Il gregario

Il gregario Book Cover Il gregario
Paolo Mascheri
Minimum Fax
2008
9788875211813

Quattro anni dopo “Poliuretano”, seducente e rabbiosa raccolta di racconti, torna uno degli scrittori più promettenti della nuova generazione, Paolo Mascheri, aretino, classe 1978. Torna con un romanzo esistenzialista: “Il gregario”. È uno spaccato della decadenza della nazione – da un punto di vista economico-culturale, comportamentale, ideale – che lascia pochi spiragli: l’artista toscano critica contenuti e condotta delle riforme degli ultimi governi, sparando al cuore delle riforme liberiste e delle cause della recessione; attacca e critica non lo stile, ma la sostanza della vita della buona borghesia; si prende gioco della farsesca propaganda del multiculturalismo, e del mito americanoide dell’ottimismo dell’imprenditore. E intanto vellica l’esistenzialismo, come quel letterato francese:

Si considera felice? Di certo non può dire di non essere felice. In realtà, nemmeno lui sa se è felice o infelice. Tuttavia, se dovesse scegliere la condizione che descrive meglio il suo stato d’animo, sceglierebbe quella che la farmacia chiama appresa impotenza.

Prendiamo un animale da laboratorio e somministriamogli degli stimoli dolorifici inevitabili. Questi determinano uno stato di appresa impotenza in cui l’animale persino quando è libero di fuggire – la gabbia è aperta e l’animale ha di fronte a sé la libertà – rimane bloccato e non fugge” (PM, “Il gregario”, pp. 10-11).

Protagonista del romanzo – narrato in terza persona – è un giovane farmacista che cerca la sua strada: sente d’essere stato prudente, affidabile e prevedibile per tutta la vita, barattando la sua disorientante e alienante passione per le arti (ha un passato da pittore à la Bosch, e forse non ha rinunciato del tutto al sogno) con la serenità d’un’occupazione almeno economicamente gratificante.

Lavora senza passione, con (o per?) riconoscenza coatta (p. 66), nella farmacia paterna e si sente medio: nell’intelligenza, nei desideri, nella struttura fisica. Comfort e lussi non mancano: guida una BMW Cabrio, viaggia almeno due volte l’anno (all inclusive) ha abbastanza tempo libero per fare sport tutti i giorni. La sua compagna storica, Ilaria, è un pilastro della sua esistenza; il narratore è “monogamo e innamorato, ma anche decisamente insicuro”. Assieme parlano di viaggi, vivono di romantiche scopate nel weekend (routine sentita come adolescenziale, e perfetta) e cercano di comunicare le difficoltà e le insoddisfazioni della loro vita. Il sesso aiuta a smettere di pensare. In questa routine, a un tratto, qualcosa s’incrina. In coincidenza, forse non è un caso, con l’incontro con Yulia, ucraina di Odessa, escort in un night. Qualche bugia bianca, per farsi più grande. Il protagonista ha paura, forse, di ogni donna non sia Ilaria: questo suggerisce il narratore. La storia termina dopo qualche illusione di plastica; non vuole giocare al principe e Cenerentola. E Ilaria torna, e assieme vanno progettando convivenza e futuro.

Il giovane farmacista conosce compassione: per chi si sacrifica, consapevole che unica ricompensa sarà la consapevolezza del sacrificio; per chi paga le tasse, per i borghesi rapinati, per la disciplina (p. 29). In questo senso, ne ha per se stesso: altrimenti, sembra sfregiarsi con un quotidiano autodafè.

Suo padre è “il principio primo, il deus ex machina, il cuore di tutta la vita” (p. 110). Osserva crescere il figlio con pazienza e dedizione; riesce a essere presente anche nell’assenza, amoris causa. Passa le consegne in progressione gentile. Ha un’amante storica, e una sterminata serie di avventure alle spalle. La più drammatica è un incidente stradale negli anni Ottanta, quando aveva passato giorni tra la vita e la morte. Nel romanzo, vivrà una crisi coniugale: viatico alla presa di coscienza della centralità dei legami di sangue, della necessità della famiglia. Il rapporto tra padre e figlio è fondante: amore e odio, viscerale appartenenza, conflittuale rivalità – come spesso accade – e in altre parole, semplicemente, reciproca dipendenza.

