Il verbale

Il verbale Book Cover Il verbale
Jean-Marie Le Clézio
:duepunti
2005
9788890140334

Opera prima del letterato francese Jean-Marie Gustave Le Clézio (Nizza, 1940), “Il verbale” (1963; in Italia, Einaudi, 1965; Duepunti, 2005) è un esordio di straripante letterarietà, senza nessun baricentro diverso dalla direzione imprevedibile e disarcionante della scrittura dell'artista, poggiato su una anarchica e sregolata prima persona, non estranea a scissioni schizoidi. È un esperimento intelligente e ludico, ma onestamente – e piacevolmente – irragionevole. D'altra parte, come scriveva l'autore... “La vita non è logica, forse è come un'irregolarità della coscienza. Una malattia della cellula”. Forse, forse è vero. E chissà che in onore a questo desiderio disperato di libertà e irregolarità, di mappatura del disordine, di imprevedibilità, il destino – Dio – non abbia voluto regalarci una bella favola nel triste e decadente Belpaese. La racconto in poche battute, perché per quanto mi riguarda è stata una delle (rare) prove della giustizia divina. C'è una piccola casa editrice siciliana, orgogliosamente ed eroicamente amministrata e animata da tre letterati di valore. È stata fondata una manciata di anni fa, e stoicamente ha resistito al mercato, ai problemi di distribuzione, alla recessione economica che sta massacrando le vite e le attività professionali di ognuno di noi, alla tradizionale difficoltà di lettura degli orridi italioti.

Questi tre letterati, responsabili e soci di “Duepunti Edizioni”, nel 2005 hanno pensato bene di investire su una nuova edizione italiana di questo libro dimenticato e incompreso. È un investimento che commuove di più ancora considerando quanto accurata, sofferta e meditata è stata la loro selezione dei testi, negli anni. Nell'ottobre 2008 si ritrovano, giusta ed entusiasmante ricompensa per anni di duri sacrifici e impegno, a ospitare – unici in Italia – l'opera prima di un Premio Nobel per la Letteratura. Loro, tra i pochi (in seguito vennero le edizioni Instar), investirono sul genio di un artista laterale e misconosciuto in Italia. Con buona pace di quanti si lasciano rintronare dalla megaeditoria da grande magazzino, etichette civetta incluse, ecco una nuova, limpida e credibile dimostrazione che solo la piccola e media editoria combatte e si danna per la qualità, per un progetto, per la sperimentazione. E che nei cataloghi dei piccoli editori, coraggiosi sino alla pazzia, negli anni, nel tempo, troveremo sempre perle rare. Perle altrimenti irreperibili. Grazie, allora, ai tre magnifici eroi di questa storia, che mi hanno regalato – col loro esempio – una ragione per credere nella giustizia e nella poesia della vita. Nonostante l'Italia, siete vivi. Chapeau.

Torniamo al nizzardo. “Il verbale racconta di un uomo che non sapeva bene se fosse appena uscito dall'esercito o dal manicomio. Ho assunto fin dall'inizio un argomento di dissertazione volutamente esiguo e astratto. Ho avuto pochi scrupoli di realismo (...)” - questo scriveva nella lettera di accompagnamento all'editore, il prestigioso Gallimard, nel 1963. Diciamo che gli aggettivi “esiguo” e “astratto”, riferiti all'argomento della dissertazione, sono sin troppo generosi: “Il verbale” è un atletico e funambolico esercizio di scrittura creativa. Appassionante, lacerante, sconquassante: vivace. Complimenti alle traduttrici, che devono aver fronteggiato una serie di ostacoli – cancellature e biancheggiamenti inclusi – non da poco.

