiacca. Parola di Ceccato.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Maurizio Ceccato (Roma, 1970), artista italiano. Attualmente lavora per Elliot, Ponte alle Grazie, Laterza, “Il Fatto”, Iacobelli, Hacca e altri. Per una buona bio: Oblique.

Maurizio Ceccato, “Non capisco un'acca”, Hacca, Matelica [Macerata], 2011.

Approfondimento in rete: sito ufficiale di CECCATO / Passerini ha capito l'acca / sito ufficiale di IFIX

Gianfranco Franchi, ottobre 2011. Prima pubblicazione: Lankelot.

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SEMPRE A PROPOSITO DI "NON CAPISCO UN'ACCA"...

Maurizio Ceccato, classe 1970, è il principe degli art director dell'editoria indipendente. Alle spalle una robusta esperienza in Fazi (sue le famigerate copertine di “Necropoli” dello sloveno di Trieste Boris Pahor, di “Creazione” di Gore Vidal e dei “Cento colpi” di Melissa) e in Arcana, oggi è l'anima dell'estetica di Elliot, Iacobelli e Hacca, collabora con un marchio storico e nobile come Laterza e col sempre indecifrabile Ponte alle Grazie, e ogni tanto fa capolino tra le colonne del quotidiano più coraggioso e radicale d'Italia, “Il Fatto”, illustrando con stile i pezzi dei sodali di Travaglio e Gomez.

Negli scorsi mesi, Ceccato ha dato vita, assieme all'editor capitolino Leonardo Luccone, a una seducente rivista illustrata, l'oggetto d'arte “Watt”, destinato a uscite rapsodiche e irregolari e a ospitare, una tantum, i fiori del vivaio dell'underground italiano. E proprio in questi giorni, infine, Ceccato ha pubblicato il suo esordio da narratore: un esordio non convenzionale, improbabile e stravagante, stralunato come le migliori allucinazioni di Terry Gilliam, bizzarro come un balocco di Roland Topor.

Sfogliare il suo “Non capisco un'acca” (Hacca Edizioni, pagine 100, euro 16,50) significa strapiombare in 39 filastrocche illustrate che sembrano nate per fare la gioia di Stefano Bartezzaghi: sono rebus, enigmi e calembour, fondati sul presupposto unico d'essere parte d'un accabolario. Cos'è un accabolario? È presto detto; si tratta d'un vulcanico, criptico e ludico vocabolario fatto di tutte le parole che prevedono o includono “acca”: l'idea è bislacca forte e raccapezzarsi a dovere è un'impresa mica da ridere, ma le illustrazioni dell'artista romano sanno sublimare le perplessità.

Sfavillante esercizio di stile o atipica, provocatoria opera prima d'un artista unico, “Non capisco un'acca” è anche un limpido omaggio d'un art director al suo editore: un editore che fa della tutela e del sostegno alla letteratura italiana il suo punto di forza. Hacca Edizioni, diretta con coraggio e intraprendenza da Francesca Chiappa da Matelica, Macerata, è una piccola realtà indipendente che nel corso di questi suoi primi anni di attività ha pubblicato romanzi di Renzo Paris e quaderni di narrativa di Antonio Veneziani, i primi racconti di Dora Albanese e un reportage d'antan del grande Giovanni Russo, pagine di fratellanza greco-romana firmate dal fiumano Diego Zandel e il prepotente esordio di Alcide Pierantozzi: è in questo magma che Ceccato ha posizionato la sua buffa e innovativa e meravigliosamente folle opera prima, a metà strada tra un segreto alchemico, una gran beffa e un perturbante omaggio a Max Ernst.

Politicamente, Ceccato parla con il coraggio che sempre ha dimostrato in ogni sua creazione estetica: difficile non riconoscere, nella prima immagine che si incontra nel libro (un volto imbavagliato, ripetuto secondo uno schema che ricorda le immagini moltiplicate su tanti televisori messi in fila), un oltraggio alle manovre messe in atto dal forzismo per condizionare e intimidire la stampa e gli intellettuali non allineati. Ceccato ha voluto ricordare che la nostra è l'unica lingua del mondo in cui la acca è muta: e che forse è il caso di liberarla, e di ascoltare la sua voce; forse è il momento di sbavagliarla, e di sentire ciò che ha da dire. Con la dovuta lentezza, si capisce: leggere questo libro trattandolo semplicemente come una raccolta di filastrocche, di nonsense e di deliri, è un errore che nessun intellettuale, nessun letterato e nessun lettore forte dovrebbe concedersi. È importante capire un'acca; almeno, una ogni tanto.

Gianfranco Franchi, ottobre 2011. Prima pubblicazione: "Riformista".

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SEMPRE A PROPOSITO DI "NON CAPISCO UN'ACCA"...

Sfavillante e stralunato, strampalato e folle, il primo, enigmatico quaderno di narrativa di Maurizio Ceccato, art director capitolino classe 1970, ultimo degli indipendenti nell'editoria nostrana o giù di lì, è un giocattolone-ouroboros, senza principio esatto e senza epilogo riconoscibile: si tratta di cento pagine di filastrocche, scioglilingua, calembour e allegri nonsense fondati su un criterio-principe, vale a dire sulla possibilità che esista un vocabolario fatto di parole che includono, prevedono o si concludono in -acca.

Il risultato è bislacco forte, bislacco per davvero: ma personale come niente altro sia uscito nel 2011, e questo è incontrovertibile. Per riuscire nell'impresa, sembra che il Ceccato, uno che può diventare qualcosa di simile a Munari, nel tempo, abbia deciso di consultare tutta una serie di dizionari tecnici e scientifici, pagina per pagina, per pescare le parole giuste; quindi, si direbbe sia andato a corroborare il suo immaginario con suggestivi omaggi ai Monty Python e a Max Ernst.

Va detto poi che l'opera costituisce una rarità per via d'un altro aspetto della sua essenza: è un omaggio, o meglio, è il sigillo su un connubio estetico e spirituale tra art director e suo editore, la Hacca di Matelica, Macerata, ideata e animata da Francesca Chiappa e dalle sue vulcaniche letterate. Vado a memoria, ma credo di non sbagliare se scrivo che questo è il primo libro immaginato e creato da un art director per omaggiare il nome e la storia della casa editrice per cui lavora; Ceccato si è spinto al di là dei confini della logica per levare il bavaglio alla consonante muta e farle gridare il suo nome. Onestamente escludo di poter riuscire a capire a fondo i suoi complicati rebus, nella maggioranza assoluta dei casi, ma ammetto che con bambinesco piacere non mi stancherò di tornarli a sbirciare, per trovare significati e per sognare un senso, un risultato finale che somigli a un'iniziazione. Forse, a ben guardare, già avvenuta: come in certi film di Terry Gilliam.

Gianfranco Franchi, ottobre 2011. Prima pubblicazione: BlowUp

Esordio di Maurizio Ceccato. Esordio.

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