La commedia umana

La commedia umana Book Cover La commedia umana
William Saroyan
Marcos Y Marcos
9788871685458

“Ciascuno ha una casa diversa. Qualcuno a est, qualcuno a ovest, qualcuno a nord, qualcuno a sud. Noi stiamo a ovest”. “L'ovest è meglio?”. “Non lo so. Non sono mai stato da nessun'altra parte”. “Ci andrai?” “Un giorno”. “Tornerai?”. “Certo”. “Volentieri?” “Certo”. “Perché?” “È sempre bello ritornare, ecco perché” [Saroyan, “La commedia umana”, 8, p. 39).

C'è una bellissima definizione di Saroyan, firmata da John Fante, che riesce facilmente a sedurre il neofita. "La mano di Saroyan è piena di rabbia, una rabbia armena eppure americana: e soprattutto, la sua scrittura è fantastica, lirica fino all'ultimo punto, all'ultima virgola". Uno legge una cosa del genere, scritta Fante, e non può non nutrirsi della scrittura di WS. Almeno, per me è così.

William Saroyan (1908-1981) è stato un artista capace di incarnare con tenacia e determinazione il sogno di tanti emigranti: quello di riuscire, nonostante tutte le incredibili avversità e tutte le difficoltà di crescere senza padre, in una famiglia poverissima, in una nazione nuova, a diventare qualcuno e qualcosa. Un mestiere dopo l'altro, Saroyan riuscì a diventare un artista amato da tutti. E lasciò libri come questo, che altro non sono se non un grande tributo a un sentimento umano spesso dimenticato e frainteso, e in realtà di straordinaria centralità: la compassione. Per ogni cosa.

Nel 1943, a otto anni di distanza dal suo esordio, la raccolta di racconti “The Daring Young Man on the Flying Trapeze”, vide la luce “La commedia umana”. Saroyan prima si dedicò al soggetto e alla sceneggiatura del film. Non si parlava di nessun libro. L'artista si ritrovò estromesso dal progetto e subito si concentrò su una versione romanzesca dell'opera. È questa. E della sceneggiatura cinematografica mantiene la grande freschezza dei dialoghi, non ci piove. M'è testimone l'incipit del pezzo.

Il romanzo è ambientato a Ithaca. Ithaca, California. “La vita, a Ithaca – e in generale nel mondo – segue un disegno che a prima vista parrebbe senza senso, per non dire folle, ma a mano a mano che i giorni e le notti formano i mesi e gli anni questo disegno acquista una forma e un senso” (34, p. 222). E a Ithaca incontriamo Homer, Ulysses ed Helen. Sorpresi? Non dovreste. Entriamo nella quotidianità del piccolo Homer Macauley, quattordici anni, cresciuto senza padre, di suo fratello Ulysses, nemmeno cinque anni, della sua innamorata Helen; di suo fratello grande, che sta al fronte, e della sua famiglia. Una famiglia che fa una gran fatica a sbarcare il lunario, e per questo il ragazzo si mette presto a lavorare. È un ragazzino, è adolescente, ma studia e lavora. Studia e lavora. E che lavoro si ritrova a fare, proprio in quegli anni difficili? Il fattorino dell'ufficio del telegrafo. Tradotto? È quel povero cristo che deve andare, casa per casa, per consegnare notizie indesiderate alle famiglie. In quel periodo la notizia triste per eccellenza è che il figlio o il nipote o il marito sono caduti in guerra...

“Non era colpa sua. Aveva il compito di consegnare telegrammi. Eppure era pronto a farsi interamente carico dell'accaduto. Nello stesso tempo avrebbe voluto tirarsi indietro e dire 'sono soltanto un portalettere, signora Sandoval. Mi dispiace molto doverle portare un telegramma come questo, ma è il mio lavoro'” (5, p. 26).

Non è facile, a quattordici anni, venendo da una situazione famigliare ed economica così disastrosa e delicata, con l'energia assurda di chi vuole diventare qualcosa o qualcuno, e tutta la smania di poterlo diventare, dover accettare un incarico del genere. Ma questo è il destino di Homer, nella Ithaca di quegli anni. Gli anni della Seconda Guerra Mondiale. Si sente, sulle prime, sopraffatto: soffre per la sofferenza delle persone che ha incontro, non sopporta che accada niente di così ingiusto e insensato – è frustrato alle stelle, e non sa come rimediare. Ed è così piccolo che “non è neppure sicuro di voler continuare a vivere”. È allora che si risveglia il sentimento supremo. La compassione: “non soltanto per quella povera donna, ma per tutte le cose, per il loro modo atroce di consumarsi e morire”. S'accorge di questo, come un piccolo Buddha, e piange. Con grazia, con semplicità. Saroyan qui dà il massimo: “Di colpo era sulla bicicletta, pedalava energicamente lungo la strada buia con le lacrime agli occhi, imprecando sommessamente. Una volta all'ufficio postale, le lacrime erano finite, ma tante altre cose si erano messe in moto, e certamente non si sarebbero fermate. 'Altrimenti, tanto varrebbe che fossi morto anch'io', gridò, come se si rivolgesse a qualcuno duro d'orecchi” (p. 29).

“La commedia umana” è, credo, il grande romanzo iniziatico della compassione, non solo un affresco sociale romantico e spaccacuore. È il romanzo in cui il nostro protagonista impara a guardare le persone che vivono nella sua cittadina, e impara a guardarle con compassione, pregando che non accada loro niente di male. E solo allora smette di piangere, di disperarsi per la nostra sorte. Perché Homer capisce che nel mondo ci sarà sempre dolore. “Questo non significa che si debba perdere la speranza. Un uomo vero si sforzerà di eliminare il dolore dal mondo. Un uomo meschino non lo vedrà nemmeno, tranne che in se stesso. E un uomo malvagio, per sua disgrazia, porterà al mondo altro dolore, seminandolo ovunque andrà. Ma non è colpa di nessuno, mi sa, perché nessuno ha chiesto di venire al mondo” (26, p. 169).

Saroyan riesce a raccontare la normalità della sofferenza, la normalità assurda della morte in guerra, la dolorosa normalità della crescita, in un libro che parla con grande semplicità di fenomeni e sentimenti molto complessi. E riesce a far sciogliere un po' di ghiaccio nel cuore dei più disillusi. Non sembra, ma è tanto.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

William Saroyan (Fresno, California, 1908 – Fresno, California, 1981), scrittore e sceneggiatore americano di sangue armeno, cresciuto per qualche anno in orfanotrofio. Autodidatta, uomo dai molti mestieri, esordì pubblicando “Il trapezio volante”, una raccolta di racconti ["The Daring Young Man on the Flying Trapeze", 1935].

William Saroyan, “La commedia umana”, Marcos Y Marcos, Milano 2010. Traduzione di Claudia Tarolo e Marco Zapparoli. Copertina di Lorenzo Lanzi. Collana Minimarcos, 10. Edizione IT precedente: MYM, 1999.

Prima edizione: “The Human Comedy”, 1943.

Adattamento cinematografico: “The Human Comedy”, di Clarence Brown, 1943. A dire il vero sembra venga prima la sceneggiatura del film che il romanzo, stando a wiki english.

Gianfranco Franchi, ottobre 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.