Fino a diventare uomini

Fino a diventare uomini Book Cover Fino a diventare uomini
Thomas Brussig
66thand2nd
2010
9788896538043

“La sapete una cosa? Da trent'anni faccio l'allenatore e vi dico che è questo il senso del calcio. Noi non siamo capaci di giocare a calcio. L'uomo non è fatto per il calcio. Un calciatore è condannato al fallimento. E un allenatore di calcio lo è a maggior ragione, se per anni al suo gruppo – pulcini, esordienti, giovanissimi, allievi, juniores fino a farli diventare uomini – vuole insegnare qualcosa che non potranno mai fare perché non lo sapranno mai fare. Solo che per ora nessuno l'ha capito. Perché il fatto che tentiamo di fare cose che tanto non sappiamo fare rientra nella normalità. Non ci troviamo niente di strano a occuparci di cose inutili, per ore e ore, per mesi, per una vita intera...”

“Uomini! Il calcio è tutto!”, è il grido di battaglia dell'io narrante, l'allenatore di calcio protagonista assoluto di Fino a diventare uomini (66THAND2ND, 90 pp, euro 10) dello scrittore tedesco Thomas Brussig, originario di Berlino Est, profondamente intriso dello spirito antagonista della vecchia DDR. Il calcio è tutto, soprattutto dal momento in cui ha cominciato a incarnare l'unica opportunità di credere in qualcosa di inamovibile: sgretolate le ideologie, abbattuti o camuffati i vecchi partiti, distrutte tante delle vecchie regole e abitudini, e alterata la Weltanschauung dell'Occidente, a tanti cittadini non è rimasta che la squadra di calcio da tifare. Quella, almeno, non può cambiare nome; quella, almeno, non cambierà colore; quella, almeno, combatterà le battaglie di sempre. Brussig suggerisce che il calcio ha sostituito la politica, a livello di partecipazione, di adesione totale – quasi religiosa – e di concentrazione e dedizione, proprio per via dello smottamento dell'Europa, e della sua Germania. Mancanza di rappresentatività? Scarsa o nulla coerenza? Vuoto di credibilità? Questioni che riguardano partiti e idee politiche, non le squadre di calcio. Il vero tifoso critica la dirigenza, non la maglia. Il vero tifoso critica i giocatori che non s'impegnano, non la squadra. Il vero tifoso è inequivocabilmente monogamo: nel bene e nel male. Qualunque cosa gli accada, il giorno dopo si risveglierà e troverà la sua squadra al suo fianco.

Partendo da questi presupposti, l'artista tedesco sceglie di raccontare il calcio (e la società occidentale, non solo tedesca) attraverso una delle poche figure professionali capaci di forgiare e plasmare una squadra: l'allenatore. È un allenatore di cinquant'anni, ex calciatore di discreto livello, gambe storte e pancetta da buon bevitore di birra, convinto di poche cose ma con granitica certezza: che in certe circostanze ai giocatori servano disposizioni chiare e precise, altrimenti crepano di paura e giocano soltanto col cuore; che il calcio rappresenti e incarni il carattere nazionale; che la sua squadra sia tutto, per lui, che sia come una famiglia.

Già: è uno che ha scelto di crescere assieme alla squadra, di restargli accanto, di informarsi su tutto quel che riguarda la vita dei suoi ragazzi. Perché li ha presi che erano pulcini e li ha accompagnati, categoria dopo categoria, sino al loro primo vero campionato dilettantesco adulto. E li ha cresciuti insegnando loro che non stavano semplicemente giocando a calcio: stavano sfidando i tempi, “che sono sempre stati contro di noi, sempre”. E li ha cresciuti predicando che per vincere servivano unità e disciplina, perché il calcio è un gioco di squadra. Mica è il tennis. E in un'epoca in cui tutti vogliono essere creativi e primedonne l'arte dell'obbedienza è fondamentale. L'allenatore è quello che insegna ai giocatori a essere uniti come un corpo soltanto: è quello che ricorda loro quanto fondamentale sia obbedire ed eseguire gli ordini. Altrimenti si perde: perdere non piace a nessuno. Altrimenti ci si sfalda; e allora si viene distrutti.

Discretamente sessista, l'allenatore è convinto che più sono emancipate le donne peggio è; il guasto, in ogni caso, rimane che le donne e il calcio sono mondi incompatibili. Dimostrazione incontrovertibile: non esistono allenatrici di calcio professionistico. Forse perché un mister deve gridare, deve sapersi fare sentire; oppure perché le donne non sanno abbandonarsi all'irrazionalità dell'entusiasmo, si ripete. Oppure perché – e si direbbe che sia questa la vera causa – il nostro allenatore ha alle spalle un divorzio che non ha mai digerito, pure per via del fatto che suo figlio è stato assegnato alla sua ex moglie. Ne è derivata una monomania mica da poco: “Io non so cosa significa passare del tempo con la famiglia. Si fanno passeggiate? Si parla? Cose così servono solo per ammazzare il tempo, sono una farsa. Non sono minimamente paragonabili al calcio. Il calcio è unico. È da scemi ma è così” (p. 29). Già. Come la politica. Quella d'una volta.

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Brussig, come già in “Litania di un arbitro” (“Schiedsrichter Fertig. Eine Litanei”, 2007; IT, 2009) giostra un buon colpo di scena finale, decisamente extracalcistico, dal sano retrogusto ideologico. Il suo capitano viene condannato da un giudice (donna...) per aver rispettato gli ordini ricevuti dai suoi superiori, mentre era soldato, guardia alla frontiera. Giusti o sbagliati che fossero, ripete l'allenatore, quelli erano gli ordini: in campo, da quando era bambino, Heiko si comportava così, fedele alla linea dettata dal suo mister. Cose che una donna non può capire, borbotta. E forse pensa a sua moglie, o forse s'inventa una scusa per non ammettere la sconfitta. La sconfitta brucia. Sempre.

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In appendice, il monologo Calcio e nazione (2008) e una ricca nota editoriale (Dov'eri quando segnò Sparwasser?) fondamentale per una corretta e organica comprensione del testo. Buon viatico al Mondiale di Calcio in Sudafrica, amara allegoria della non del tutto immotivata odierna centralità del pallone, Fino a diventare uomini è una lettura spiazzante e trascinante. Credibile.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Thomas Brussig (Berlino Est, DDR, 1964), scrittore, drammaturgo, saggista e sceneggiatore tedesco. In IT, Mondadori ha pubblicato “Eroi come noi” e “In fondo al viale del sole”. È stato tradotto in 29 lingue.

Thomas Brussig, “Fino a diventare uomini”, 66THAND2ND, Roma, 2010. Traduzione di Elvira Grassi e Kathrin Thienel. Collana “Attese”, 4. In appendice, nota editoriale: “Dov'eri quando segnò Sparwasser?”.

Prima edizione: “Leben bis Männer”, 2001.

Approfondimento in rete: WIKI en / Brussig su YOUTUBE / Sito di TB

Gianfranco Franchi, giugno 2010.

Prima pubblicazione: FareFuturo Web Magazine. A ruota, su Lankelot.

“Uomini! Il calcio è tutto!”, è il grido di battaglia dell’io narrante, l’allenatore di calcio, protagonista assoluto.