Il gioco e il massacro

Il gioco e il massacro Book Cover Il gioco e il massacro
Ennio Flaiano
Adelphi
2014
9788845929106

Flaiano presenta questo libro, composto dal racconto lungo “Oh Bombay!” e dal riuscito romanzo breve “Melampus”, sostenendo che si completano a vicenda e si riflettono l'uno nell'altro; perché il primo è la trasformazione di un uomo, il secondo di una donna. Le loro storie, spiega l'artista, sono “sempre meno improbabili in una società dove la metamorfosi è una vita di ricambio, tra il gioco e il massacro” (EF). E sono raccontate da un narratore che sembra stia già immaginando un film tratto dai suoi scritti, come spesso accadeva: la prosa di Flaiano è sempre visiva, e dialogica; le descrizioni sono fluide ed evocative; le sospensioni improvvise – per intervalli d'aforismi, di satira o di boutade – costituiscono una cifra stilistica. Come scoprirete a breve, la fortuna cinematografica è stata relativa; riservata a “Melampus” e con discreta distanza dall'opera.

La prima storia, ben scritta ma discretamente caotica, è raccontata da un narratore in prima persona, incuriosito e affascinato dai suoi incontri con Lorenzo Adamante, uno dal muso preso a martellate dal tempo, l'aria nobile e tormentata del gangster senza vocazione o dell'artista che si arrende; di professione è arredatore, è stato produttore cinematografico senza troppa fortuna. Ha 52 anni e si concede qualche avventura; ha fama di omosessualità, ma senza eccessive prove. Non sopporta più la gente – le facce della gente – e legge anche sei o sette libri insieme. È un uomo che sta sprofondando in una misteriosa e meditabonda transizione.

“In verità, nella parabola della sua vita, Bombay resta il punto luminoso della speranza, l'attimo in cui tutto si arresta e splende. Quella notte, nello sciatto stanzone dei passeggeri di transito egli era stato ansiosamente felice, impaziente di volar via. E tutto per una città che gli aveva ricordato un quadro e per un quadro che gli aveva suggerito un nome sbagliato” (p. 67)

“Oh Bombay!” è il titolo “di un oscuro surrealista della domenica, Floris Brouille”, oggetto spiagge blu e grattacieli di Wall Street minacciati da un dirigibile, e una giovane indiana dalle enormi natiche, di spalle. Quella donna lo costringe a pensare alla sua stravagante compagna, Anna Baccani detta Bac, “anima semplice” in un “corpo complesso”. Appare “lì come la luna tra le nuvole, pallida, irraggiungibile, naturale nel proporre le cose sbagliate e affascinanti di lei” (p. 51). La loro storia è giocata per “libertà reciproca e franchezza”. E per reminiscenze d'una novella boccaccesca, che a quanto pare è una possibile soluzione del caso: quella della Principessa di Babilonia e del Re del Garbo. Altro, dire non si dovrebbe e quindi non dirò.

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“Melampus”, progetto abbandondato da Fellini, successiva vaga ispirazione per “La cagna” di Marco Ferreri, è ambientato inizialmente a New York, città geometrica, “costruita in stile babilonese e abitata da americani”; il narratore, Giorgio Fabbro, ha appena lasciato l'estate di Roma. Tiene un diario. È uno scrittore pigro e lunatico, in cerca di ispirazione; un viaggiatore impulsivo. Viaggiare, dice, “è come tenere i rubinetti aperti e vedere il tempo che va viva, sprecato, liquido, intrattenibile” (p. 109).

Dell'America non capisce più niente, sulle prime; non riesce a orientarsi più. Si adagia a quel che decide la donna che lo accompagna e lo guida, Florence Baker. Ha un cocker spaniel, si chiama Melampus; e una gran voglia di matrimonio. Non potranno essere amanti troppo a lungo. Ha questo sogno borghese della vita in comune, della sicurezza figlia della presenza d'un maschio in casa. Non sembra innamorata dell'amore, sembra semplicemente in cerca di un'idea di stabilità, e di protezione. Finisce sposa di un inglese, ma lascia a Giorgio il cane. Giorgio sembra sempre sul punto di prendere e partire, per tornare in Italia; ogni volta succede qualcosa. Determinante più di tutto, al di là del suo iniziale facile ambientamento nel quartiere di NY, è l'amore con la più giovane pittrice Liza – e la vita con lei a Chappaqua, a un'ora di treno dalla Grande Mela. Vanno a vivere insieme, sembrano felici; Giorgio, soltanto, non trova l'ispirazione per creare letteratura nuova. Melampo muore, investito da un'auto. I due si erano molto affezionati. C'è qualcosa di misterioso, in quella morte; poco dopo, Liza comincia a comportarsi come un cane; e di una cagna si prende tutte le libertà istintuali, e l'arrendevolezza. Ne deriva una tenera, grottesca e strampalata storia d'amore italo-americana, degna materia – a ben guardare – per un Ferreri sembra sensibile nei confronti delle deviazioni e dei deliri femminini.

Stilisticamente, Flaiano sembra spiegare registro e tecnica di scrittura in questo passo: “Un racconto dove domina l'irrazionale e il fantastico chiede uno stile piano. Vedi Poe e Kafka. La diseleganza come unica eleganza accettabile. Scritto male e in fretta, esattamente come si scrive il biglietto alla donna delle pulizie, o la lettera nel buffet della stazione. Questo e non altro è lo stile, una secrezione naturale” (p. 170)

Spiazza un po' trovare una didascalia nel genere all'interno di un racconto irrazionale e fantastico; non so se si tratti di coscienza o di presunzione. Al cinema, ecco, non me ne sarei accorto nemmeno. Forse sarebbe stato meglio. In ogni caso, l'amore tra lo scrittore e la donna-cagna non può che restare impresso. Diciamo così: sarebbe piaciuto, per ragioni molto diverse, a Landolfi e a Savinio.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Ennio Flaiano (Pescara, 1910 – Roma, 1972), giornalista, sceneggiatore, critico teatrale e cinematografico, romanziere italiano.

Ennio Flaiano, “Il gioco e il massacro”, Rizzoli, Milano 1970.

Gianfranco Franchi, agosto 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.

“Anche le persone sgradevoli assumono nel ricordo un comportamento quasi innocente. L'idea di un mondo possibile, fatto di silenzi e soluzioni possibili” (EF)