Napoli nera: Cane rabbioso – Nazi paradise

Napoli Nera: Cane rabbioso - Nazi paradise Book Cover Napoli Nera: Cane rabbioso - Nazi paradise
Angelo Petrella
Meridiano Zero
2008
9788882371852

In tascabile, sette euro soltanto, un'iniezione di male, di cattiveria e di personalità; in due dosi. Si tratta dei primi due romanzi di Angelo Petrella, artista napoletano classe 1978: ecco “Napoli nera” (Meridiano Zero, 2009), composto da “Cane rabbioso” (2006) e “Nazi paradise” (2007). Petrella si direbbe portato alla descrizione di personaggi cattivi, sbagliati, corrotti o stupidi; nel primo caso, “Cane rabbioso”, si tratta di uno stravagante poliziotto-scrittore, dissestato e violentissimo, drogato (eroina, alcol, tranquillanti, antidepressivi, sigarette francesi, cocaina), erotomane (ha raptus da pazzo), assassino e scocciato; nel secondo, “Nazi paradise”, si tratta di un giovane hacker partenopeo, skinhead di un gruppo di nazistelli, collaboratore della polizia (controvoglia), ultras di una frangia di teppistelli e erotomane alienato (chat).

Elementi in comune ai due romanzi: la rappresentazione, limpida e naturale, del sottoproletariato culturale o del proletariato culturale; la narrazione decisamente americana, cinematografica o fumettara – dipende dai punti di vista – delle (semplici) trame; il lessico, volgare, triviale e volutamente sciatto, macchiato qua e là da qualche tecnicismo proveniente dall'informatica (“Nazi paradise”) e da periodiche bestemmie, è sempre e comunque prossimo al parlato. Ancora: la natura performativa dei testi, che sembrano entrambi nati per la traduzione filmica o per la lettura dal vivo; la concentrazione autoriale sulla scrittura, e non sull'introspezione dei personaggi o sulla loro profondità psichica (nulla); l'estraneità assoluta, infine, alla letterarietà. Il termine “estraneità assoluta” non è mai stato speso tanto bene come nel caso di “Cane rabbioso”.

È un romanzo di una ferocia e di una cattiveria espressiva probabilmente senza precedenti. È cupo, nero, irrimediabile: neanche disperato, disfatto. Disgregato. Ecco il principio della giornata del narratore: “Il telefono di casa inizia a squillare alle 6.55. Mi convocano direttamente in questura. Ho paura che sappiano qualcosa. Mi svesto, tiro una striscia di coca prima di andare al cesso verso le 7.13. Sara è uscita col cane. Mi faccio una prima doccia alle 7.22 e tiro una seconda striscia di coca. Prendo il caffé e mi accendo una gauloise alle 7.25, mi faccio una seconda doccia e sono indeciso se tirare o no una terza striscia, poi ci ripenso, mi vesto e ingoio un Valium con un sorso di rhum” (p. 10).

E con questa stessa allucinante freddezza, questa incapacità di partecipazione che non sia filtrata tramite ogni genere di droga, il poliziotto descrive fellatio, pestaggi, furti, colpi di sonno post eroina, omicidi, “indagini” (le virgolette sono d'obbligo). È uno stile incredibilmente maligno, nevrastenico, prossimo al rasoterra nelle scelte lessicali, poggiato su un ritmo incalzante sino a essere forsennato, tutto un “dico-dice-dico-dice” nei dialoghi (e non è un'invenzione di Petrella, va da sé, ma questo non ha importanza): l'autore s'è concentrato sulla possibilità che le parole troia, pompino, merda, cazzo, coglioni, “ok” e simili possano essere la maggioranza assoluta nel romanzo senza che i lettori sentano il desiderio di tirare un ricco collo pieno al libro, spazzandolo fuori dalla finestra. Sì, Petrella, missione compiuta. Ho capito il gioco, l'ho apprezzato, sento una rabbia terribile, stupenda e micidiale nella tua scrittura, e una gran bella intelligenza, capace di sprofondare nel male – e a quanto pare di uscirne viva, e intatta – e confido che il terzo passo, la tua “Città perfetta” (Garzanti, 2008) sia un grande libro. Auspico che magari, dopo esserti preso gioco delle forze dell'ordine e degli estremisti di destra (“Nazi paradise”), tu riesca a prenderti gioco – a fare satira cattiva, corrosiva, cancerosa – della gente dei centri sociali, che nel secondo romanzo chiami “pestoni”: le zecche. È un libro di cui sentiamo tutti un enorme bisogno, e siamo pronti ad accoglierlo con vero amore. Pensa soltanto alla questione dei finanziamenti dei vecchi partiti.

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“Nazi paradise”, al di là di qualche ludica e divertente presa per i fondelli nei confronti dell'ambiente proletario (da tutti i punti di vista) degli skin – in questo caso, naziskin e non redskin – poggia su un tentativo di intreccio più curato, su un'attenzione alla scrittura meno maniacale (ma non senza giochini autoreferenziali, rimandi interni e via dicendo), su una buona descrizione del territorio napoletano e sulla solita, terrificante rabbia nei confronti di quelli che l'artista sente come nemici. Laddove Petrella ha individuato il male, allora sa che va caricato e sovraccaricato a oltranza, sino al parossismo. Nemmeno un'ombra di bene, nemmeno un'ombra di giustizia o di contrasto – niente che non sia caricaturale. Finalmente c'è uno scrittore che ha in canna la parola “male assoluto”, e saprà farla incarnare nella sua narrativa, sfogandosi a tutto spiano e mantenendo ritmi capaci di accelerazioni da caffeinomane olimpico.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Angelo Petrella (Napoli, 1978), scrittore napoletano.

Angelo Petrella, “Napoli nera”, Meridiano Zero, Padova 2009. Contiene “Cane rabbioso” e “Nazi paradise”.

Prima edizione: “Cane rabbioso”, MZ, 2006; “Nazi Paradise”, MZ, 2007.

Gianfranco Franchi, luglio 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.