Gli archivi di Dracula

Gli archivi di Dracula Book Cover Gli archivi di Dracula
Raymond Rudorff
Gargoyle
2010
9788889541401

Postmoderno prequel di “Dracula” di Bram Stoker, il bizzarro pastiche “The Dracula Archives” apparve nel 1971; per questa sua prima edizione italiana abbiamo dovuto aspettare circa quarant'anni. L'autore, Raymond Rudorff (1933-1992), era un uomo che preferiva restare nell'ombra, e a quanto pare nell'ombra riposa; a quasi vent'anni di distanza dalla sua morte, è discretamente complicato riuscire a ricostruire notizie biografiche credibili e poggiate su fonti di prima mano. Sembra che Rudorff sia stato uno storico e un giornalista inglese, traduttore dal francese e dall'italiano. Vissuto per lungo tempo in Francia e per qualche tempo a Roma, ha pubblicato tre romanzi (“Gli archivi di Dracula”, “La dimora dei Branderson”, “Complotto a Venezia”) e tutta una serie di saggi (cfr. bibliografia, in calce) d'argomento storico, storico artistico o antropologico. En passant, segnalo che Rudorff era stato, una manciata d'anni prima del 1970, il traduttore inglese di un libro di Ornella Volta: “Il vampiro”. La Volta era andata a pizzicare antiche storie dell'Europa orientale e centrale, per scoprire cosa fossero i vampiri; si era domandata se esistessero davvero, aveva trovato fonti interessanti, voleva parlarcene. Il nostro Rudorff aveva interiorizzato a dovere le sue ricerche, non ci piove. E aveva deciso di tornare sui suoi passi.

Non è stato possibile contattare suoi eredi; sarebbe stato affascinante poter studiare le sue carte, o poter scoprire cosa si nascondesse nella sua biblioteca. L'artista non è presente in nessuna delle principali enciclopedie web mondiali; né Wikipedia, né Kjriasto. Non esiste un sito di fan, né un sito di detrattori. Non mi risulta abbiano pubblicato sue biografie; non esistono studi critici diversi a quelli riservati all'analisi dei suoi singoli libri di storia. È nominato in nazioni differenti per ragioni diverse: in Spagna è famoso per via del suo studio sull'assedio di Saragozza (“War to the death: the sieges of Saragossa, 1808-1809”, 1974), in Francia è ricordato per il suo saggio “The Myth of France” (1970) e per questo romanzo, in Italia, è spesso indicizzato nelle bibliografie dedicate ai vampiri o almeno nominato nei saggi dedicati a Dracula e compagnia mordente. E però, non esiste più traccia delle vecchie edizioni Sonzogno della “Dimora dei Branderson” e del “Complotto a Venezia”; Rudorff è praticamente sparito nel nulla. Come se non fosse mai esistito. Come se fosse stato uno pseudonimo. Come se lui fosse... voi sapete chi.

Ma per adesso restiamo coi piedi per terra. L'Università di Angers ed Ernesto Vegetti, nei loro pubblici archivi web, confermano la data di nascita e di morte che ho pubblicato. Nessun mistero. D'accordo? D'accordo.

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Stando a quanto scrive Rudorff nella prefazione al romanzo, il suo narratore – mi piace pensare sia un alter ego – ha scoperto che Stoker, in realtà, intendeva denunciare l'esistenza del vampirismo, scrivendo “Dracula”: non certo inventare un'opera di fantasia. E così, s'è accampato al British Museum e ha setacciato biblioteche di tutto il mondo, trascurando sé stesso, la famiglia e gli amici: infine, in questo libro ha assemblato materiale per raccontare la storia degli antenati e delle origini del Conte; e di come sia diventato un vampiro.

Cosa ne è derivato? Tecnicamente, uno stravagante romanzo ibrido, emi-diaristico, emi-epistolare, emi-giornalistico, emi-storico; concettualmente, una sorta di atipico incrocio tra “Dracula” di Stoker (inevitabile), il “Kaspar Hauser” di von Feuerbach (curioso) e il “Faust” (suggestivo).

