Giustiniano

Giustiniano Book Cover Giustiniano
Pietro Ugolini
Pendragon
2002
9788883421075

«“Io non sono solo antifascista” disse Giustiniano con una crosta di pane in mano, “io sono liberale, nel senso che credo nella libertà. La libertà è l’ossequio alla verità del mondo, se una verità c’è, oppure è l’impassibilità di fronte alle avversità del mondo. Scegliete voi. Io affido a voi il mio ricordo. Tra venti anni l’Europa crollerà nel fuoco. C’è poco di vero in ogni ideologia dell’uomo, e c’è poco di vero in ogni utopia del mondo. Io credo nel cuore dell’uomo. Io credo che questa sia la verità del mondo, la via da seguire per una vita di dignità e non di falsità. Il fascismo tra vent’anni crollerà nel vuoto, e dopo di lui tutte le falsità del mondo. Il fascismo crollerà perché non ha capito che cosa è veramente l’uomo e cosa c’è nel cuore dell’uomo, e a che cosa l’uomo anela in questo mondo. Non ha capito che nel cuore del mondo c’è impressa in modo indelebile, come marchio a fuoco, l’essenza ultima dell’uomo che è la verità del mondo. Il fascismo crollerà come crolleranno le prossime future menzogne sull’uomo, le ideologie dai piedi d’argilla, le false felicità che felicità non sono, le verità subdole create dal mondo. Ma l’uomo non ci cadrà, sbaglierà, si piegherà, si spezzerà forse, ma non ci cadrà mai. L’uomo è destinato solo ad abbracciare la verità sull’uomo e la verità sul mondo”» (cap. III, pp. 59-60)

L’esordio di Pietro Ugolini, scrittore bolognese classe 1967, si segnala immediatamente per due tratti distintivi: costituisce una delle prime attestazioni, se non la prima in assoluto, d’un antifascista come reincarnazione (trasfigurazione letteraria) del Cristo; testimonia come sia possibile, nel 2002, pubblicare un romanzo che non abbia nessun legame né con gli esperimenti delle avanguardie, né con i topoi, gli stilemi e i dettami delle tendenze letterarie di riferimento: la scrittura di Ugolini sembra disinteressarsi di qualunque pretesa di contemporaneità e di attualità, per sospendersi e cristallizzarsi in riprese addirittura manzoniane (esplicite in più d’un frangente) e irregolarmente e progressivamente misticheggianti. Il risultato – vediamo d’affermarlo senza perifrasi – è quello d’una prosa decisamente manierista e, per così dire, classicheggiante.

Bizantine e intrise di panismo invece le descrizioni della natura: una natura interiorizzata o interrogata, di volta in volta, a stabilire un legame indissolubile tra il protagonista, il vecchio Giustiniano, e la terra saccheggiata e violentata dalle farneticanti ambizioni dei fascisti. Giustiniano è farmacista e dottore d’un paese che non viene nominato mai. È un uomo onesto e franco: agli occhi dei camerati, ha tre macchie inestinguibili. È liberale, ebreo e antifascista.

Entriamo in un ambiente dove le case sono di sasso, e le strade tutta polvere. Nelle prime battute, osserviamo Giustiniano brindare, senza paura di niente e di nessuno, alla “salute” dei fascisti, tra gli sguardi increduli e intimoriti dell’oste e degli avventori della locanda. Lo stesso spirito ritroveremo in ogni azione del vecchio farmacista liberale, proprietario d’un piccolo pascolo ambito dai fascisti per la prossima battaglia del grano; quel pascolo, e la condotta coerente di Giustiniano, costituiscono un esempio per tutti i suoi concittadini, che sembrano essere ancora recalcitranti ad accettare le “offerte” (meglio diremmo: “condizioni”) proposte dalla locale cricca del regime.

Giustiniano voleva andare in cielo e volare; essere libero, e restituire e donare pace e serenità al prossimo. Pur iracondo, non aveva aggressività: la sua missione era quella di guarire gli uomini, non di difendersi dalla loro crudeltà.

Quando i fascisti lanciano pietre contro la sua farmacia, o quando più netta è la percezione d’essere braccato – e buona parte del romanzo può essere letta non come una fuga, ma come un’angosciante e opprimente caccia all’uomo – non muta il suo atteggiamento: il nipote, narratore in prima persona della vicenda, gli propone di prendere con sé una doppietta per difendersi. Invano.

Parte con un calesse, per congedarsi dal suo antico mondo prima d’accettare di vivere l’ultima cena con tredici antifascisti e di ripetere il martirio: è un ultimo viaggio il cui tempo è dettato da tre brindisi: alla causa dell’antifascismo, alla giovinezza perduta, alla fanciullezza. Tra profezie d’un tempo nuovo e imboscate evitate per un soffio, elegie del passato e canti interiori dedicati alla suprema bellezza della terra, accompagneremo l’uomo giusto all’epilogo della sua parabola.

La giovane Maria, figlia d’un socialista massacrato dai fascisti, potrà solo offrire riparo e tentare una disperata corruzione del capo dei suoi prossimi aguzzini, nel sogno di vedere evitata la ripetizione della tragedia di suo padre. Le nuove generazioni sono rappresentate da due figure appena accennate, e incapaci di incidere sulla sorte (“predestinata”, penseremmo) di Giustiniano: suo nipote e Maria trasmettono una sensazione di debolezza e di impotenza; l’uno, perché racconta in vecchiaia una storia vissuta troppo tempo prima; l’altra, perché sembra precipitare da una disgrazia all’altra, confidando sottovoce segrete, piccole ambizioni di integrazione e riscatto (dedicandosi, ovviamente, alle nuove generazioni).

È un libro che si sorregge su personaggi del passato che tendono, con la loro esistenza, a prospettarsi nel futuro: o come paradigmi (nel caso di Giustiniano), o come membri eticamente “puliti” d’una società nuova (nel caso della sfortunata Maria). Non è questa la sede adatta – e forse, considerando che si tratta di letteratura, poco conta davvero, in assoluto – per esternare un giudizio estetico ed etico sulla scelta autoriale di integrare, in maniera così limpida e semplice, atti e parole del Cristo in un personaggio romanzesco: e in un contesto così straordinariamente politico, pure solo sfiorato dall’ideologia. La percezione estetica d’una sassata che va a ferire l’inconscio del lettore è tuttavia netta e irrefutabile. Sta di fatto – cristiana o meno che sia la parabola del liberale ebreo Giustiniano – che questo personaggio va a stagliarsi come esempio di umanità, integrità, coerenza, coraggio e impegno; e in tempi di letterature omicide, di ombelichismi, di prose uterine e di indagini seriali, un romanzo del genere non può che essere lodato e apprezzato. Dedicato alle nuove generazioni – strizzando l’occhio ai puristi.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Pietro Ugolini (Bologna, 1967), scrittore italiano. Vive a Bologna, dove lavora presso uno studio legale.

Pietro Ugolini, “Giustiniano”, Pendragon, Bologna 2002. Postfazione di Roberto Roversi. Con una Nota dell’Autore.

Gianfranco Franchi, luglio 2004.

Prima pubblicazione: Lankelot.