Il Minotauro

Il Minotauro Book Cover Il Minotauro
Friedrich Dürrenmatt
Marcos Y Marcos
1997
9788871681955

Il breve racconto “Il minotauro”, composto nel 1985, è la storia di un insolito ricercatore della verità, in un mondo costruito perché fosse ingannevole e mendace. L’eroe eponimo dell’opera acquista progressivamente consapevolezza della propria condizione di recluso per via dell’apparizione confusa e contrastata dapprima, e infine accertata – ma ancora mascherata – dell’alterità: tutto il racconto si sviluppa nella linea della ricerca della definizione dell’alterità, utile a permettere al minotauro di comprendere la propria identità e la verità sul suo stato.

Il minotauro, figlio di Pasifae, nata dal Dio Sole, vive prigioniero nel labirinto costruito da Dedalo. Le pareti del labirinto sono di vetro: e così, ad ogni momento, la creatura ha di fronte a sé le immagini delle sue immagini. Non può avere consapevolezza di dove si trovi, né di cosa possano volere quelle creature accovacciate attorno a sé: vive un’esistenza totalmente artificiosa, ed è in una condizione talmente primitiva da essere incapace di indagare la natura della sua realtà. Sa solamente che tutto quel che egli fa viene replicato da quelle che gli appaiono come altre creature: se salta, le immagini saltano, se si rannicchia, esse si rannicchiano, e così via. Allora il minotauro pensa d’essere una creatura circondata da creature eguali: prova a salutarle, e subito, al suo sguardo, risulta che esse rispondano con lo stesso gesto. Il minotauro si avvicina allo specchio: ne tocca la superficie, e subito le immagini si spostano.

Ha inizio una sorta di danza: fin quando, all’improvviso, riconosce tra le immagini una creatura che non danza e non ubbidisce meccanicamente ai suoi cenni. Una fanciulla, impaurita, sta osservando la sua danza. Il minotauro comprende che esistano altre forme di vita, oltre ai “minotauri” che ritiene suoi simili. Prova ad inseguire la ragazza nel labirinto: lei fugge invano. Non appena il minotauro la raggiunge, sfiorandola crede d’avere la prova d’essere vissuto tra creature di vetro, e non di carne come lui: dominato dal desiderio, possiede la fanciulla e involontariamente la ferisce a morte.

Per l’ennesima volta, ogni sua azione viene ripetuta dagli specchi. Il minotauro si sente solo: dorme, e sogna la fanciulla appena amata. Giunge allora un uomo avvolto da un mantello, una spada cinta al suo fianco: colpisce a tradimento il minotauro, crede d’averlo ucciso, e subito si rivelano alla luce sei giovani uomini e sei giovani donne che si dispongono in cerchio attorno alla creatura. Sono i fanciulli destinati al sacrificio. Il minotauro si rianima: cattura una delle donne, poco a poco aggredisce ognuno dei dodici giovani inermi, e lotta con gli avvoltoi mentre li dilania, impegnato in una sorta di nuova, disperata danza. Gli specchi continuano ad ossessionarlo: la creatura attacca la sua stessa immagine, distruggendo le pareti di vetro: così intuisce l’esistenza di un solo Minotauro, escluso e rinchiuso nel labirinto, costretto a vivere senza conoscere simili. La sua esistenza è rifiutata dagli uomini. Il minotauro s’addormenta: sogna, e mentre sogna, disperato per la sua sorte, appare Arianna, col gomitolo di lana tra le dita.

La creatura si risveglia: alle spalle di Arianna, intravede quello che sembra un secondo minotauro; altri non è che Teseo mascherato. Il minotauro danza, incredulo per la felicità. Esistono dunque suoi simili, non è destinato all’isolamento. In quel momento, mentre s’avvicina indifeso, Teseo lo colpisce e lo uccide; quindi, egli si leva la maschera, riavvolge il filo rosso di lana e si allontana dal labirinto.

