Il bianco inizio e altre prose

Il bianco inizio e altre prose Book Cover Il bianco inizio e altre prose
Emanuel Carnevali
Via del Vento
2010
9788862260411

“A volte le poesie consumavano i miei pensieri […]. Ma più spesso ero afflitto e disperato. Che senso ha tutto questo preoccuparsi delle parole, pensavo, se non c'è nessuno disposto ad ascoltarle? America, immenso istituto di lavori forzati per uomini forti, quasi mi schiacciasti, ma ogni tanto ero capace di risalire la china e tornare a combattere. Non fui mai abbastanza forte da ferirti […]. C'era sempre una piccola luce splendente che mi guidava attraverso l'America, questo paese nero: sapevo di essere un poeta e avevo in animo il desiderio di scrivere” (Carnevali, “Mio fratello”: in questa edizione, p. 10).

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Sostiene Francesco Cappellini che Emanuel Carnevali (Firenze, 1897-Bazzano, 1942) fu il poeta destinato ad “andare contro”: contro il padre, e contro il proprio paese abbandonato in adolescenza, contro la lingua italiana, “perduta presto nei sordidi vicoli di New York e mai più ritrovata, nemmeno dopo in patria”, e contro la propria cultura. Carnevali spiegò, a suo tempo, perché volesse questo: in buona sostanza... “voglio diventare un poeta americano perché, nella mia mente, ho ripudiato i modelli italiani di buona letteratura”. Ma poi Carnevali andò contro la stessa poesia americana: bastarono cinque anni per imparare la nuova lingua. Sostiene Cappellini che andare contro, per Carnevali, non sia stata una scelta, ma una “vocazione”.

Carnevali non fu soltanto uno dei pochi artisti tra i nove milioni di nostri compatrioti che in vent'anni, tra fine Ottocento e primo Novecento, decisero di sradicarsi da qui. Fu il primo poeta italoamericano. Fu uno dei padri della stagione modernista americana, per via della sua influenza su artisti come William Carlos Williams: un beat ante litteram. Fu l'artista che Pound voleva come primo traduttore dei “Cantos”. Fu un ragazzino immigrato senza una lira, costretto a inventarsi un sacco di mestieri. Fu un letterato che imparò una lingua, e seppe farne arte, leggendo le insegne dei negozi. E, come scrive Cappellini, fu uno che a ventun anni era già arrivato.

“Questo ragazzo di ventun anni c'è. Lo chiamano 'black poet', e l'unica regola del suo ordine monastico è: la poesia è la vita («La lingua è una creatura, sangue, nervi, muscoli: bisogna conoscerla»). I suoi occhi spietati attraversano la follia della metropoli: «i petti degli uomini / che strisciano via / corazzati di bugie nere e blu e grigie». La stessa spietatezza che riserva per se stesso: «Nell'anima non mi è restato che un cespuglio / che oscilla e ondeggia / al vento come i capelli di una strega»” (p. 31).

Uno che a ventun anni era già arrivato. Uno che già allora poteva decidere di far tradurre i più grandi poeti italiani negli States: da Palazzeschi a Saba, da Soffici a Papini. Sembrava destinato a diventare una sorta di nuovo Rimbaud. Ma poi, nel 1920, s'ammalò. Aveva ventitré anni. Primi ricoveri. Sifilide, psicosi. Primi tentativi di recuperarlo, da parte degli amici, negli States. Speranze vane. Cappellini racconta: “La sifilide sembra scomparsa ma le condizioni non migliorano. Non può lavorare, non riesce a riprendere forze, le mani tremano continuamente, l'attenzione non riesce più a fermarsi su nulla. Nel 1922 le condizioni sono così disperate che i soliti amici gli pagano il biglietto della nave che lo riporterà in Italia” (p. 32). La sua malattia è l'encefalite letargica. Chi s'ammalava di quel morbo soffriva, spiega il curatore, “progressivo stato confusionale, disorientamento spazio-temporale, inibizione psicomotoria interpolata a episodi di agitazione psicomotoria” (p. 33). Carnevali si spense dopo una sofferenza, e uno strapiombo di delirio e faticoso ritorno alla coscienza, durato vent'anni: era il 1942. Il ragazzo prodigio se n'era andato. Come scrive in “Mia madre”: “Ma sono stato interrotto da una malattia tremenda, la più irreale e la più reale tra le malattie, chiamata encefalite, e ora non sono nient'altro che un vaso pieno di gigli, un rumore, vento, nient'altro […] Che posso dirti di me stesso, Madre, eccetto che ho sprecato nella malattia una buona metà della mia vita vera e che questa malattia picchia duro chi è già balbuziente?” (p. 5).

“Il bianco inizio” è il viatico scelto dall'elegante Via del Vento di Pistoia per restituire ai lettori italiani il piacere della lettura dell'edizione Adelphi degli scritti del povero Emanuel Carnevali, “Il primo Dio” (1978). Il curatore della plaquette VdV, Francesco Cappellini, ha scelto una serie di brani già apparsi in quel volume, tuttavia ha scelto come fronte per la sua (nuova) traduzione un libro diverso: “The Autobiography of Emanuel Carnevali”, a cura di Kay Boyle, Horizon Press, NY 1967. I pezzi scelti, a volte solo in selezione, sono: “The White Beginning”; “Mother”; “Biella e Cossato”; “My Brother”; “The Crisis”; “After The Return”. Buon viaggio.

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“L'artista non vede che il suo dominio è il vuoto, il suo impero è il mutismo, il suo regno è il disordine, la sua danza è scompiglio. Oh, gli artisti, questi fotografi dell'amore, questi cineasti a caccia di avventure! Troppe parole sono già state dette, troppe frasi scritte, troppe canzoni cantate rumorosamente, e troppi balletti sono stati danzati. L'artista parla di Dio come se fosse un parente, lo tratta come un cugino, ora per insultarlo, ora per lodarlo. Ha così bisogno di Dio l'artista, ha così tremendamente bisogno di avere un Dio che ascolti le sue parolette...” (Carnevali, “La crisi”).

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Emanuel Carnevali (Firenze, 1897 – Bazzano, 1942), poeta italoamericano.

Emanuel Carnevali, “Il bianco inizio e altre prose memoriali”, Via del Vento, Pistoia 2010. Traduzione e cura di Francesco Cappellini. In appendice, postfazione e cenni biografici, con belle foto in b/n. Collana “Le Streghe”, 13. Tiratura limitata 2000 copie. La mia è la numero 1271.

Edizione di riferimento: “The Autobiography of Emanuel Carnevali”, a cura di Kay Boyle, Horizon Press, NY 1967. IT: Adelphi, 1978, “Il primo Dio” a cura di Maria Pia Carnevali.

Gianfranco Franchi, novembre 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.