Nient’altro che fantasmi

Nient'altro che fantasmi Book Cover Nient'altro che fantasmi
Judith Hermann
Socrates
2008
9788872020371

Cantastorie tedesca classe 1970, Judith Hermann è una narratrice pura; sentimentale e leggera, intensa e capace di sprofondare nell'inconscio senza restarne prigioniera, è in grado di giostrare indistintamente prima e terza persona. In questa sua nuova raccolta di racconti, “Nient'altro che fantasmi”, caso letterario in Germania, possiamo avventurarci nei suoi microcosmi intimisti e femminili; graziosi e docili, non sempre prevedibili, nemmeno nelle descrizioni dei triangoli sentimentali, di chiaro retrogusto nouvelle vague. Le ambientazioni variano: dagli States all'Islanda, da Praga a Venezia, da Berlino a Karlsbad; l'amore per le altre culture e gli altri popoli è parte fondante del dna autoriale della scrittrice. La traduzione di Silvia Bortoli mantiene la freschezza e l'equilibrio della sua prosa.

Sette racconti: protagoniste, sette giovani donne. Qualche osservazione sparsa, adesso. Incipit, “Ruth (Amiche)”: Germania. È la storia – narrata in prima persona – di Ruth e della narratrice. Tanti anni di convivenza alle spalle, a Berlino. Abituate ad addormentarsi assieme, come angioletti, muso contro muso. Fisicamente opposte, Ruth tonda e morbida, lei magra e piccola. Eppure erano come quei canarini, i “lovebird”: sedute allo stesso modo, si muovono e parlano sincroniche. Come gemelle. Separate, a un tratto, e separate in coincidenza dell'avvento d'un'ombra: Raoul, attore dall'animo bambino e dalla storia dolorosa e anarchica, grande amore di Ruth. La narratrice è una che vuole perdersi e allontanarsi da se stessa, Ruth una che cerca sempre e soltanto se stessa. Ruth le fa giurare di non tradirla mai: di non finire insieme a Raoul. La verità è che, a un tratto, Raoul diventa quel che la narratrice ha perduto; la sua migliore amica, la sua tenera ossessione. C'è un risveglio amaro e dolce, a raccogliersi le ossa, spezzati i giuramenti ma viva la memoria di qualcosa di perfetto: perduto.

Blu ghiaccio”: Islanda, ultima Thule. Lontani da tutto, lontanissimi. Terza persona. Jonina e Magnus vivono assieme. Una mattina ricevono un pacchetto. Jonas manda le foto di un'ora blu di un anno prima. S'annuncia un ritorno: quello del vecchio amico degli anni berlinesi di Magnus. La storia racconta il legame tra islandesi e resto d'Europa: del loro inevitabile isolamento, delle reazioni dei vari popoli al primo contatto con l'isola... e dell'innamoramento impossibile di Jonina per quel tedesco, e del segreto di quella foto.

Amore protagonista anche del sesto racconto, “Dove andiamo?” – interno giorno, storia della narratrice e di Jacob, della loro complicità, della normalità delle piccole incomprensioni, d'un'installazione in una mostra chiamata proprio “Dove andiamo”, del desiderio irresistibile di stare sempre assieme, delle gelosie retroattive. D'un capodanno a Praga, che lei ha trascorso col ragazzo sbagliato, di cosa significhi eternità.

In questo racconto c'è uno dei passi più belli del libro. Condividiamolo, ché racconta molto della sensibilità della scrittrice tedesca, e della sua capacità di raccontare e meditare sui sentimenti:

Vorrei dire: - Ogni storia ha una fine. Vorrei dire che anche la nostra storia avrà una fine, e che io conosco questa fine, vorrei chiedergli se vuole sentirla, avrei una gran voglia di raccontargliela. Allunga le gambe e cambia posizione, si siede un po' più vicino a me, tra circa tre minuti e mezzo mi afferrerà. Forse dice: - Allora, racconta. Forse dico: - Jacob, non posso smettere di immaginare il futuro. Non posso smettere di pensare che prima o poi e forse presto racconterò a qualcuno la prossima storia, una storia su di te.  Lui sospira e alza le spalle. Poi mi guarda con i suoi occhi marroni, un po' troppo grandi, sinceri e allo stesso stesso impenetrabili, fra non molto mi farà una di quelle domande a cui non so mai dare una risposta, una domanda che lo eccita: - Cosa preferisci, un bacio sul collo o un morso sulla gola? Vorrei che non lo facesse. Vorrei che se ne andasse. Infatti se ne andrà, ma non adesso” (pp. 176-177).

Acqua alta”: scampati ai labirinti di Venezia, i genitori della narratrice sono tornati a casa, in Germania. Il racconto – si torna alla prima persona – è composto di memorie d'infanzia, del loro amore per i viaggi, della gioia delle sorelline; dell'ossessione simbolica per la vacanza lagunare, del suo germanico retrogusto funebre (Mann non è trascorso invano). La variazione sul tema è che la morte, quella del sogno, qui avviene durante un viaggio in treno e solo inconsciamente va riallineata alla città di San Marco, e alla sua romantica – in senso letterario, non letterale – percezione tedesca.

Uno sfruttatore”: siamo nell'ex Karlsbad, oggi Karlovy Vary. Johannes e la narratrice, berlinesi, ex innamorati, sono rimasti amici inseparabili. Almeno, questo è quanto lei vorrebbe. Adesso tende a seguirlo nelle sue varie esperienze europee: lui, pittore, vuole i suoi testi per il catalogo; vuole sentirla vicina a dispetto della fine del sogno. Ma a Karlovy sembra non decidersi mai a mostrarle l'opera; forse è incompiuta. Forse non è il momento... la fine del viaggio è un muro di nebbia, un sipario che accompagnerà con dolcezza il passato nello scrigno delle memorie.

Veniamo al racconto eponimo, “Nient'altro che fantasmi”: terza persona, memorie d'un'avventura americana – quella tra Ellen e Buddy – che cancella completamente tutto il resto d'un viaggio: rimane il contesto del loro incontro, Austin, Nevada, parte d'un'avventura coast to coast, e il limpido messaggio d'amore, dedizione e appartenenza di Buddy.

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Lettura ideale per chi ha amato Vanessa Jones e Danielle Wood. E ha una gran voglia di credere in quella strana forma di alienazione e di pazzia chiamata amore. Da qualche tempo mi sono convinto che chi crede in Dio crede nell'amore. Sono sogni che non s'incarnano se non nella parola scritta, a ben guardare; e in questa carne che non sembra mortale

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Judith Hermann (Berlino, 1970), letterata tedesca. Laureata in Lettere e Filosofia, ha studiato giornalismo a Berlino, ha vissuto per qualche mese a New York. Ha esordito pubblicando la raccolta di racconti “Casa estiva, più tardi” nel 1999 (ITA: e/o, 2001).

Judith Hermann, “Nient'altro che fantasmi”, Socrates, Roma 2008. Traduzione di Silvia Bortoli. Collana “Paesi, Parole”, numero 16.

Prima edizione: “Nichts als Gespenster”, Fischer, Frankfurt 2003.

Film: “Nichts als Gespenster”, di Martin Gypkens, 2007.

Gianfranco Franchi, novembre 2008.

Prima pubblicazione: Lankelot.