Perché lui e suo padre non riescono a essere due adulti che si rispettano? Perché non riescono a essere due adulti che si parlano con calma, che cercano di spiegarsi, anziché due personaggi di Ionesco, che si dicono cose assurde, che si mandano a fare in culo e poi, in preda ai sensi di colpa, si abbracciano e si piangono addosso?” (p. 18)

Nell’opera si registrano ripetuti segnali di insofferenza nei confronti di slavi, marocchini o extracomunitari ubriachi e violenti, albanesi insolventi e negozi di ciarpame e cianfrusaglie cinesi: il narratore ridicolizza la tolleranza gratuita nei confronti di ogni ospite straniero indesiderato e aggressivo. Scrive Mascheri:

È questa l’occasione del multiculturalismo? È questa la bellezza delle città multietniche? Perché nelle arti prevale un’ideologia becera e sciocca che deve sostenere per forza di cose che il multiculturalismo è bello e che tutti gli immigrati sono buono e sfruttati? Perché in Europa non si può criticare apertamente il multiculturalismo o l’Islam senza essere considerati dei nazionalisti analfabeti? È davvero l’eco della paura dei totalitarismi o l’Europa è ostaggio di un’unica lobby di pensiero?” (p. 29)

Al di là della famiglia dei farmacisti – madre insegnante ex sessantottina inclusa, educata e dimessa ma non sconfitta, né piegata dalle cose della vita – e delle due donne, Ilaria l’amore d’una vita e Yulia l’avventura mancata, va registrata la presenza di un curioso personaggio minore e comprimario, il romano Patrizio Bertanzi: ex compagno di Università, nei giorni di Camerino, amministratore dei negozi famigliari, una casa dalle parti del Gianicolo; è una sorta di doppio – il padre, farmacista, lavora al suo fianco; sembrano spigliati e rilassati; la tenera fidanzata al fianco, in questo caso appena più giovane, e via dicendo. Soltanto, sembra questo Patrizio a trascinare il padre, e non viceversa. Questo. Si direbbe una fratellanza al di là delle distanze tra le due città, un’esistenza speculare d’ombra.

Qualche ulteriore nota, prima delle osservazioni finali. Parliamo delle citazioni: l’opera – dedicata al padre e alla madre – s’apre con un passo emblematico di J.M. Coetzee, tratto da “Il Maestro di Pietroburgo”:

Ma comunque pago anch’io. Lo ripeterebbe, se lei lo stesse a sentire. Lo direbbe ancora e direbbe anche di più. Pago e vendo: è questa la mia vita”. Omaggiati, altrove, “Memorie di Adriano” della Yourcenar e “La confraternita del Chianti” di Fante (bella la comparazione tra i Molise e i due farmacisti toscani: p. 58) e “Spoon River” di Lee Masters (p. 80), per la “boat with a furled sail at rest in a harbor”, allegoria del suo status.

Il gregario” è un romanzo di presa di coscienza: della realtà, della natura dei legami famigliari, della qualità della vita e delle interazioni sociali. Una spietata radiografia della fatiscenza e della plastica del nostro tempo, espressione limpida d’una personalità autoriale destinata a darci grandi soddisfazioni negli anni a venire; Mascheri è un lettore autentico, e un osservatore della res publica estraneo a condizionamenti ideologici – capace di bastonare comunisti e forzisti con la stessa, implacabile serenità – con una scrittura infiammata dal fuoco sacro d’una passione e d’un talento che niente, nemmeno un editing selvaggio, potrà mai spegnere. Con buona pace di chi disperava del futuro, ecco un giovane scrittore che si prenderà gioco del nulla: del nostro tempo.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Paolo Mascheri (Arezzo, 1978), scrittore italiano. Ha esordito pubblicando la raccolta di racconti “Poliuretano” (Pendragon, 2004)

Paolo Mascheri, “Il gregario”, Minimum Fax, Roma 2008. Collana Nichel, 36.

Curiosità: Il colophon include un avvertimento credo inedito: “Ogni riferimento ad attività commerciali realmente esistenti è puramente casuale”.

Gianfranco Franchi, agosto 2008.

Prima pubblicazione: Lankelot.

Sai benissimo come la penso

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