Nati due volte

Nati due volte Book Cover Nati due volte
Giuseppe Pontiggia
Mondadori
2010
9788804599975

Quando Einstein, alla domanda del passaporto, risponde ‘razza umana’, non ignora le differenze, le omette in un orizzonte più ampio, che le include e le supera. È questo il paesaggio che si deve aprire: sia a chi fa della differenza una discriminazione, sia a chi, per evitare una discriminazione, nega la differenza” (Pontiggia, “Nati due volte”, capitolo “Che cosa è normale).

Paolo cammina ondeggiando come un marinaio ubriaco. Il padre è stremato e infelice, e stanco degli sguardi morbosi dei passanti. Paolo lo avverte: se si vergogna, può camminare a distanza. Questo l’incipit dell’ultimo romanzo del grande letterato Giuseppe Pontiggia, “Nati due volte”: storia dell’anomalia, della sofferenza e delle piccole gioie derivate dalla nascita di un figlio diverso, e delle inevitabili trasformazioni nella vita di ogni singolo membro della famiglia.

La vicenda è narrata, a partire dalla nascita del figlio, in prima persona, dal padre, il professor Frigerio: un uomo estremamente equilibrato, già padre del piccolo e “normale” Alfredo, che si trova ad affrontare, forse per l’incompetenza dei medici, il dramma d’un figlio nato con un parto distocico, rischiando l’anossia e pagando le complicazioni con una lesione cerebrale.

Tetraparesi spastica distonica: questa la diagnosi. I familiari, dapprima increduli, iniziano a mostrare segni di crescente nervosismo: si passa dalla disperazione al rifiuto totale dell’handicap del bambino, si va dalla fiducia alla speranza. Poco a poco, si fanno largo i sensi di colpa: il professor Frigerio s’incontra con la sua amante, manifestando tutto il suo rimorso per aver tradito la moglie proprio nel periodo della gravidanza, certo che dal dolore per l’adulterio siano nate le prime difficoltà della puerpera. Non c’è tempo per cercare un senso a quel che è avvenuto: bisogna trovare soluzioni. Si consultano specialisti, fisiatri e psicologi, si prega in chiesa domandando una guarigione totale che pure si sa che sarà impossibile: il ragazzo svilupperà correttamente la sua intelligenza, tuttavia dovrà imparare a muoversi e a camminare con grande fatica e grande sacrificio.

La storia di Paolo, delle sue piccole conquiste quotidiane e del suo lento percorso di recupero è accompagnata dalla storia dei suoi famigliari, come si diceva: del fratello maggiore, Alfredo, che impara ad odiarlo per via delle troppe attenzioni che ruba ai suoi genitori, e irride e umilia ogni sua caduta; della madre, che pare avvizzirsi e avvilirsi irrimediabilmente, sforzandosi di mantenere una dignità che la frequente assenza dalla narrazione pare rifiutarle; del nonno materno, che continua a essere convinto che i problemi del nipote saranno superabili, e rifiuta l’idea che non possa diventare atletico e vigoroso come lui; del padre, il professore, che inizia a vedere segni della presenza dei diversi e degli anomali in ogni momento della sua vita; sviluppa una ipersensibilità alla situazione dei portatori di handicap, e rilegge integralmente il suo passato e interpreta il suo presente con un nuovo atteggiamento. Dalla sua attività di insegnante in avanti, ogni momento della sua vita riflette quel che soffre per via dei problemi del figlio.

È una storia drammatica narrata con semplicità e naturalezza, giostrando tante vite attorno al sapiente filo tessuto e retto dall’artista: la lingua adottata sa essere cruda, ma non è mai cruenta; pregevole l’adesione al parlato in più d’una circostanza, mentre impressiona l’autocontrollo del narratore, che sembra sapersi correggere in corsa, quasi fosse un sognatore in grado di vivere un sogno lucido, di direzionarlo e di modificarlo. In più d’una circostanza infatti, che si tratti della rappresentazione di un dialogo o di un amaro flusso di coscienza, l’adozione delle parentesi investe il lettore della responsabilità di ascoltare con cautela le parole del narratore; per ricostruire assieme significati, plasmare in maniera più netta la visione del personaggio (o dei personaggi).

Storia peraltro narrata con una fluidità e una scorrevolezza encomiabili: romanzo capace di affrontare un tema così doloroso e delicato non con dolcezza, né con compassione, ma con serenità ed equilibrio. Difficile rinvenire frammenti che possano anche soltanto parere artificiosi o esasperati: non si vuole “movere”, né tantomeno “delectare” o “docere”. L’intento è quello di raccontare un altro mondo che spesso rifiutiamo di conoscere; perché è sempre più evidente che davvero vediamo non soltanto ciò che vogliamo vedere, ma ciò che già conosciamo. L’esperienza del professor Frigerio si riflette, a questo proposito, anche nel linguaggio: sua sfera di studio d’elezione, che d’un tratto gli sembra sconvolta dai nuovi significati che tante parole sono andate assumendo. Non è un altro mondo, quello dei Nati due Volte. È un mondo.

Questi bambini nascono due volte. Devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile. La seconda dipende da voi, da quello che saprete dare. Sono nati due volte e il percorso sarà più tormentato. Ma alla fine anche per voi sarà una rinascita. Questa almeno è la mia esperienza. Non posso dirvi altro” (Pontiggia, “Nati due volte”, capitolo “La sfera di cristallo”).

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.

Giuseppe Pontiggia (Como, 1934 – Milano, 2003), narratore e saggista italiano. Prese parte fin dalla fondazione alla rivista d’avanguardia “Il Verri”, diretta da Luciano Anceschi. Nel 1959 esordì come narratore pubblicando nei “Quaderni” il lungo racconto autobiografico "La morte in banca”.

Giuseppe Pontiggia, “Nati due volte”, Mondadori, Milano, 2000.

Gianfranco Franchi, 22 luglio 2003.

Prima pubblicazione: Lankelot.