Alla Stoker, e non ci piove, sono le descrizioni della transizione da donna a vampiro, nei personaggi di Adelaide e di Elizabeth: della possessione del maligno, della fascinazione per i cimiteri, delle mutazioni e dei cambiamenti di personalità; del pallore, dell'apatia, dei momenti di trance, degli incubi e via dicendo. Sempre alla Stoker, naturalmente, è la soluzione diaristica scelta per rivelare la trama e scandagliare eventi e psiche dei personaggi. Il cammeo finale di Van Helsing parla da sé. Alla von Feuerbach, invece, è la descrizione dei prodigiosi miglioramenti del piccolo Stephen, creduto ritardato: quasi come il misterioso fanciullo tedesco, Stephen scopre la vita e l'intelligenza attorno ai dieci anni, dopo aver perduto i suoi genitori. Esattamente come Kaspar, recupera rapidamente il tempo perduto, stupendo tutte le persone che ha intorno; a differenza di Kaspar, riesce a restare in vita, e a formarsi una propria personalità, forte, autoritaria, magnetica.

E poi, quel neo-Kaspar Hauser diventa neo-Faust. Memoria smisurata – fenomeno della natura. Riservato, solitario. Divora libri in biblioteca. È un giovane che non dà mai niente: riceve e basta. È impegnato in una ricerca misteriosa. È come “fuoco freddo” (non in accezione alchemica, sia chiaro). Grande passione, niente emozioni. Sogna di sconfiggere la morte. Con la conoscenza, e con la volontà. Sogna di diventare invincibile. Potrebbe riuscire nell'impresa.

Naturalmente, Rudorff gioca la carta della credibilità storica, in tutta questa giostra di reminiscenze letterarie di alto livello: la crudele contessa Erzsébet (Elizabeth) Báthory, morta nel 1614, e il Voivoda di Valacchia, Vlad V, detto “Dracul” o “Il Diavolo”, suo parente vissuto nel XV secolo, sono i segreti assi portanti dell'opera. Chi ha un'inclinazione autentica per il gotico e per il macabro può divertirsi a collazionare le fonti e a scoprire quanto poco abbia inventato a loro proposito.

Quanto altro ha inventato, allora, lo storico Raymond Rudorff, in questa sua prima incursione nella narrativa? A questa domanda deve rispondere non la vostra intelligenza, non la vostra coscienza, ma la vostra fantasia, e la vostra capacità di credere nei sogni, e naturalmente negli incubi. Sarebbe magnifico se l'autore potesse rispondere – meglio: se avesse potuto rispondere – alle vostre domande, e alle vostre curiosità. Purtroppo, non è possibile. Mi piace pensare che Rudorff abbia – semplicemente, e forse una volta ancora – deciso di prendere e cambiare nome, per confondere i lettori, i letterati e i critici, per tornare a parlarvi della storia sua e della sua sanguinaria casata sotto falso nome. Stavolta potrebbe decidere di vivere in Spagna, o in Portogallo. Dopo aver pubblicato – chi più di un immortale può farlo? - nuovi libri di storia, un bel giorno verrà allo scoperto raccontando l'infanzia e l'adolescenza del vampiro, e la sua segreta storia d'amore con una servetta gitana. Da quella storia nascerà un bambino. E il nome di quel bambino sarà Lucard.

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GLI ARCHIVI DI RAYMOND RUDORFF

RAYMOND RUDORFF (1933-1992), storico, giornalista e scrittore inglese, traduttore dall'italiano e dal francese. È vissuto per lungo tempo in Francia, e per qualche tempo a Roma.

Ha pubblicato, in narrativa: “The Dracula Archives” (1971. IT: “Gli archivi di Dracula”, Gargoyle 2009), “The house of the Brandersons: a novel of possession” (1973. IT: “La dimora dei Branderson”, Sonzogno, 1975), “The Venice Plot” (1976. IT: “Complotto a Venezia”, Sonzogno, 1977).

In saggistica: “Art treasures of the world” con Eleanor Munro (1964); “Studies in ferocity: a book of human monsters” (1969); “The Paris Spy” (1969. IT: “Guida ai piaceri di Parigi”, Sugar, 1970); “The Myth of France” (1970); “The Belle Epoque. Paris in the Nineties” (1972); “The Knights and their world” (London, 1974); “War to the death: the sieges of Saragossa, 1808-1809” (1974).

Ha tradotto in inglese “Il vampiro” di Ornella Volta nel 1965.

Raymond Rudorff, “Gli archivi di Dracula”, Gargoyle, Roma 2010. Postfazione (questa) di Gianfranco Franchi.

Gianfranco Franchi, gennaio 2010.

A Paolo.

Questo articolo appare per gentile concessione di Gargoyle. È © gargoyle 2010. A ruota, è apparso su Lankelot.