Guida al telefono critico. Il mondo della telefonia messo a nudo

Guida al telefono critico. Il mondo della telefonia messo a nudo Book Cover Guida al telefono critico. Il mondo della telefonia messo a nudo
Centro Nuovo Modello di Sviluppo
Terre di Mezzo
2007
9788861890206

2007. Sessanta milioni di cittadini italiani: ottanta milioni di contratti di telefonia mobile. 20, probabilmente, a nome Moggi. Più telefoni in Giappone che in tutti i 50 paesi dell'Africa. Si vede che in Africa non hanno niente da dirsi. Il 75% dei 700 milioni di telefoni del mondo si trova nelle nove nazioni più ricche. Curiosità che insegna qualcosa. Fermatevi un attimo: pensateci su. Interiorizzate il dato. Fatto? Avanti.

“Guida al telefono critico”, libro curato da Simone Deri e Maurizio Marulli, nasce per essere al servizio del cittadino consapevole. È un manuale strutturato in tre parti: “Il telefono fisso”, “Il telefono mobile”, “Identikit dei pezzi grossi”; in appendice, “Approfondimenti” (una linkografia ragionata).

Incipit: qualche rudimento tecnico. Deri e Marulli partono accennando all'invenzione del telegrafo di Samuel Morse (metà Ottocento), sviluppata quindi da Antonio Meucci (impulsi elettrici per trasmettere la voce: ecce “teletrofono”) e piombano presto nella contemporaneità (passaggio da analogico a digitale). Descrivono la rete telefonica come una gigantesca arteria autostradale con infinite uscite locali: ciascuno porta alle centrali cui si allacciano le linee dei singoli utenti. Ribadiscono che il telefono è un servizio pubblico: gestito, paradossalmente, qui in IT, da privati... uno in primis: Telecom, nata nel 1994, privatizzata nel 1997 (a firma Prodi; dal 2002, lo Stato ha cessato di partecipare all'azienda). Risultati? 1999: Telecom valeva 114 miliardi di euro; aveva debiti per un miliardo. 2006: Telecom vale 44 miliardi di euro; ha debiti per 41 miliardi. Tutto a posto. Hanno privatizzato anche gli elenchi del telefono (Seat Pagine Gialle), già che c'erano. Il governo Prodi non ha mai brillato per intelligenza. Proprio come il suo omologo Berlusconi.

“In posizione strategica c'è Telecom, che vanta la proprietà di tutta la rete telefonica nazionale: sue sono le centrali telefoniche, suoi sono la stragrande maggioranza dei cavi e delle linee, suoi sono i ponti radio. Ogni volta che ci colleghiamo alla presa telefonica usiamo sempre vie di comunicazione di proprietà Telecom” (p. 10). Interessante. Praticamente paghiamo sempre Telecom, anche quando non ne siamo clienti. Quasi Telecom fosse lo Stato: o meglio, quasi Telecom fosse padrona di ciò che hanno costruito coi nostri soldi. Questo ha del meraviglioso.

E cos'altro c'è di strano? Parecchio. La Olimpia, società che detiene il 18% di capitale Telecom, ha visto l'investimento economico del suo capo, Tronchetti Provera, pari allo 0,8% del capitale Telecom. In Italia funziona così: a certi livelli, 0,8%=18%. (cfr. p. 10). Più strano ancora: Tronchetti è succeduto a quello che D'Alema chiamava “capitano coraggioso”: Colaninno. Ci voleva coraggio, in effetti, a indebitare Telecom per 25 miliardi di euro in un anno (p. 12). Quasi quanto quello necessario per attribuirsi 7 milioni di euro l'anno di busta paga (Tronchetti Provera) mentre si indebitava l'azienda per altri 20 milioni di euro circa. Non male! Soluzione? Sospetto: licenzieranno il personale. All'italiana. Il personale costa! È la dirigenza che non è mai un problema.

I curatori includono una interessante sezione sui contratti (p. 14 e ss.) completa di guida alle agevolazioni tariffarie; un elenco dei prefissi telefonici – tutte le notizie sui prezzi – e tutti i dettagli sulle truffe di quelle aziende che hanno attivato d'impero servizi. Mitica la vicenda dell'ALICE ADSL di Telecom in casa di pensionati che nemmeno avevano un pc. Succede. In Italia.

C'è spazio per la denuncia dei falsi contratti a progetto nei call center (p. 27), lavoratori costretti in condizioni di precarietà insostenibili, sostenuti dalle famose legislazioni PRODI e BERLUSCONI (co.co.co, 1996; “Riforma” Biagi, 2003). Segue inchiesta sulle false retribuzioni orarie; sul lavoro non retribuito; sull'indifferenza dello Stato. E andiamo. A fianco degli imprenditori: con un capo del governo imprenditore. Così si fa. Civiltà...

