Itaca. L’isola dalla schiena di drago

Itaca. L'isola dalla schiena di drago Book Cover Itaca. L'isola dalla schiena di drago
Luca Baldoni
Exòrma
2019
9788898848935

Ipotetico catalogo di splendori svaniti dal suolo itacese”: a un tratto, in questo apprezzabile librotto del poeta filelleno Luca Baldoni, partenopeo di nascita e fiorentino d'adozione, appare questa battuta; non dirò a cosa si riferisca: sappiate che vale per descrivere buona parte delle pagine di questo saggio. Protagonista è un'isola selvatica, d'un fascino antichissimo, dimenticata dalla storia per qualche millennio; un'isola ferita da secoli di pirateria, da diversi terremoti, dalle famigerate incursioni dei turchi; un'isola fondamentalmente letteraria, destinata ad essere eternata per via del suo mitico eroe Odisseo, amata da Byron e dal bizzarro Schliemann, difesa da Venezia nei suoi secoli più difficili. Itaca. L'isola dalla schiena di drago [Exòrma, 2019; euro 15,50, pp. 312] è stato pubblicato dai tipi di Orfeo Pagnani nella collana "Scritti traversi": obliquo davvero e trasversale è questo saggio itacese, parte memoir, parte reportage (differito nel tempo), parte mappa e guida dell'isola, parte libro di storia (completo di cenni di storia dell'archeologia locale); è un buon campionario di aneddoti e di vicende laterali o minori, un tributo sentimentale e partecipato, corredato da un buon apparato iconografico in b/n e da una solida bibliografia, per lo più inglese, greca e tedesca.

Baldoni ha giocato spesso la carta dell'inversione del cliché; la quarta di copertina brucia la più spiazzante, intelligentemente apparsa in positio princeps, nelle ultime battute del libro: Itaca può rivelarsi "il luogo della nostalgia dell'altrove, dell'esatto contrario del nostos"; ciò si può capire camminando per Marmaka e osservando il panorama da lassù. E se nel vostro immaginario, plausibilmente omerico, l'isola è "terra aspra, non adatta ai cavalli, non troppo stretta, non troppo vasta", magari perché "non vi sono, a Itaca, prati né ampie strade: è terra di capre, eppure è più amata di una terra che alleva cavalli", sappiate invece che a volte "gli orti e i giardini sono rigogliosi e la vegetazione assume in alcuni casi dimensioni giganti rispetto ai corrispettivi italiani"; fertile, tuttavia "offre ambienti molto diversi tra loro nel raggio di distanze limitate. Sempre meno verde e sempre più rocce – non solo suolo petroso, ma massi sciolti di grandi dimensioni e dalle forme molto strane – tra le quali si muovono greggi di capre" [p. 151].

Baldoni racconta, nel corso dei capitoli, i suoi varii passaggi, nel corso degli anni, nell'isola greca; dal primo sbarco, quasi occasionale, ai ripetuti ritorni con gruppi di trekking, in primavera, parecchio tempo dopo. Ha camminato per l'isola in lungo e in largo, in tutti questi anni, cercando rovine degli antichi borghi abbandonati, segni di quelli inabissati o forse mai esistiti, chiese bizantine superstiti e grotte dalle più o meno improbabili attribuzioni omeriche; è andato per i piccoli (o meglio piccolissimi) musei locali e ha ricostruito, con pazienza, cosa ne è stato dei tesori archeologici dell'isolotto; ha rappresentato la storia dell'isola scandagliando testi vetusti o davvero difficilmente reperibili, e in questo saggio ha saputo restituirci reminiscenze del famigerato The Geography and Antiquities of Ithaca dell'entusiasta sir William Gell come i sobri appunti del colonnello William Martin Leake, Travels in Northern Greece; ha cercato di dare un senso all'improbabile toponimo italiano Val di Compare (sostanzialmente sconosciuto agli abitanti, che chiamavano la loro patria con "forme demotiche del nome classico come Thiaki o Theaki") ed è tornato sui passi di Lord Byron; e ha confutato le teorie di quanti, come Jacques Spon e George Wheler, hanno congetturato che l'Itaca omerica fosse altrove (magari nell'isolotto di Atokos) e ha ricordato l'ipotesi fantasiosa di un Omero "nipote di Telemaco". L'umanità di Baldoni e il suo limpido amore per la classicità punteggiano la narrazione; poco spazio rimane per le voci popolari – l'approccio autoriale è più da storico o da storico dell'archeologia che da antropologo; diciamo meglio, è più da geografo, in senso stretto, che da poeta; più da storico della letteratura (o al limite da comparatista) che da critico letterario; Itaca. L'isola dalla schiena di drago è un diario (la summa di diversi diari) di un viaggiatore estremamente solitario e portato a interazioni con l'alterità per lo più funzionali o comunque – per quanto riferito – sostanzialmente mai sentimentali: è come se Baldoni fosse stato profondamente empatico con l'isola e con l'anima dell'isola e tuttavia cauto e più distaccato con gli abitanti. Gli itacesi appaiono in ripetuti camei, ma al termine della lettura si fa fatica a ricordarne almeno un nome; rimane più impresso uno strambo tedesco incontrato nelle prime pagine, in fuga dalla civiltà e dalla moglie, ponte per un incontro con una comune o giù di lì con la quale comunque Baldoni non mantiene contatti che non siano effimeri ("funzionali" o meglio "pratici").

Difficile immaginare una fortuna diversa da quella letteraria e paesaggistica per l'isola di Itaca; si capisce che poteva avere, nel corso dei secoli, una discreta valenza strategica, a seconda degli schieramenti in campo, tuttavia il valore simbolico mi pare sia rimasto quello supremo e indiscutibile; è un'isola selvatica – come tante altre piccole isole greche, superstiti al torpore del turismo di massa. Andate con Baldoni in cerca della fonte Aretusa, allora – andate a meravigliarvi della bellezza del golfo di Vathi, "uno dei porti naturali più belli di tutta la Grecia", che da certe prospettive pare un lago; andate a cercare la vecchia residenza estiva degli zar, a Livadia, fantasticate sull'etimo di Kathara, là dove anticamente c'era, si dice, un tempio dedicato ad Artemide, e oggi si prega la Vergine kathariossa, patrona dell'isola. Stavate cercando segni di Odisseo o stavate cercando una porta per andare altrove?

Gianfranco Franchi, aprile 2019.

Per approfondire: Baldoni in Absolute Poetry / su "Sale del ricordo" / rassegna stampa exòrma.

Ipotetico catalogo di splendori svaniti dal suolo itacese”: a un tratto, in questo apprezzabile librotto del poeta filelleno Luca Baldoni, partenopeo di nascita e fiorentino d’adozione, appare questa battuta; non dirò a cosa si riferisca: sappiate che vale per descrivere buona parte delle pagine di questo saggio…