L’ultima Finestra-Giraffa

L'ultima Finestra-Giraffa Book Cover L'ultima Finestra-Giraffa
Péter Zilahy
Alet
2004
9788875200022

La FinestraGiraffa – Ablak-Zsiráf – era il sussidiario dell’ultima generazione di giovani magiari educati da un regime comunista. “L’ultima FinestraGiraffa” è il nuovo sussidiario – quello dell’educazione alla libertà, alla tolleranza e alla ricerca della verità, e alla indomita lotta contro ogni menzogna – scritto da un giovanissimo ed eclettico artista ungherese: il poeta, pittore, fotografo e romanziere Peter Zilahy, classe 1970. Spiega l’autore: “Questo abbecedario è stato scritto da diciotto anni di dittatura morbida, e poi da oltre due anni e mezzo di ricerche e di lavoro su testo e immagini. Per questo ha il collo così lungo. Ho visitato tutti i Paesi dell’ex blocco sovietico per vedere come avevano affrontato il cambiamento di regime, perché penso che si possa vedere di più arrivando alla fine e guardando indietro. E ricordo che, mentre lavoravo al libro, continuavo ad andare e tornare da Belgrado, come cercando per me una distanza ideale”.

Una Belgrado vissuta nei mesi interminabili e scintillanti di speranza delle manifestazioni degli studenti, degli intellettuali e del popolo contro l’infame erede di Tito, Slobodan Miloŝević: una Belgrado sentita come sorella di Budapest (“due città che vengono regolarmente distrutte. Esperienze storiche comuni, due piccoli popoli sconfitti e fanfaroni, malinconici, senza sbocco sul mare. Abbiamo perso le stesse coste, che cos’è tutto questo se non destino comune?”: pag. 22), nel segno d’una fratellanza pan-slava che esula dalla propaganda di qualsiasi regime. Per scrivere il nuovo sussidiario, Zilahy va ad assistere alla caduta dell’ultimo baluardo del delirio rosso: la sua è una lezione di storia, di letteratura, di democrazia e di umanità. Di memoria. E per contribuire al patrimonio della memoria comune, trascrivo, di seguito, quanto riporta Ventavoli a proposito della genesi della originaria Ablak-Zsiráf: “L’Ablak-Zsiráf uscì all’inizio degli anni Settanta, ed è adottato ancora oggi nelle scuole ungheresi. Lo scrisse uno psicologo, Ferenc Mérei, che aveva studiato la fantasia infantile per tutta la vita, da giovane era stato comunista, poi i comunisti l’avevano imprigionato, e in carcere aveva usato la carta igienica (i secondini gli lesinavano i fogli bianchi) per annotare i pensieri sulla libertà dell’immaginazione”.

APPUNTI e ALTRE OSSERVAZIONI

Pubblicato nel 1998, “Az utolsó ablakzsiráf” è stato tradotto – ad oggi – in quattordici lingue. È un memoir illustrato: ospita fotografie delle manifestazioni di Belgrado, delle slogan-spille propagandistiche che circolavano, dei volti dei poliziotti in assetto anti-sommossa; disegni, riproduzioni di stampe. Questi slavi del sud domandano libertà di stampa, libere elezioni, democrazia e Occidente: il nazional-comunista Slobo (nomen non omen: “libertà”) s’oppone come può, servendosi dei media, organizzando contro-manifestazioni, millantando oscure infiltrazioni dei nemici democratici. Già da tempo, dall’invasione della Slovenia, Zilahy aveva compreso quel che stava accadendo: “La vecchia ferita si era riaperta all’improvviso, noi ungheresi guardammo impotenti da sotto lo steccato il grande Golem degli slavi del Sud che si sbriciolava in tanti piccoli popoli. La mitica armata partigiana scomparve nella nebbia, l’invenzione della Jugoslavia era finita, la sfacciataggine e la prontezza d’ingegno si dissolsero nell’ordine del mondo” (p. 44). Quest’invenzione – Zilahy non ne parla – è costata alla nostra nazione una mutilazione: quella dell’italianissima Istria costiera. Quest’invenzione – senza ricordare l’orrida presenza dei carri armati di Tito dalle parti di Trieste – è nata nel sangue, e di quel sangue (e della sua primigenia pulizia etnica anti-italiana) s’è nutrita. Non è stato un bel sogno: è stato un bel sogno per chi pretendeva esistesse un avamposto comunista sull’Adriatico – costante minaccia al concerto liberal-democratico europeo. È stato la negazione della lezione della tolleranza absburgica: uno Stato fondato sul culto della personalità del suo leader, Tito.

