Mary Terror

Mary Terror Book Cover Mary Terror
Robert McCammon
Gargoyle
2010
9788889541418

“Mine” di Robert McCammon [US, 1990; IT, come “Mary Terror”, Interno Giallo, 1991; Gargoyle, 2010] è un thrillerone nerissimo con malcelate velleità allegoriche: scopo del gioco è raccontare la sconfitta, e l'incresciosa successiva fatiscenza, della generazione americana libertaria e ribelle degli anni Sessanta e Settanta. Esasperando un po' i toni, si punta, per comunicare più incisivamente senso significati e portata della sconfitta, all'ala più radicale e violenta di quella generazione; quella degli incoscienti che ammazzavano oppositori politici, poliziotti e innocenti nel nome della loro fede nella libertà, nella giustizia, e della loro convinzione che la loro idea di libertà e giustizia fossero le uniche cose buone e giuste. E che tutto il resto non poteva che essere borghese, e quindi maligno o addirittura al servizio dello Stato infame che stuprava le coscienze con la sua propaganda mendace.

Cosa s'inventa McCammon per trasfigurare la (mala)sorte di quella generazione di rivoluzionari, sconfitti non tanto dallo Stato quanto dalla loro stessa, insensata e degradante violenza? Racconta le vicende dell'ex compagna del leader d'un gruppazzo fattucchione (acidi) e rivoluzionario, lo Storm Front, vent'anni dopo la caduta del loro movimento, e dei loro sogni. Incontriamo così Mary Terrell, per i media e per l'FBI “Mary Terror”, un po' in avanti negli anni, sfatta e totalmente alienata. È un donnone di un metro e ottanta che ha già avuto il meglio – si fa per dire – della vita ed è rimasta uncinata a quel periodo, tormentata poi dalla tragedia d'aver perso il bambino che aspettava proprio a un passo dall'agognata libertà. Perso il bambino e perso il suo compagno – imboscato in una vita forse borghese, come tutti gli altri, cambiando identità e ritoccando un po' la sua fisionomia – Mary è sopravvissuta di stenti, martoriando bambolotti e tenendo fissa in mente l'idea di poter ritrovare l'amato, e di potergli (chissà) dare un altro bambino.

Si guarda allo specchio, intanto, e il ritratto è impietoso: “Il corpo appariva pallido e flaccido, il ventre molle, fianchi e cosce decisamente rilassati. I seni le pendevano come le orecchie di un cocker, i capezzoli sembravano due mozziconi di sigaretta. Passò in rassegna con lo sguardo la rete di vecchie cicatrici che le partivano dallo stomaco e dal fianco fino ad arrivarle sul pube. Vi passò sopra le dita, e ne sentì la crudeltà” (p. 19).

I suoi unici legami forti col passato sono rimasti, ricordi a parte, “armi e LSD” (p. 45): “senza di essi” - chiosa il narratore - “la sua vita sarebbe stata sterile come il suo utero”. Il pacifismo che predicava la sua generazione s'è dissolto: è diventato qualcosa di “arido e polveroso, come l'aria nelle tombe di Jimi Hendrix, Janis Joplin e Dio”. Chi aveva vissuto quegli anni adesso “zoppicava, indossava completi scuri, aveva la pancetta e proibiva ai figli di ascoltare l'heavy metal. Non c'erano più hippies ma yuppies. Le Pantere Nere erano diventate grigie. I Grateful Dead adesso li passava MTV e i Jefferson Airplane erano una band da top ten […] La terra di Woodstock era diventata il regno della generazione della Pepsi. Migliaia di criminali, scontata la loro pena nelle galere della restaurazione sociale, avevano indossato l'uniforme di uno Stato che stupra le coscienze e si erano uniti al branco di bestie che marcia verso il mattatoio” (p. 18).

Mary è convinta che lei e il suo vecchio Jack, Lord Jack, il capo spietato e carismatico dello Storm Front, siano rimasti intatti, fedeli alla linea, e che con un po' di fortuna potrebbero tornare a farsi sentire, a farsi rispettare, a rivendicare giustizia e progresso sterminando – pacificamente, s'intende – un po' di avversari. Già, “Se lo Storm Front si fosse ricostituito, capeggiato da Lord Jack con la bandiera rossa in pugno, Mary sarebbe stata la donna più felice del mondo. Lei era nata per combattere contro la polizia e l'FBI, e per ucciderne i servi merdosi. Quella era la sua vita, quello era il suo scopo” (p. 79).

Sì, perché la rivoluzionaria Mary è rimasta un soldato. Una che si sente ancora “combattente”. E “giustiziera dei poliziotti servi del potere. Protettrice dei deboli. Nemica della mentalità che prevarica le coscienze, e custode della fede” (p. 116). Insomma, una favolosa dogmatica. Bombarola, ma per difendere il popolo, assassina, ma per profondo senso di giustizia, pacifista, e per questo pronta a uccidere. È sopravvissuta a tutto, alla fine del movimento, alla fine del suo amore, alla fine di quella gioventù che si faceva di acido convinta di cambiare il mondo; dopo un paio di decenni di latitanza, intervallata da robusti episodi lisergici, tutto a un tratto, mentre usa il suo spacciatore come gigolò, legge un annuncio su “Rolling Stone” scritto nell'antico codice segreto rivoluzionaria. E che ti combina la nostra Mary? Pensa che sia stato Jack; pensa che sia il caso di non presentarsi a mani vuote; pensa che serva quel che avrebbero dovuto avere. E così prende e rapisce un neonato, in ospedale.

**

Il romanzo, man mano, perde la furibonda carica satirica iniziale, trasformandosi in un duello – con tanto di micidiali scene di violenza, furibondi inseguimenti, clamorosi rovesci della sorte – tra Mary Terror e la mamma del bambino rapito, la sempre meno timida Laura Clayborne, capace di prendere il posto dell'FBI nelle indagini sul suo bambino e di andare a riprendersi quel che le è stato rubato. Devo dire che questa parte del romanzo è quella meno fascinosa, sembra un canovaccio evoluto di una sceneggiatura di un buon film d'azione e va recuperando potenza e credibilità solo nei momenti in cui riappaiono, con discreta intelligenza e buona misura, i vecchi compagni di Mary – quelli sopravvissuti – e rivelano tutti i contrasti e le contraddizioni delle loro esistenze.

La morale della triste favola di questo ritratto dell'America dei primi anni Novanta è che parte dei protagonisti della vecchia contestazione si sono autodistrutti, o si sono condannati a un'esistenza di nostalgia fanatica, o si sono faticosamente mimetizzati. Chi voleva cambiare il mondo non s'è accorto per tempo che il suo mondo era già cambiato. A un tratto, quei rivoluzionari non sono più stati in grado di leggerlo, il mondo, di capirlo: complice un lessico intossicato dall'ideologia, forse, complice una cieca convinzione d'essere dalla parte del giusto. Complice la fine della giovinezza, anche. Complice la nulla lucidità.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Robert McCammon (Birmingham, Alabama, USA 1952), scrittore americano. Ha frequentato Liceo e Università in Alabama.

Robert McCammon, “Mary Terror”, Gargoyle, Roma 2010. Traduzione di Simone De Crescenzo. Prefazione di Antonella Beccaria.

Prima edizione: “Mine”, 1990. IT: Interno Giallo, 1991.

Gianfranco Franchi, giugno 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.