Mi sembra che si possano segnalare differenti momenti essenziali nella lettura dell’opera: la prima attestazione dell’alterità, l’immagine riflessa negli specchi, è ingannevole ed artificiosa e tuttavia il minotauro non è in grado di chiarirne la natura perché non ha memoria di altre tipologie di alterità. Fino all’apparizione di una creatura che non risponde perfettamente e sincronicamente ai suoi movimenti, non può che essere persuaso che i suoi simili siano sempre identici e sempre vitrei: e dunque, la percezione sensoriale della nuova creatura è rivelatrice del primo inganno. Possono esistere creature di carne, come lui, e non solamente creature di vetro: non ancora, però, il minotauro è in grado di demistificare la realtà. Sarà necessario il furore della nuova carneficina per spingersi sino a colpire le immagini delle creature di vetro: una volta infranti gli specchi, il minotauro comprende di essere solo.

Il paradosso del racconto risiede probabilmente proprio in questo passo: una volta rivelata la verità a proposito della propria realtà e dell’assenza dell’alterità, di fronte al minotauro si parerà Teseo mascherato. Creatura di carne, come lui, e dall’aspetto simile alla proiezione apparsa negli specchi.

La debolezza del minotauro è dunque nell’incapacità di riconoscere l’inganno: inutile infrangere gli specchi se basta una nuova e più complessa parvenza illusoria a restituirgli la convinzione dell’esistenza di un simile. Il minotauro cade così vittima d’ogni inganno. La funzione dell’alterità, in questo racconto, è duplice e ambigua: se dapprima l’apparizione dei fanciulli nel labirinto contribuisce a svelare al minotauro la fittizia natura delle immagini proiettate sulle pareti, in seguito sarà proprio l’apparizione d’una alterità in tutto simile alle stesse immagini appena demistificate a ucciderlo. E dunque l’inganno del labirinto fallisce, smentito dalla presenza degli uomini, ma non fallisce l’inganno dell’uomo mascherato da minotauro.

Registriamo allora l’ennesima, ormai topica attestazione degli specchi come oggetti atti almeno a discutere la natura della propria identità e l’ennesima attestazione dell’alterità come fulcro per la decifrazione della propria natura e del proprio ruolo. Emblematica, per la perfetta riuscita dell’inganno, la povera memoria del minotauro: essendo sempre vissuto nell’oscurità e nell’isolamento, è più vulnerabile alle strategie di menzogna di un altro individuo, poiché mai ha potuto incontrare o affrontare menzogne o inganni.

E così, appena intravide l’altro minotauro…“Il minotauro proruppe in un urlo, anche se fu più un mugghio che un urlo, un ululato prolungato, un muggito, un grido di gioia per non essere più l’unico, il contemporaneamente escluso e rinchiuso, perché c’era un secondo minotauro, non soltanto il suo Io, ma anche un Tu. Il minotauro cominciò a danzare. Danzò la danza della fratellanza, la danza dell’amicizia, la danza della sicurezza, la danza dell’amore, la danza della vicinanza, la danza del calore. Danzò la sua felicità, danzò la sua dualità, danzò la sua liberazione, danzò il tramonto del labirinto, lo sprofondare fragoroso di pareti e specchi nella terra, danzò l’amicizia tra animali, uomini e dei”: e fu ucciso.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.

Friedrich Dürrenmatt (Konolfingen, Berna, 1921 – Neuchâtel, 1990), drammaturgo e romanziere svizzero di lingua tedesca.

Friedrich Dürrenmatt, “Il minotauro”, Marcos y Marcos, Milano, 1987. Traduzione di Umberto Gandini. Testo tedesco a fronte, illustrazioni dell’autore. Edizione sobria ed elegante.

Friedrich Dürrenmatt, “Racconti”, Feltrinelli, Milano, 1988. Traduzione di Umberto Gandini. L’edizione Feltrinelli dei racconti di Dürrenmatt ospita, tra gli altri, titoli celebri come “La morte della Pizia”, “Pilato”, o ancora “La guerra invernale del Tibet”. Si tratta di racconti di stampo per lo più borgesiano: d’argomento fantastico, o fantastorico, o esistenzialista, sempre raffinati dalla pregevole erudizione dell’autore. Si può consigliare l’acquisto di questa edizione a chiunque intenda accostarsi per la prima volta all’universo letterario dell’artista svizzero recentemente scomparso: passo successivo, direi, la lettura del romanzo “Il sospetto”, sempre in edizione Feltrinelli, opera che annuncia, per via del meccanismo dell’agnizione e per l’argomento, la produzione narrativa del nostro Paolo Maurensig.

Gianfranco Franchi, settembre 2002.

Prima pubblicazione: ciao.com. A ruota, lankelot.