Grand Hotel

Grand Hotel Book Cover Grand Hotel
Jaroslav Rudiš
Miraggi Edizioni
2019
9788833860794

Liberec, Sudeti, frontiera ceco-tedesca. La vecchia Reichenberg dei tedeschi, rimasta "una città più tedesca che ceca", con parecchi cognomi slavizzati o giù di lì. Fleischman ha chiuso con il passato. Ha chiuso con tutto quanto. Lascia la città e se ne va, se ne va in alto, le nuvole a un passo. Nessuno ci credeva. Nessuno: nemmeno lui. Andata, è andata. Quel giorno è il suo compleanno e Fleischman sta volando. Sta volando tra le nuvole. Tra poco guarderà oltre l'orizzonte. Da quando era nato voleva volare. Voleva volare soltanto. E adesso va, lassù, oltre le nuvole. Poco a poco, Fleischman sprofonda nel silenzio e nella solitudine. Stacco.

Fleischman si presenta. È nato nel 1973, ha 30 anni. Ha un cognome tedesco, probabilmente significa "macellaio". Il nome, invece, se l'è dimenticato. Ha dovuto farlo. La sua dottoressa pensa che la vita delle persone sia come un mosaico, e che non la ricordiamo mai tutta intera. Che del passato vediamo solo frammenti. Forse è per questo che ha dimenticato certi pezzi, o confuso certe storie, vai a sapere.

Fleischman abita nell'hotel dove lavora come factotum. Sta a 1012 metri sul livello del mare, sul monte Ještěd, dove finisce la terra e comincia il cielo. Sembra una gigantesca fabbrica di nuvole. A volte, tra le nuvole, scompare per intere settimane, mesi o addirittura anni, "così nessuno lo cerca più". Quell'hotel è il "timone" della sua vita. Tutti i giorni, tre volte al giorno, registra dati sul clima, aggiorna il suo grafico, sul muro, e osserva le nuvole. "Perché il clima e le nuvole sono l'inizio di ogni cosa, di ogni dialogo e di ogni storia" – giura. "E saranno anche la loro fine". "Nuvola" è stata la sua prima parola. "Nuvola" era la sua ossessione, pure da ragazzo. Da ragazzo non piaceva a nessuno, né ai compagni né ai maestri. Fidanzate niente. Genitori morti in un incidente stradale, lui superstite. Almeno, dovrebbe essere andata così, c'erano di mezzo dei soldati russi, anche. Quattro mesi senza dire una parola, dopo il botto. Era stato adottato da un vecchio cugino sin là sconosciuto, Jégr ("Jäger", il cacciatore). Adottato con poco amore e tanto calcolo. "Non so esattamente che razza di bastardo sono. Non so di preciso cosa sia la riconoscenza. Ma so che è difficile essere riconoscente verso un uomo che vi ha trasformato in un apribottiglie ambulante", spiega Fleischman. È un soggetto bizzarro, si sarà capito. Ha solo un sogno. Uscire da Liberec e vedere tutte le nuvole del mondo, e poi forse tornare indietro. "Ma perché io possa tornare, me ne devo prima andare...".

"La mia dottoressa dice che il mio problema è molto interessante, ma che non sono l'unico ad averlo. Che i cechi sono un popolo che ha paura di muoversi. E quando si muove, lo fa malvolentieri oppure solo di poco. Dice di conoscere molte persone che, un po' come me, non riescono a spostarsi dal luogo in cui sono nate, e anche se si trasferiscono, dopo un po' tornano comunque nel luogo in cui hanno le loro radici. A quanto pare noi cechi siamo un po' come il cibo in scatola, come le sardine stipate in un barattolo di latta, quelle che Jégr a volte mangia a colazione. 'Uno deve finire lì dove è nato', dissi alla dottoressa, ricordandomi di Franz" [dal capitolo breve "Come le sardine", p. 157].

Prima edizione italiana di Grandhotel, originariamente apparso in patria, a Praga, nel 2006, per i tipi della Labyrint, salutato come il libro più popolare dell’anno dal prestigioso Magnesia Litera, nel 2007, Grand Hotel. Romanzo sopra le nuvole è stato tradotto dalla giovane Yvonne Raymann per la seducente collana NováVlna della Miraggi di Torino, diretta da Alessandro De Vito: si tratta dell'atteso sesto titolo. Va a fare compagnia a titoli notevoli come Il bruciacadaveri di Fuks o come Il lago della Bellová e a titoli ancora ingiustamente sottovalutati come Volevo uccidere J.L. Godard di Jan Němec. Come sempre, sin qua, nella storia della collana, la Miraggi è stata opportunamente sostenuta dal Ministero della Cultura della Repubblica Ceca, a dimostrazione di un'encomiabile sensibilità e di una strategia intelligente, dal respiro inequivocabilmente e sinceramente europeo.

Qui nello Stivale conoscevamo Jaroslav Rudiš, scrittore e musicista ceco, originario di Turnov, classe 1972, per due libri: per l'esordio, datato 2002, Nebe pod Berlínem (Il cielo sopra Berlino, Atmosphere, 2010) e poi per l'amaro e malinconico Helsinki, dove il tempo si è fermato, datato 2010, pubblicato qui in Italia dalla piccola Poldi Libri nel 2018. Rudiš è un eclettico: è l'apprezzato autore di una graphic novel, Alois Nebel, apparsa in tre volumi, ed è autore di diverse opere teatrali e radiofoniche, di buon successo nella Mitteleuropa. Non è soltanto eclettico: è culturalmente (e immagino etnicamente) anfibio, come si poteva intuire da questo libro e da Helsinki: da qualche tempo, ha iniziato a pubblicare sia in tedesco che in ceco. Da questo suo romanzo è stato tratto un film, Grandhotel di David Ondříček (girato tra primavera 2004 ed estate 2006), poi sceneggiato dall'artista: "There are dreamy, breathtaking panoramic views of sky, clouds, and the city of Liberic below”, si legge su IMBD. Non so quanto il film abbia potuto e saputo restituire le varie e complesse sfumature etniche che il libro rivela, andando a scandagliare i cognomi dei vari personaggi, ad esempio, o restituendo, qua e là, pezzettini di storia di Liberec-Reichenberg; immagino che il cinema abbia potuto esaltare gli aspetti più onirici e sentimentali di questa vicenda, amara, pop e grottesca, come da tradizione autoriale.

Gianfranco Franchi, "Lankelot". Gennaio 2020

Per approfondire: Rudiš in Porto Franco / Rudiš in Wikipedia

Prima edizione italiana di Grandhotel, originariamente apparso in patria, a Praga, nel 2006, per i tipi della Labyrint.