Il richiamo della foresta

Il richiamo della foresta Book Cover Il richiamo della foresta
Jack London
Feltrinelli
2011
9788807901812

Un ragazzo di ventisette anni, che aveva vissuto tante vite con vera intensità, scrive un romanzo breve che doveva essere un racconto. È il suo secondo romanzo. È il 1903. Questo romanzo breve diventa parte dell'immaginario collettivo, e del lessico di tutti i giorni, con una facilità sconcertante: istantaneamente. Segno che il ragazzo ha scritto attingendo a qualcosa di universale, di archetipico, di essenziale. Segno che in noi dorme tutto quel che ha raccontato. Segno che abbiamo bisogno di raccontarci questa storia, e che è stato fondamentale inventarsela. Quel ragazzo di ventisette anni si chiamava Jack London, e non aveva mai capito chi fosse suo padre. Il suo romanzo, il romanzo che doveva essere un racconto, si chiama “The Call of the Wild”. È la storia di un cane che non sapeva del tutto da chi venisse, proprio come Jack London. È una grande favola iniziatica e allegorica: una lezione di vita e di stile che torna, in questi giorni, a restituirci ispirazione e rabbia in una nuova edizione, curata dal massimo esperto italiano di cose londoniane, Davide Sapienza. “Il richiamo della foresta” (Feltrinelli, euro 7, pagine 192) è, nelle parole del grande londonologo lombardo, la storia del cane Buck che «deve apprendere come essere wild per sopravvivere, vivere oltre e tornare ai primordi della vita giovane. Buck non compie un ritorno a una condizione preesistente alla quale era stato strappato. Egli compie un cammino di consapevolezza: Buck diventa ciò che è». Diventa ciò che è. Per diventare ciò che è, Buck si ritrova a essere strappato dal cuore della civiltà: per essere, scrive London, «scaraventato nel cuore di tutto ciò che era primordiale». Ciò significa che Buck a un tratto non può più vivere nell'ozio borghese in cui era stato allevato: viene rapito da quella vita. E può tranquillamente dimenticarsi degli anni in cui al di là del riposo, del gioco e della noia poco restava da fare: non più potranno tornare. Ciò significa che nella vita nuova Buck non incontra né pace né riposo né pretesa di sicurezza: se non per intervalli. Tutto, intorno a lui, diventa azione, azione e confusione: Buck deve accettare leggi nuove, estranee a quelle di città. Estranee a quelle civili.

Buck deve imparare a sopravvivere in un ambiente altro, ostile. Deve imparare ad adattarsi, ad adeguarsi: se non s'adegua, muore. E adeguandosi, si ritrova a dover prendere atto che la sua natura morale finisce per frantumarsi: perché a un tratto è diventata «cosa vana, nonché di impedimento nella spietata lotta per la vita». La nuova società in cui è stato catapultato è estranea all'amore e all'amicizia e alla grazia: non conosce legge, non conosce etica, conosce soltanto lotta. Buck impara, e a un tratto s'accorge che va apprendendo senza sforzo. Perché è come se certi principi, e certe strategie, fossero sempre state con lui: nel suo sangue. Sono parte del suo corredo genetico. «E quando nelle fredde notti di quiete puntava il naso verso una stella ululando a lungo come un lupo, erano i suoi antenati, morti e sepolti, che puntavano il naso e che ululavano lungo il corso dei secoli attraverso di lui. Le sue erano le stesse inflessioni che avevano dato voce alla loro afflizione e a ciò che per loro avevano significato la quiete, il freddo e l'oscurità».

Buck si ritrova a dover dimenticare la pietà. A dover accettare che l'alternativa è comandare o essere comandato. Perché nella vita primordiale la pietà non esiste più. Viene scambiata per paura. Un malinteso come questo, scrive Jack, significa morte. Tutto diventa molto semplice: s'attinge a un mandato uscito dalle profondità del tempo. A quel mandato Buck si ritrova a obbedire, scoprendosi decisamente più vecchio dei giorni che ha già vissuto, e di tutti i respiri che ha esalato. Ci possono essere momenti di gioia, sì. Per esempio, per Buck la gioia non è soltanto ritrovarsi a fianco di un essere umano come John Thornton: la gioia è poter cacciare, pescare e vagabondare senza sosta attraverso luoghi sconosciuti, per intere settimane, vicino a John. Non importa, in quel caso, patire la fame, importa vivere con intensità. Vivere, e basta. Non manca la fede nel futuro: il futuro sta sempre per incarnarsi, per diventare reale. Ma non è niente di assoluto. L'assoluto, scrive Jack e gli crediamo, è quel richiamo che a un tratto appare, e subito sprigiona appartenenza. Assoluta, incontrovertibile. È quando Buck si sente catturato da una felicità misteriosa, dolce, elusiva: e restituito a qualcosa di bello e di grande, che non conosceva, eppure sembrava preesistente. «A volte inseguiva il richiamo sin dentro la foresta, per cercarlo come qualcosa di tangibile, e abbaiava secondo lo stato d'animo, piano o spavaldo. Poi infilava il naso nel muschio fresco del legno o nel terreno scuro dove cresceva l'erba alta e annusava con gioia gli odori della terra grassa; oppure stava per ore accucciato come se si nascondesse dietro i tronchi. Poteva essere che restando così disteso sperasse di sorprendere il richiamo che non riusciva a capire. Ma non sapeva perché faceva tutte queste cose. Era spinto a farle, e non ci ragionava affatto». E senza ragionare stava andando nella direzione giusta. Stava assecondando l'essenza. Stava per tornare tra i suoi simili. E non poteva esserci niente di più giusto: ma non poteva essere più doloroso.

Completano l'edizione Feltrinelli due racconti londoniani scelti da Sapienza: il primo, “Bâtard” è la dog story gemella della grande favola di Buck: i due racconti dovevano essere più o meno equivalenti, nelle intenzioni originarie di London. Il secondo, “Preparare un fuoco”, è stato scelto perché secondo Sapienza «rappresenta una sorta di dichiarazione ambientalista circa il ruolo dell'uomo nella natura». E naturalmente, non manca un cane. Più umano di chi dovrebbe accendere il fuoco, va da sé: nel pieno rispetto della poetica londoniana, è il cane che sa, lui solo, cosa il fuoco sia.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

John Gripphith Chaney, alias Jack London (San Francisco, 1876 – Glen Ellen, California, 1916) scrittore americano.

Jack London, “Il richiamo della foresta”, Feltrinelli, Milano 2011.
Traduzione e cura di Davide Sapienza. Include una ricca nota biobibliografica, una nota del curatore e note ai testi.

Prima edizione: “The Call of the Wild”, NY, 1903; “To Build a Fire”, prima versione, “Youth's Companion”, 1902, quindi, “Century Magazine”, 1908, quindi, nel libro “Lost face”, 1910; “Bâtard” sulla rivista “Cosmopolitan”, come “Diable-A Dog”, nel 1902.

Gianfranco Franchi, febbraio/marzo 2011.

Prima pubblicazione cartacea dell'articolo: “Secolo d'Italia” del 5 marzo 2011, pagine 8 e 9. Tutti i diritti appartengono al Secolo. L'articolo è poi apparso su Lankelot in versione leggermente più estesa.