Notule sulla trama. Adam Pollo è un disertore: un ragazzo “smisurato, un po' curvo” (p. 11); vive solo in una casa abbandonata. Mendica macchie di sole. Dal sole dipende, dal sole forse deriva e discende: nel sole si rigenera e si purifica, nel sole cerca un nascondiglio. E così facendo è come un animale che si nasconde nella propria pelle fino a mimetizzarsi. Se esce per andare in mezzo agli altri, è per comprare sigarette, birra, giornali, cioccolata e qualcosa ancora da mettere sotto i denti. Oppure per farsi un bagno. In splendido isolamento. Se per sbaglio interagisce, si vede riflesso negli occhiali da sole del prossimo, come una grassa scimmia che si fissa i piedi. Ogni giorno si aspetta qualcosa di pericoloso: allo spiacevole è abituato (p. 64). Spiacevole e delirante capiterà a oltranza, disorientandoci e confondendoci. Passeremo da meditazioni d'argomento filosofico a descrizioni seducenti, dalle lettere al mal d'amore, vivendo la storia di quest'uomo dal cognome decisamente poco affascinante, Pollo che sognava una Terra centro dell'universo, l'umanità felice delle favole che raccontava a se stessa, e magari una Michèle da possedere senza più violenza.

In questi anni, mea culpa, avevo sempre trascurato questo quaderno di narrativa sperimentale, confezionato come un romanzo. Il titolo, probabilmente, aveva fracassato ogni motivo di interesse. Tra Torino e Roma, fiera per fiera, ogni volta che andavo a studiarmi le nuove uscite delle edizioni Duepunti scrutavo questo oggetto misterioso chiedendomi cosa mai li avesse spinti a pubblicarlo in una collana che avrebbe incluso due libri del giovane e brillante Ourednik, un recupero di Vian e altri più prestigiosi ancora, da Schiller a Platone. Quando, qualche giorno fa, entrando in redazione ho acceso il mac e mi sono connesso al sito dell'ANSA, come ogni giorno, ho capito perché. Mi sono sentito un po' stupido e un po' sfortunato per essermi fatto sfuggire sotto il naso, come un principiante casinoso, l'occasione di leggere Le Clézio prima del successo mondiale. Poi ho puntato, senza nemmeno accorgermene, la rubrica del telefono e ho fatto una telefonata. Dicevo di essere il segretario della Santa Sede, e forse Giuseppe mi ha creduto. Ridevo, ma avevo un po' gli occhi lucidi. È che i miracoli succedono, basta accorgersene. Grandi.

Che aspettate? Andate e ordinate “Il verbale” dal vostro libraio. Mica vi farete sfuggire l'opera prima di un pazzo di talento. Dimenticate il Nobel, ora. Pensate soltanto alla Letteratura. Qui ne troverete una capace di furiosa confusione: Le Clézio era un incendiario. Dell'intelligenza, della libertà.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Jean-Marie Gustave Le Clézio (Nizza, Francia 1940), scrittore francese, premio Nobel per la Letteratura 2008.

Jean-Marie Gustave Le Clézio, “Il verbale”, Duepunti, Palermo 2005. Contiene la lettera di accompagnamento al manoscritto spedito a Gallimard, nei primi anni Sessanta. Traduzione di Silvia Baroni e Francesca Belviso.

Prima edizione: “Le procès verbal ”, Gallimard, Paris 1963.  Prima, sfortunata edizione italiana: Einaudi, 1965.

Molto bella la scheda di David Frati, apparsa su Mangialibri nel 2006: eccone un buon frammento: “Nel 1963 uno studente di Nizza invia un suo manoscritto all’editrice Gallimard. Quel piccolo romanzo d’esordio diventa in breve un caso letterario, perde il Premio Goncourt per un solo voto, ma si aggiudica il prestigioso premio Théophraste Renaudot e proietta il giovanotto di belle speranze, al secolo JGM Le Clézio, nell’empireo dei grandi scrittori francesi a soli 23 anni. Testo elegante come un film nouvelle vague, post-moderno nel suo bianco e nero stilizzato, 'Il verbale' è il diario di viaggio esistenzialista di una realtà instabile, che non può più essere narrata in modo lineare. È la ricerca di un senso, e al tempo stesso l’abdicazione della ricerca di un senso: “Non abbiamo più la presunzione di credere, come faceva Sartre, che un romanzo può cambiare il mondo”, ha dichiarato Le Clézio in una intervista. “Oggi gli scrittori possono solo limitarsi a registrare la loro impotenza. La letteratura moderna è la letteratura della disperazione”.

Gianfranco Franchi, ottobre 2008.

Prima pubblicazione: Lankelot.