Il ritorno di Casanova

Il ritorno di Casanova Book Cover Il ritorno di Casanova
Arthur Schnitzler
Adelphi
1990
9788845907760

“A cinquantatrè anni Casanova, da tempo non più spinto a vagare per il mondo dal giovanile piacere dell'avventura, ma dall'inquietudine dell'avanzante vecchiaia, fu preso da una così intensa nostalgia per la sua città natale, Venezia, che cominciò a girarle intorno simile a un uccello che vien giù a morire calando da libere altezze in sempre più strette volute” (Schnitzler, “Il ritorno di Casanova”, incipit).

“Il ritorno di Casanova” (1918) è un romanzo breve caratterizzato da due meditazioni fondamentali: la prima è quella sulla nostalgia, la fame del ritorno a casa, la seconda è quella sul tempo, e sul rapporto di dipendenza tra vecchiaia e smania autodistruttiva. La veridicità storica delle vicissitudini di Casanova, avventuriero e agente segreto veneziano, è – come vedremo più avanti – non particolarmente attendibile, e in ogni caso non rilevante. L'aspetto più fascinoso di questo capitolo letterario apocrifo a firma Schnitzler sta nella sua angosciosa e seducente rappresentazione della decadenza d'un personaggio radicale e dongiovannesco, nel suo invincibile desiderio di ritornare a vivere Venezia non tanto per ragioni patriottiche, come pure Casanova s'ostina a ribadire, quanto per questioni identitarie. Il cavaliere di Seingalt stenta a riconoscersi: soffre, come suo padre Schnitzler, le ferite del tempo, e l'angoscia d'invecchiare. Durante un dialogo con un'antica amante, Amalia, moglie del suo amico Olivo, è Casanova a insistere con chi ripete che lo vede “adesso com'era allora” che è pieno di grinze, di rughe, di solchi sul viso, e che le sue dita sono diventate come artigli, e che le vene delle mani si sono fatte gonfie e blu. È Casanova a corrodere la propria immagine.

Come se non bastasse, è povero. Sembra diventato eccezionalmente insicuro, e per questo più prossimo al sotterfugio, alla bassezza. Si sente “un vecchio rimbambito, decaduto e innocuo” (p. 60): e s'ossessiona con l'idea del ritorno a Venezia, perché è convinto di non poter più essere felice se non in patria. E intanto vagheggia un amore difficile per una ragazza, Marcolina, intelligente e diffidente, capace di tenere già a distanza un giovanotto “bello e sfrontato come era stato lui”: una sorta di suo alter ego, destinato a soccombere nello scontro con il “casanova anziano”, in una scena in cui Schnitzler sembra voler rappresentare il rito della distruzione della giovinezza.

Casanova potrà sedurre solo con l'inganno la sua nuova preda. E questo sarà il segno indiscutibile della sua sconfitta. Pur di averla si dovrà mascherare, la seduzione non sarà più bastevole. E una volta smascherato, si sente condannato dal suo sguardo con la sentenza più triste: “vecchio”.

Secondo Tullio Kezich, autore della notevole prefazione, “Pur smascherando Casanova come immoralista, traditore dei commensali, stupratore, assassino e un uomo in vendita, l'immaginario terapeuta ne penetra la psicologia fino a tentare di assolverlo […]. Interessante, cronologia alla mano, constatare come Schnitzler si liberi dai condizionamenti relativi al Casanova realmente vissuto. Gli attribuisce 53 anni quando ne ha soltanto 49. Gli mette in conto un quarto di secolo di esilio, mentre tra la fuga dai Piombi (31 ottobre 1756) e il ritorno in patria (15 novembre 1774) gli anni che trascorrono sono appena 18 […]”. E così, insomma, ne deriva man mano uno “spregiudicato capitolo apocrifo […] sorta di fantabiografia oggettiva”. Le ragioni di fascino dell'opera, a ben guardare, stanno esclusivamente qui.

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E quando Casanova finalmente ritorna a casa, e si ritrova a camminare per le stradine e per i ponti che tanto amava, man mano s'avvicina l'epilogo della sua sordida e cupa avventura. Schnitzler scrive che Casanova sente come affiorare dal profondo del suo essere un sapore amaro sulle labbra. Si sdraia su un lettaccio per dormire, dopo un così lungo esilio, il primo sonno in patria. Infine, quel sonno ha pietà del vecchio avventuriero e lo vince, “pesante e senza sogni”. I sogni sembrano davvero essersi spenti. La nuova realtà è già tinta di buio.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Arthur Schnitzler (Vienna, 1862 – Vienna, 1931), scrittore austriaco, medico di formazione.

Arthur Schnitzler, “Il ritorno di Casanova”, Corriere della Sera, Milano 2002 su licenza Adelphi, 1975. A cura di Giuseppe Farese. Prefazione di Tullio Kezich. 9788845900938

Prima edizione: “Casanovas Heimfarth”, 1918.

Gianfranco Franchi, agosto 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.