Meno rilevanti, per la mia ricerca, le distinzioni tra ASDL, Wi-fi e WiMax; gli studi sulla tv via cavo; la questione VoIP (Voice over Internet Protocol), tecnologia che consente di parlare via pc, una volta connessi, come se si fosse al telefono (Skype) escludendo tuttavia (2007) telefonate di emergenza (112, 113, etc). Personalmente, tenderei a escludere Internet dalle ricerche in corso sulla telefonia mobile. Sappiate, in ogni caso, che nel libro se ne parla a dovere. Tecnologie in primis, posizioni dominanti in subordine.

Passiamo al mondo “mobile” (da pronunciare “mobail”, come gli yankee): tutto ha inizio a St Louis, Missouri, nel 1946, quando At&T e Belll commercializzano il primo servizio di radio-telefonia mobile; nel 1971, l'invenzione del microprocessore (Intel) permette la riduzione delle dimensioni delle apparecchiature. Qui scopriremo quanto sia costosa – per tutti – la fabbricazione dei microprocessori (pp. 61-62). Nel 1973, Motorola inventa il primo vero portatile: il futuro cellulare (1983 per l'esordio). Nel 1979, il Giappone inaugura il primo servizio pubblico cellulare, seguito a ruota dagli States e – man mano – dall'Europa. I curatori ci guidano nel passaggio dallo standard TACS a quello GSM, fino all'UMTS; nello strano mondo delle batterie (mai compatibili... curioso, eh?), e in quello della complessa questione del cellulare come rifiuto, e del cellulare prodotto nelle maquiladoras messicane. 1Milione e 200mila lavoratori, a basso costo (è chiaro), in pessime condizioni di salute (bimbi deformati figli dei dipendenti. Oh, America) e senza tutela contrattuale (sei incinta? Vai a casa). Per la folle cifra di 5 – dico 5 – dollari al giorno (p. 75).

Elettrosmog: nasce per l'abbondanza di antenne e di onde elettromagnetiche. Effetti? “Dopo una lunga telefonata ci si può sentire spossati, decocentrati, con l'emicrania e innervositi. Talvolta si possono sentire anche dei ronzii, un disturbo causato dal surriscaldamento degli apparati nervosi addetti all'udito” (p. 57). Perché non mostrano queste meravigliose conseguenze nei loro molteplici e favolosi spot, le nostre compagnie telefoniche? Magari Aldo Giovanni e Giacomo, o Silvio Muccino, o Abatantuono, invece di dire minchiate, potrebbero essere testimonial degli effetti dell'abnorme uso dei telefonini. Non sarebbe sbagliato. Sarebbe pure ora. Oppure, potrebbero annunciarci che certe aziende hanno smesso di massacrare cittadini precari facendoli lavorare con contratti a progetto invece di contratti a tempo determinato. Sarebbe formidabile.

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Consigli per tutti: informarsi sui comportamenti delle aziende. Fare fronte comune contro quelle aziende che sfruttano i lavoratori e deturpano l'ambiente. Privilegiare telefonini grossi: più piccoli sono, più sofisticati (e ambientalmente costosi) saranno. Non domandare apparecchi poliedrici: il cellulare è un telefono. È uno strumento funzionale: non un giocattolo per segaioli tecnomani. È uno strumento. Preferire GSM a UTMS: ha minore impatto ambientale. Infine, educare e sensibilizzare i ragazzi drogati dall'idiozia legalizzata delle pubblicità radio-televisive e sui periodici.

La terza parte include le notizie che state cercando a proposito di quelle aziende che maltrattano, spiano o diffamano i loro dipendenti. C'è chi giudica “non bene accette” le organizzazioni dei lavoratori (la LG in India), per esempio. Già. C'è chi tende a concentrare la produzione in Cina o in Messico: chissà perché. E chi probabilmente finanzia il regime comunista birmano (Samsung). Ma c'è anche chi si impegna a eliminare le sostanze tossiche dai propri telefoni (Nokia). Una buona notizia. Intanto, sappiate che parecchi si beccano denunce per pubblicità ingannevoli (ma la stampa tende a non raccontarvelo: chissà, magari per paura di perdere pagine pubblicitarie. È una teoria, eh?). Nel 2006 Vodafone ha pagato multe per 400mila euro. Wind per circa 100mila. Già: ma quanto hanno guadagnato, in compenso?

Osservate per bene quel microbo che vi accompagna ovunque. È diventato un nemico. Un nemico che pagate caro. E state pagando sempre più caro. Non sapete quanto.

BREVI NOTE

Centro Nuovo Modello di Sviluppo, “Guida al telefono critico. Il mondo della telefonia messo a nudo”, Terre di Mezzo Editore – Altra Economia Edizioni, Milano 2007.

Gianfranco Franchi, maggio 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.

2007. Sessanta milioni di cittadini italiani: ottanta milioni di contratti di telefonia mobile. 20, probabilmente, a nome Moggi. Più telefoni in Giappone che in tutti i 50 paesi dell’Africa. Si vede che in Africa non hanno niente da dirsi. Il 75% dei 700 milioni di telefoni del mondo si trova nelle nove nazioni più ricche. Curiosità che insegna qualcosa. Fermatevi un attimo: pensateci su. Interiorizzate il dato. Fatto? Avanti.