Morto Tito, è morta la menzogna. Non a caso, allora, Zilahy scrive, con ironia e intelligenza, illuminando i lettori di tutto il mondo: “Jugo, nome di fantasia. A) Mobile da cucina in quattro parti. B) Paese del XX secolo. C) Cubetti di legno per giochi di costruzione. Una sola delle risposte è quella esatta. Una delle correnti ideologiche diffuse negli anni Cinquanta considerava la Jugoslavia un modello per riformare l’Unione Sovietica: essendo una versione liberale del socialismo avrebbe portato alla società del benessere. Dopo una visita a Kim Il Sung, Tito scelse definitivamente la via del controriformismo. Fu sedotto dall’eternità” (p. 62).

Zilahy è un ungherese a Belgrado: figlio d’una nazione mutilata, come la Serbia. Dopo la sconfitta nella Prima Guerra Mondiale, l’Ungheria non ha mantenuto nemmeno la metà dei suoi territori storici: circa il 40 per cento della popolazione complessiva. Tre milioni di ungheresi sono “diventati” rumeni, jugoslavi, cecoslovacchi. Budapest è “la città dei buchi”: “io sono nato in questa città bucata, buchi di pallottole nei muri dell’ospedale, tombe bucate nel cimiteri (…). Budapest è invisibile a occhio nudo, e si può soltanto toccare, guardare attraverso i buchi. Si può leggere solo tra le righe, geroglifici alti come i muri delle case, variazioni epiche e liriche, graffiti di guerra, rozzi messaggi erotici. Budapest è un archivio alla rovescia” (pp. 76-77).

Belgrado è un’altra città ferita dalla storia. Ma l’avvento della democrazia non sarà pacifico come nell’Ungheria contemporanea di Zilahy (il sangue dei ragazzi di Buda, del ’56, non è stato versato invano): pacifica e solare sarà la narrazione della quotidianità d’un popolo che vive protestando civilmente in piazza, confondendo tradizioni europee e americane in uno stravagante crogiuolo di “occidentalismi slavizzati”, opponendosi alla barbarie comunista con determinazione, ironia e intelligenza.

L’ultima FinestraGiraffa” è il racconto della generazione di mitteleuropei, di europei dell’est e di slavi che ha sconfitto il comunismo. Zilahy così si rivolge alla generazione precedente: “Cari genitori, il Paese dove volevate emigrare è questo! Non occorre nemmeno studiare le lingue straniere. Come faccio a spiegare che la crisi del regime coincise con gli esami di maturità, che il vecchio sistema tirò le cuoia durante le cene scolastiche di fine anno, che la nostra ribellione adolescenziale spazzò via il comunismo, che la dittatura morbida fu schiacciata dalla democrazia morbida, che l’epoca in cui venivamo trattati come bambini e ci impedivano di crescere crollò all’improvviso e si dissolse nel nulla? (…) Il consenso dei genitori sulle nostre teste, un orgasmo silenzioso con slancio rivoluzionario. In Ungheria, a causa del ’56, nell’89 non ci fu un altro ’56. I nostri genitori preferirono allevare i loro figli e restare vivi. E noi ora vivremo” (p. 88).

Non solo: vivranno, e potranno riscrivere i libri. Ridicolizzando propaganda, dogma e dottrina ideologica imposta sin dalle classi elementari: educando alla solidarietà, alla libertà d’espressione, alla negazione della violenza. La nuova FinestraGiraffa è riflessione sul senso dello Stato, della Libertà: sulla natura e sulla storia dei popoli Slavi, sul significato della parola “resistenza”. È sarcastico e provocatorio e non convenzionale: postmoderno, e ribelle.

Destinato a essere libro-cardine nell’educazione delle nuove generazioni europee, e manifesto anti-comunista, questo primo romanzo di Zilahy è un testo assolutamente imperdibile: onore ed ogni elogio alle edizioni Alet di Padova per aver regalato al pubblico italiano un frammento di storia, e di grande Letteratura. Senza spargere sale sulle rovine del passato, ma semplicemente raccontando e illustrando – con innocenza e intelligenza – la sua infanzia e la sua adolescenza, e la giovinezza e la nuova maturità del suo popolo, Zilahy ha scolpito una rappresentazione stupenda e unica del nostro tempo, e della corrosione e della caduta dei falsi idoli del dogma rosso. Da leggere e rileggere, a oltranza, nel tempo.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Peter Zilahy (Budapest, Ungheria 1970), poeta, documentarista, pittore, fotografo e romanziere magiaro. “L’ultima FinestraGiraffa” è il suo primo libro in prosa.

Peter Zilahy, “L’ultima FinestraGiraffa”, Alet, Padova 2004. Traduzione di Bruno Ventavoli.

Prima edizione: “Az utolsó ablakzsiráf”, Budapest 1998.

Gianfranco Franchi, febbraio 2005.

Prima pubblicazione: Lankelot.