Moltitudine inarrestabile. Come è nato il più grande movimento al mondo e perché nessuno se ne è accorto

Moltitudine inarrestabile. Come è nato il più grande movimento al mondo e perché nessuno se ne è accorto Book Cover Moltitudine inarrestabile. Come è nato il più grande movimento al mondo e perché nessuno se ne è accorto
Paul Hawken
Edizioni Ambiente
2009
9788896238080

Paul Hawken insegna: la più potente forza rivoluzionaria del tempo nostro è imprevedibile, eterogenea, deideologizzata e radicata in tutte le nazioni; è quella delle organizzazioni e delle associazioni che rivendicano sostenibilità ecologica e giustizia sociale. Questa forza dà vita a un movimento “frammentato, non organizzato e orgogliosamente indipendente”; interconnesso (via Web) ed estraneo a leader o capi carismatici: niente manifesto, niente dottrina. Linee di condotta: difesa del pianeta, lotta contro il degrado ecologico, rivendicazione dei diritti dei cittadini. È unito dalle idee, non dalle ideologie. Perché “le idee fanno domande e liberano; le ideologie giustificano e comandano” (p. 46). Il movimento è pragmatico, non utopico (p. 49). Pretende coinvolgimento e compassione, non fedeltà a un dogma o a un partito. Domanda partecipazione, non vuota simpatia.

Si tratta del movimento sociale più grande della storia (“il movimento dei movimenti” secondo la madrina del “No Logo”, Naomi Klein). Ha tre radici, spiega Hawken, necessariamente interdipendenti: l'attivismo ambientalista, le iniziative per la giustizia sociale, la resistenza delle culture indigene alla globalizzazione (p. 42). Perché si è creata questa convergenza dal sapore della progressiva assimilazione?

“Un nativo americano mi spiegò che la separazione fra ecologia e diritti umani è artificiale, che i movimenti ambientalisti e quelli per la giustizia sociale affrontano due aspetti dello stesso, grande dilemma. I danni inflitti alla Terra ricadono su tutte le persone e il modo in cui un uomo tratta un altro uomo si riflette sul nostro modo di trattare il pianeta” (p. 30). Questa è una visione solo apparentemente mistica. E così, è necessario ribadire che nessun uomo può essere ridotto in schiavitù, tenuto in condizione di servitù, torturato; nessuno può essere arbitrariamente imprigionato o esiliato. Tutti gli uomini hanno diritto a educazione, mezzi di sussitenza ed eque condizioni lavorative: si rimane fedeli alla lettera della Dichiarazione universale dei diritti umani ratificata dalle Nazioni Unite nel 1948. Sic et simpliciter. Oggi è rivoluzionario.

Sostiene Hawken che sebbene non esista un collegamento tra povertà e cambiamenti climatici, entrambi abbiano radici comuni: perché noi “siamo la natura, in ogni nostra molecola e neurone. Conteniamo argilla, minerali e acqua; traiamo il nostro nutrimento dal sole attraverso le piante e siamo strettamente collegati a tutte le altre specie, dai funghi ai marsupiali e ai batteri” (p. 110).

Assieme alla natura, si difendono lingue e culture in via di estinzione. Perché se oggi 362 specie di animali e di uccelli sono “in pericolo critico”, 438 sono le lingue a rischiare la sparizione: le parlano meno di 50 persone. Assieme (p. 134), ci sono 6.800 lingue espressione di culture che domandano sopravvivenza. Ogni anno spariscono circa 30 culture (p. 135), con grave danno della memoria e del patrimonio delle nuove generazioni. Stesso accade nell'alimentazione: “Quando perdiamo un sapore, perdiamo una ricetta; quando si perde una ricetta, si perde l'uso di un alimento naturale; quando si perde l'uso di un alimento, anche la coltivazione e l'origine di quell'alimento vanno perse; quando la produzione di un alimento viene persa, sono persi anche i semi o la razza rara; e quando si perde la produzione degli alimenti locali, le persone sono costrette a consumare cibi prodotti da multinazionali in luoghi lontani” (p. 207).

“Causa primaria dell'estinzione di specie e culture è la globalizzazione, la ricerca del progresso attraverso l'estrazione di risorse e l'espansione economica” (p. 144). Morale della favola, il sentiero di lotta è quello dell'autonomia nella diversità (cfr. pagine sul WTO, almeno p. 166 e ss.)

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C'è un'altra strada per presentare questo ricco libro. Quella di accennare alle curiosità disseminate nel testo. Quanti di voi conoscono, ad esempio, l'etimo della parola “sabotaggio” (p. 97)? Quei pochi sapranno ricondurre il famoso lancio d'una scarpa irachena a un'antica ribelle tradizione operaia. E quanti hanno una vaga idea di come sia nato il nome “Terra del Fuoco” (pp. 129-130)? E di cosa significhi realmente “antropocene”? Conoscete la strategia dei kludge (p. 52)? No? Metteteci una pezza. Avete mai letto delle vicinanze culturali tra la Bibbia e la tradizione tolteca (p. 135)? Avete una vaga idea dei numeri dello sterminio degli amerindi? Tra 90 e 112 milioni di persone (p. 138 e ss.). Si potrebbe continuare: accenno rapidamente alla presenza di interessanti dati sulla disoccupazione negli States (giovanile in primis: p. 45), alla memoria delle proteste anti-yankee per l'aggressione all'Irak (p. 57), e ai fondi dedicati dagli States alla guerra (con riflessioni sull'ONU, e sinistre meditazioni sul Consiglio di Sicurezza: p. 49); interessanti, infine, le note sui luddisti (p. 96) e sui neoluddisti.

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A metà tra un (mega) pamphlet e un trattatello divulgativo, ben documentato e decisamente entusiastico, il libro di Hawken è un'iniezione di fiducia per tutti quei cittadini italiani ed europei che hanno smarrito ogni fede nella politica partitica. Il sentiero di protesta e di coscienza del movimento è caotico e difforme, ma sembra avviarsi a un progressivo ordine armonioso: è paradossale pensare di poter guardare con serenità e speranza al futuro, considerando “what they've done to the earth”, come cantava Morrison, e considerando quanto male le nazioni imperialiste e le multinazionali continuano a fare ai popoli e alla natura. Tuttavia si direbbe davvero che stia sorgendo una prepotente voglia di rovesciare il sistema: a partire dalla base. Quella dei partiti s'è già sgretolata; adesso vediamo di puntare quella delle grandi aziende. Quelle che, la Klein ce lo insegnò tanti anni fa, puntano sul lavoro minorile e sottopagato nelle nazioni povere; sull'inquinamento assoluto; sul profitto. A dispetto di tutto. La strategia di resistenza prima è studiare e difendere le proprie culture – la propria cultura – di origine, da tutti i punti di vista: alimentari, letterari, etici. La tradizione, così, irrompe nel presente: ecco, s'è fatta necessaria: diventerà un'arma.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Paul Hawken (1946), ecologista, imprenditore e giornalista americano. Ha dedicato la sua vita alla sostenibilità e a cambiare il rapporto tra business e ambiente. Ha scritto sei libri, tutti classici del pensiero ecologista, e attualmente lavora in un’organizzazione no profit. Vive a Cascade Creek, in California.

Paul Hawken, “Moltitudine inarrestabile”, Edizioni Ambiente, Milano 2009. In appendice, glossario e bibliografia.

Prima edizione: “Blessed Unrest: How The Largest Movement in the World Came Into Being and why no one saw it coming”, 2007.

Gianfranco Franchi, giugno 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.