I ribelli

I ribelli Book Cover I ribelli
Sándor Márai
Adelphi
2001
9788845916090

Non sappiamo nulla delle forze che spingono persone che fino a poco prima si ignoravano a vicenda a incontrarsi per poi saldarle l’una all’altra, di punto in bianco, in modo ancor più inquietante di quanto unisca il rimorso, più di quanto siano legati tra loro figli e genitori, amanti o assassini. Si precipitarono l’uno verso l’altro partendo dai quattro angoli della classe, avidamente, come se da anni non aspettassero altro e avessero un’infinità di cose da dirsi. Si ritrovarono tutti e quattro assieme, gli stessi ragazzi che appena una settimana prima si rivolgevano al massimo una parola ogni tanto”. (Sándor Márai, “I ribelli”, capitolo “I profumi di Amadé”)

La Grande Guerra è il destino al quale i quattro protagonisti del romanzo sembrano non poter sfuggire, a poche settimane dalla maturità. Ultimi mesi della Prima Guerra Mondiale: quattro giovani borghesi ungheresi si ritrovano a vivere una fiammata d’amicizia intensa e non immune da larvali sentimenti omosessuali, nel breve periodo che intercorre tra la frettolosa conclusione degli studi e la chiamata alle armi. Vivono (non attraversano, vivono davvero, senza superarla) nella consueta linea d’ombra: incerti, estremi, insoddisfatti, crepitano di corruzione e di innocenza, guidati, per così dire, da una picaresca e grottesca figura d’attore.

Tra millanterie, piccoli litigi, furtarelli, primi amori e torrenziali fantasie a sfondo perlopiù erotico, i quattro protagonisti del romanzo sembrano rifiutare quel che sta avvenendo nel mondo per ritirarsi in una loro dimensione, quasi a voler salvaguardare la precipua importanza del vivere la vita senza bruciar tappe, senza ritrovarsi adulti scavalcando gli anni dei grandi errori e delle grandi imprese, delle improvvise desolanti disillusioni e dei primi, marginali ma dolorosi, tradimenti. Non è un romanzo memorabile, e non è neppure da lontano assimilabile a quello splendido tributo all’amicizia (e ai suoi contrasti, e alle sue contraddizioni) che è “Le braci”, certamente l’unico autentico capolavoro tra i libri di Sándor Márai finora tradotti dalla Adelphi; è un romanzo di transizione, segnato da sprazzi di bella letteratura e da bruschi capitomboli d’etica e d’estetica piccolo borghese. Non commuove e non appassiona la vicenda dei quattro giovanotti magiari, si lascia tuttavia leggere senza particolare impegno e particolare dedizione (o devozione, alla lettera).

Si comprende, in quest’ottica, come Márai abbia poi integrato questo romanzo nella saga dei Garren, come atipico antefatto e sommaria introduzione: se un giorno potremo avere l’opportunità di visionare l’intera opera, così come è stata immaginata e strutturata dall’autore, allora vedremo di analizzare diversamente il libro. Così com’è adesso, libro d’assenza di guerra ambientato in tempo di guerra, e d’adolescenza e prima giovinezza a conclusione degli anni del liceo, non è destinato ad altra lettura che non sia gradevole, borghesuccia e disimpegnata. Il confronto, ad esempio, con lo splendido simbolismo e la cruda raffinatezza della “Trilogia della città di K” della Kristof è perfino ingeneroso: in fin dei conti, in un contesto storico almeno analogo, si va a stagliare una vicenda che riesce a divenire paradigmatica per la ricchezza d’argomenti e di trattazioni: dall’identità, all’isolamento, alla guerra, alla memoria.

Stilisticamente leziosetto e pretenzioso, al solito, Sándor Márai è il cantore della borghesia ungherese e della sua Weltanschauung; come negli altri romanzi, le figure femminili risultano stranamente marginali e fragili, abuliche e apatiche, o addirittura assenti: senza voler andare a interpretare questa aporia, o, se si preferisce, questo curioso vezzo dell’autore, si può almeno affermare che è letteratura incentrata o concentrata, non solo nei suoi esiti più felici ma in ogni suo esito, sulle figure maschili o sulla “virilità”(e si virgoletta per evitare imbarazzi).

La lingua mi sembra facilmente accessibile, nonostante qualche eccesso nelle descrizioni che tende a rallentare e assopire i ritmi della lettura; altrimenti e altrove, non si va ad assopire ma ad addomesticare il lettore, per via d’un certo ritmo assunto nei dialoghi e d’una bella naturalezza nella scrittura.

Il romanzo è strutturato in sedici capitoli, tutti titolati. Nella prima stesura, era suddiviso in quattro capitoli numerati progressivamente. In sostanza, in questa edizione si è adottata la struttura e la forma dell’ultima edizione del libro, ma lo si è pubblicato come negli anni Trenta: spoglio degli altri libri che compongono la saga dei Garren, avulso ed estrapolato da un contesto.

Scelta, si può tranquillamente concludere, piuttosto infelice: passati due anni dalla prima edizione italiana, non abbiamo ancora potuto visionare le rimanenti parti dell’opera dei Garren. Perfino Adelphi sbaglia. Perché se questa è una strategia per appassionare il lettore, i tempi biblici di pubblicazione dell’opera costituiscono una pecca irrimediabile. Da leggere, allora: ma soltanto dopo aver goduto della bellezza de “Le braci”.

Ho trentaquattro facce. Oppure trentasei? Chi mi conosce? Scompaio come l’anima invisibile, sguscio tra le mani. Il mio mondo è l’immortalità, perché sguscerò via anche dalle mani della morte. Essa non conosce il mio volto. Non riuscirebbe a vedere quello vero neanche se mi sorprendesse a casa da solo” (Sándor Márai, “I ribelli”, capitolo “Prova d’insieme”).

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.

Sándor Márai (Kassa, Ungheria 1900-San Diego, California, 1989), commediografo e romanziere magiaro. Scrittore anticomunista, d’estrazione borghese e granitica vocazione letteraria.

Nell’Ungheria degli anni Trenta” – scrive Mirella Serri de “L’Espresso”, “Sándor Márai non poteva proprio lamentarsi. Era un astro letterario, un commediografo ricercatissimo, un polemista dalla penna rovente. Solo dopo la fuga dal suo paese, nel ’48, Márai vide rovesciarsi la sua fortuna. Ridotto all’anonimato, morì suicida a San Diego in California, quasi novantenne, nel 1989”.

Sándor Márai, “I ribelli”, Adelphi, Milano, 2001. Traduzione e cura di Marinella D’Alessandro.

Il libro, apparso per la prima volta nel 1930, non venne concepito come parte di un ciclo: tuttavia, fu successivamente incluso dall’autore ne “L’opera dei Garren”, una cronaca familiare che comprende “I gelosi” (1937), “Gli offesi” (1947-1948) e “La retroguardia” (1948). “L’opera dei Garren” fu pubblicata nella sua interezza solo nel 1988, a Toronto: Márai revisionò e limò i testi, come di consueto. La curatrice di questa edizione dell’antefatto de “L’opera dei Garren”, Marinella D’Alessandro, ha ritenuto opportuno attenersi alla versione più recente, nel pieno rispetto della volontà dell’autore: tuttavia, in appendice ha inserito i passi censurati, sottolineando inoltre i cambiamenti strutturali e formali occorsi nell’opera.

Prima edizione: Sándor Márai, “A Zendülők”, Budapest, 1930.

Gianfranco Franchi, maggio 2003.

Prima pubblicazione: Lankelot.