Il fiele ibleo

Il fiele ibleo Book Cover Il fiele ibleo
Gesualdo Bufalino
Avagliano
1995
9788886081351

“Eppure la Sicilia rimane bellissima. Non conosco nessun altro luogo che riesca non tanta naturalezza a fingersi mito; nessuno che in pochi emblemi significativi riassuma la vicenda commovente dell'uomo e ne incarni visibilmente i moti più vari, sacri e profani: l'ansia di felicità, l'ebbrezza e la miseria dei sensi, il desiderio, il rimpianto, il disamore, l'amore... Una femmina è la Sicilia e chi vi è nato la sente come un doppio di sé, una pelle senza la quale si sentirebbe scuoiato e nudo” (Bufalino, “La terra degli eccessi”, incluso ne “Il fiele ibleo”).

“Il fiele ibleo” (Avagliano, 1995) è una delle ultime raccolte di racconti, articoli e prose brevi di Gesualdo Bufalino (1920-1996), il grande scrittore siciliano padre di “Menzogne della notte” e di “Diceria dell'untore”. È, in primis, una raccolta di racconti siciliani, perché è “impossibile per uno scrittore siciliano non scrivere della Sicilia: della sua gente, dei luoghi, della storia, dei vizi, delle virtù...” - racconta l'artista nel “Pre-testo”. Ed è una raccolta che va a integrare gli scritti apparsi nel volume “La luce e il lutto”, quasi fossero suo “supplemento”, almeno nella prima parte del volume, l'ondivaga e non sempre ispirata “Mestiere d'isola”. La seconda parte, “Di Sciascia, per Sciascia”, è una silloge di scritti in onore e in memoria di Leonardo Sciascia, grande amico di Bufalino, suo coetaneo, morto dopo una dura e inutile battaglia contro una malattia che di solito non conosce sconfitta.

Incipit della parte prima è “Istruzioni per l'uso dell'isola”. Sono memorie d'infanzia d'autore, meditazioni sul senso e sul significato della parola “patria”, sulla sua naturale inclinazione infantile a riconoscere patria “quest'isola in cui abitavo, a due passi dal mare, a due passi dall'Africa”, cuore del Mediterraneo, popolato nei secoli da sempre nuove nazioni egemoni: nessuna predominante, mai, e nessuna prepotente nella formazione dell'identità isolana. Sono memorie d'adulto che soffre per la prepotente presenza della mafia, e per la sua progressiva trasformazione in multinazionale del malaffare, e della violenza. Sono memorie di letterato che sente, incontrovertibilmente e inequivocabilmente, d'appartenere alla sua isola e al suo popolo più di qualunque altra cosa, e vive l'emozione di saperne l'anima popolata da tante differenti storie, e tante differenti etnie; salvo infine riconoscere patria unica la sua biblioteca, quasi sottovoce. Senza crederci del tutto.

Piacevole il terzo racconto, “Un requiem di pietra”: lirica visione dell'Etna, “solenne nella maestà delle sue nevi, nell'imponenza della sua mole, e tuttavia con un'aria di famigliare innocenza”: un vulcano innocuo, nonostante l'aspetto aggressivo, dal fascino antico e immutabile. Più avanti, incontriamo un divertente omaggio all'”Altra Palermo”: alla città nata greca come Pan-ormos, vale a dire “porto totale”, benedetta col nome di Al Kalisaq (“L'eletta”) dagli arabi, chiamata col nome di A ziz, (“Fiore”) dai fenici, Bufalino dedica parole di profonda dedizione e dolcezza, piangendo la sparizione della Palermo dalle trecento moschee, distrutte una ad una da Ruggero I, e la sparizione della Palermo del Vespro, dei Vicerè – e ricordando infine che l'identità non è mai morta, perché “il sangue che macchia l'asfalto non sa cancellare la storia”. Solare e umanissimo, infine, l'omaggio all'amata Comiso, in “Un paese speciale”. In generale, tutta questa prima parte raccoglie un numero forse eccessivo di articoletti e di scritti d'occasione che rallentano un po' la lettura, dando la sensazione che la pubblicazione in volume non fosse particolarmente necessaria. Chiaro è che quando Bufalino prende e sale in cattedra, parlando della sua isola e del suo popolo, e delle bellezze naturali e architettoniche dei paesini e delle città, la musica cambia. Onestamente non basta a mutare l'appeal del libro, ma almeno appaga un po' il lettore. In qualche maniera, l'acquisto del “Fiele ibleo” viene così giustificato.

La seconda parte, tutta dedicata a Sciascia, s'apre con “Il poliziotto di Dio”, romantico saluto al vecchio silenzioso amico, completo di squarci d'autentico lirismo: come questo... “Il silenzio di Sciascia, questa sorta di borbottata e tuttavia partecipe ritrosia, finisce col disegnare, mi pare, le strategie d'una solitudine, la quale, mentre s'arriccia su sé stessa dietro schermi di neutra benevolenza, non smette di tenere sotto il tiro e lo spionaggio del rotondo occhio pirata le mille e una parvenza della terrena Opera dei pupi. Per concludere, nessuna crudeltà, nessuna condiscendenza arrogante in questo grumo e tritume di monosillabi avari; ma il bisogno umano d'un armistizio, nell'attesa sempre delusa che un interlocutore sopravvenga finalmente a riempire l'unica casella rimasta bianca nell'interminabile cruciverba della vita” (p. 90).

Commovente il commiato dall'amico, più avanti, nelle povere, semplici e cupe “Parole d'addio”. Bufalino ricorda i tanti incontri prima e dopo un pranzo spesso cucinato dall'amico, e la sua “generosità”, la sua “delicatezza”: “la sua saggezza di vecchio, il suo candore di bambino”. Ricorda la sua grande umanità, e si ripete che l'unico conforto rimasto sono i libri. Un conforto che non basta. La sua morte, scrive in “Un solo immenso romanzo”, è stata “una catastrofe personale”. Sciascia, chiosa in “Divagando su Sciascia, il cinema, la Sicilia”, è stato un uomo che “di fronte all'irrazionale non si rassegnava ma si accaniva a tentare di disciplinarlo; che in ogni caos cercava il cosmo, un cosmo da assoggettare al rigore della ragione”. Forse per questo era riuscito a indurre più d'uno che mafioso non era a non diventarlo; forse per questo era riuscito a trasformare in lettore più d'uno che di libri non voleva sentire parlare. Ricordo migliore non poteva restarne.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Gesualdo Bufalino (Comiso, 1920 – Comiso, 1996), dottore in Lettere, romanziere, traduttore (Hugo, Baudelaire, Giraudoux, Terenzio) e poeta siciliano.

Gesualdo Bufalino, “Il fiele ibleo”, Avagliano, Cava dei Tirreni, 1995. Collana “Il Melograno”, 5.

Gianfranco Franchi, agosto 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.