L’onda sulla pellicola

L'onda sulla pellicola Book Cover L'onda sulla pellicola
Michele Lupo
Besa
2003
9788849702026

Meno radicale e spregiudicato di Luis Calaferte ["Septentrion", 1963; IT, 2006], altrettanto estraneo a una trama che non sia essenziale e tutto portato a indagare l'interiorità e le dinamiche psichiche più viscerali, e naturalmente sedotto dallo stesso sogno del romanziere transalpino, vale a dire l'impossibile coincidenza tra carne e scrittura della carne, Michele Lupo, in questo suo laterale esordio [Besa, Lecce, 2004], si presenta come un romanziere che tiene ben presente la lezione di Alberto Moravia e Renzo Paris – e cioè che spogliare l'anima senza levarsi e levare i vestiti è sbagliato.

Inadeguatezza, inadempienza ed erotomania sono gli assi portanti dell'esistenza del narratore, un letterato che rimane coi piedi per terra soltanto quando si ingroppa una donna, altrimenti rifiuta la realtà a cui è costretto – così lontana dai suoi sogni, dalle sue attitudini, dalle sue inclinazioni; dalla sua giovinezza. Livio insegna italiano in una scuola privata. È uno scrittore e viene dal mondo del cinema. Qualche comparsata qua e là, vagheggiando un futuro diverso, ammettendo ambizioni autoriali. Ha studiato e ha pensato di poter diventare qualcosa: qualcuno. E poi è finito in una scuola cattolica, a fare il cigno nero tra i cigni bianchi, a rappresentare una diversità che diventa presto leziosa, diciamo coreografica. Adolescente capriccioso, efebo pieno di donne, esteta vizioso, nemico della decadenza della società, della subcultura delle nuove generazioni e della miseria dell'epoca postideologica – deideologizzata – il professor Livio è un uomo con una qualità: l'attitudine alla monta. Il resto è nostalgia, rimpianto o didascalia.

“Quando Livio si mette a far da pubblico a se stesso quello che davvero lo fa soffrire è che non c'è nessuno che faccia partire l'applauso. Scrivi scrivi, se no ti dimentichi. Ma non frasi da romanzo, per piacere. Roba vecchia, aveva detto Fausto. Se dovesse abbandonare il surrealista, il suo personaggio si troverà prima o poi davanti a un bivio: o continuerà a chiavare senza pensieri oppure deciderà di brevettare il suo gene del genio e venderlo a uno di questi gruppi chimici che stanno mettendo in cassaforte i segreti della specie. Un applauso che lo rassicuri. Che gli dica sì. Perché è tutto così vago, Livio, teorico, frasette impronunciabili una sull'altra, un film legnoso solo a pensarci... Qua bisogna scrivere una sceneggiatura, Krisha, un racconto” [pp. 131-132]

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Secondo Giovanni Turi, “se nei racconti raccolti sotto il titolo 'I fuoriusciti' (Stilo Editrice, 2010) prevalgono la concentrazione e la sintesi, nell’ 'Onda sulla pellicola' invece è la sovrabbondanza a caratterizzare la scrittura di Michele Lupo; pur sempre ironica e grottesca, capace di improvvise epifanie sulla realtà che ci attornia, ma soprattutto di attingere a svariati registri linguistici, senza alcuno stridore nel tracciare uno stile inconfondibile: penetrante e irriverente” [Puglialibre].

Secondo Francesco Marsani, invece, “sospeso fra satira sociale e racconto esistenziale, ben prima della voga sui romanzi precari, e con tono tutt’altro che vittimistico, questo romanzo esibisce una scrittura brillantissima, a tratti virtuosistica, non priva di accenti comici e paradossali. Amaro e divertente” [Liberolibro]. Divertente non direi.

Secondo Bartolomeo Di Monaco, Lupo è un “narratore che sa avvincere, avvalendosi di una scrittura che trasuda della rabbia (Giulia gli dirà che è un “cinico che sta fra gli uomini come per sbaglio”) che sorge da una vita che non si accontenta e che si ribella al solo scopo di distruggersi”. E la rabbia, a ben guardare, è una delle cifre prime di questa scrittura. La rabbia a la carnalità sono le cifre massime, in generale.

Tra le fonti di ispirazione, Lupo ha nominato, in un'intervista, Saul Bellow [“Bellow è stato per il mio romanzo un modello imprescindibile, è successo per via di 'Herzog', soprattutto. Almeno, così pensavo, avendolo amato molto più di 'Augie March'”. LiberEditor]. Nel testo, invece, c'è un omaggio diretto a Cioran.  Questo: “Stava andando così a picco, Livio, che si era messo a leggere Cioran. Aveva visto quel titolo su una bancarella di libri usati e lo aveva comprato subito. 'Sommario di decomposizione'. Dedicato, proprio. Chi lo aveva letto prima di lui doveva essercisi martoriato, forse eccessivamente identificato, a giudicare dallo stato pietoso in cui erano ridotte alcune pagine, come piccoli sudari per anime affrante. Man mano che Livio andava avanti nella lettura, si convinceva che Cioran era uno scrittore grandioso […]. Grandioso, uno scrittore insuperabile per i depressi, il più persuasivo nel dare loro ragione. Quasi quasi andava su a Parigi a intervistarlo, e poi ci tirava su un film” [pp. 261-62]

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Ho conosciuto Michele Lupo come lettore forte, e come critico letterario, capace di una scrittura intelligente e competente e sempre intrisa di una profonda passionalità. Ho quindi apprezzato l'equilibrio e la dignità della sua recente raccolta di racconti, “I fuoriusciti”, scrivendo: “Michele Lupo sembra un osservatore dell'anima umana: un osservatore che apparentemente non giudica, ma quando serve ha scelto da che parte stare. Piuttosto che freddo, a volte sembra asettico. Mai cattivo, è al limite incline alla rappresentazione della disperazione”. Qualche anno prima, questa disperazione sembrava aver figliato esasperata erotomania, e profondo rifiuto della realtà. E analoga tendenza alla scarnificazione della psiche, cercando forse una sua irriducibilità. Attendo il terzo libro con motivata fiducia nella sua letterarietà, e nella sua umanità.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Michele Lupo (Buenos Aires, 19**), scrittore, critico e insegnante italiano. Vive a Tivoli. In narrativa ha esordito con “L'onda sulle pellicola” (Besa, 2004). Collabora con “Il Paradiso degli Orchi” e “La poesia e lo spirito”.

Michele Lupo, “L'onda sulla pellicola”, Besa, Lecce, 2004.

Gianfranco Franchi, marzo 2012.

Prima pubblicazione: Lankelot.