Il volo dell’occasione

Il volo dell'occasione Book Cover Il volo dell'occasione
Filippo Tuena
Fazi
2004
9788881124787

1994. A tre anni di distanza dal suo esordio come narratore, “Lo sguardo della paura”, l'artista romano Filippo Tuena, quarantunenne, pubblicava, per Longanesi, il suo secondo romanzo, il post-scapigliato e lynchiano “Il volo dell'occasione”, guadagnando discreta e sacrosanta fortuna critica, una candidatura allo Strega, accostamenti a Borges e Hitchcock e un osanna da Geno Pampaloni. Dieci anni più tardi il libro ha conosciuto una seconda edizione, per Fazi. In un'intervista rilasciata a Patrizia Tagliamene del «Tv-Radiocorriere» l'artista ha spiegato in cosa l'edizione Fazi divergeva dalla Longanesi: “Questo romanzo è un ritorno al passato, l’ho scritto nel 1993 e pubblicato la prima volta nei 1994. Però, essendo un libro sul tempo, e in particolare sul tempo che ritorna, volevo io tornarci su, così l'ho ripreso, limando, tagliando e modificando. Volevo vedere se riuscivo a scrivere un libro assolutamente ‘perfetto’, un libro di narrativa allo stato puro, come una perla dentro un'ostrica, diverso da tutte le mie cose precedenti. A me piace affrontare ogni volta un argomento nuovo, sperimentare; stavolta ho voluto provare a rendere la storia il più stringata possibile, lasciandone solo l'ossatura. Non so se dopo 'Il volo dell'occasione' farò un altro romanzo…”.

Giovanni Pacchiano, sul «Sole 24Ore», rilevava: “È imbevuto della grande cultura europea, soprattutto francese, tra simbolo e sogno (Nerval, Gautier, Baudelaire e il lato notturno di Maupassant), ma anche angloamericana (Poe, e i fantasmi di James e della Wharton), 'Il volo dell’occasione', brutto titolo per uno straordinario romanzo”. Corrado Augias, nella postfazione all'edizione Fazi, confermava il giudizio di Pacchiano: “Il volo dell'occasione”, opera di un “autore raffinatissimo”, era “un piccolo capolavoro sconosciuto ai più”.

Danilo Maestosi, sul «Messaggero», mostrava meno entusiasmo: il secondo romanzo di Tuena aveva “il passo leggero della buona letteratura, che raccontandoci una storia di spettri in cerca d’autore mette in scena le sue fughe, le sue paranoie, le sue cadute, il ventaglio ingannevole delle sue simmetrie”. In ogni caso non si trattava di niente di eccessivamente leggero: per Alessandro Zaccuri [«Avvenire»], “Il volo dell'occasione” era “qualcosa di più e di diverso rispetto a un semplice divertissement. Non si sbaglia, forse, a definirlo una meditazione sul tempo risolta in forma narrativa, nella quale l'ossessione per la trappola della ciclicità viene vinta dall'intuizione del carattere unico e irripetibile di ogni momento. Anzi, di ogni «occasione»”.

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Malinconica e romantica meditazione sulle chimere, sul destino e sul tempo, l'opera seconda di Filippo Tuena poteva essere un film sceneggiato dal primo, ispirato Charlie Kaufman, o dal favoloso, onirico e cupo Lynch di “Mulholland Drive”. È una storia di fantasmi, apparentemente: è un'allegoria dell'ossessione della creazione artistica, probabilmente. È qualcosa che in letteratura italiana sta tra “Il ragazzo morto e le comete” [1951] di Goffredo Parise e “Il giardino elettrico” [2010] di Simone Caltabellota: del giovane Parise Tuena condivide le atmosfere gotiche, l'eleganza, la poesia; del suo ex concittadino Caltabellota, l'angoscia, la cupezza, l'ossessività. È un grande libro sul senso profondo della passione: sulla distruttività della passione, sul suo potere travolgente.

L'artista, sul suo sito ufficiale, scriveva, nel 2007: “Un giorno racconterò la storia di questo libro, scritto di getto in sei settimane. Molti lo considerano il mio libro migliore. Per me è stato un tentativo di affrontare la ghost-story tradizionale. Non lo so, gli sono affezionato come a tutti i miei libri, ma adesso lo sento lontano”: eppure questo libro ha qualcosa di così infestante che è difficile credere che possa abbandonare i pensieri di suo padre. È un'ispirata rappresentazione dell'inconscio dell'artista. Prova la possibilità di portare alla luce qualcosa di primiero, e di comunque indecifrabile: come una scena della propria infanzia, spogliata di storia e di prospettiva, isolata nella memoria come una pietra nera, spaventosa e stupenda; come un teatro dell'illusione e della memoria in cui a restare in scena, e a ripetere sempre lo stesso esito, sono tre marionette, tre icone.

Una è il vecchio contrabbassista destinato a tornare: il vagante Renant-Revenant, distinto, silenzioso, dal viso “magro e grigio”, cupo come Poe tradotto da Baudelaire. L'altra è il giovane turco, il vizioso Altaj, possessivo e capriccioso, e ricco. L'ultima è bianca, ha un collo modigliano e non sa dire di no al lusso, e al desiderio. Ha un “viso infantile, due occhi neri e grandi e un corpo da donna che non ha sviluppato tutte le sue arti, i suoi sortilegi”; è bella e non si stanca di concedersi a chi vuole venerarla: “Io la conoscevo. L'avevo sempre conosciuta, anche se era la prima volta che l'incontravo. La riconoscevo, come se qualcosa di lei appartenesse al mio passato” [p. 22].

E poi c'è lo scrittore, l'uomo che guarda le marionette, l'uomo che guida le marionette, Narciso che non si stanca di tornare alla fonte [nec me mea fallit imago] e infine di scivolare verso il nulla, osservando la “costante ripetizione di un momento assoluto”, vagheggiando l'eternità, senza requie.

EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE

Filippo Maria Tuena (Roma, 1953), scrittore e antiquario italiano, laureato in Storia dell'Arte alla Sapienza.

Filippo Tuena, “Il volo dell'occasione”, Fazi, Roma, 2004. Postfazione di Corrado Augias. Collana “Le vele”, 25. Copertina: art director, Maurizio Ceccato. ISBN: 9788881124787.

Prima edizione: Longanesi, Milano, 1994.

Approfondimento in rete: Oblique + Wiki it

Gianfranco Franchi, marzo 2013.

Prima pubblicazione: Lankelot.

“Illusi. Non sanno che nulla è ripetibile, nulla ritorna. Perdiamo tutto, né ripossedere qualcosa che abbiamo amato ci restituisce il tempo in cui abbiamo amato. Tutto, perdiamo tutto” [Tuena, “il volo dell'occasione”, p. 14].

1994. A tre anni di distanza dal suo esordio come narratore, “Lo sguardo della paura”, l’artista romano Filippo Tuena, quarantunenne, pubblicava, per Longanesi, il suo secondo romanzo, il post-scapigliato e lynchiano “Il volo dell’occasione”, guadagnando discreta e sacrosanta fortuna critica, una candidatura allo Strega, accostamenti a Borges e Hitchcock e un osanna da Geno Pampaloni.