Eroine

Eroine Book Cover Eroine
Claude Cahun
duepunti
2011
9788889987605

Lucy Schwob, nipote del grande Marcel, padre delle adelphiane “Vite immaginarie”, rinunciò al suo nome, se ne spogliò, disinvolta, e divenne Claude Cahun; scelse il suo nuovo nome per diventare, come insegna il letterato siciliano Roberto Speziale, un'eroina sconosciuta, e combattere il nazismo che flagellava la Francia, e difendere la sua essenza; la sua essenza complessa e misteriosa di donna, di ebrea, di democratica e di libera cittadina. La sua essenza di artista avrebbe rivoluzionato l'idea stessa dell'autoritratto, in fotografia; la sua anima partigiana sarebbe scampata alla condanna a morte a un passo dall'esecuzione, nel maggio del 1945. Una vicenda leggendaria.

“Eroine” (duepunti, 124 pp., 12 euro. Trad. di Elena Paul) è una raccolta di quindici novelle, scritte tra 1920 e 1924, originariamente apparse, oltralpe, nel 1925. Nelle parole dell'ottimo postfatore, Speziale, l'artista francese “procede per vie interne (ancestrali), scava nel mito e nella storia e sceglie donne esemplari di cui ricostruire vite immaginarie secondo la lezione dell'amato zio”. Queste sue eroine sono meravigliosamente folli, ribelli e incresciosamente autodistruttive. Tutte letterarie, giocano il gioco del disorientamento.

Eva, la prima della sequenza, è raccontata in una protofenogliana lingua, un francese ibridato a un inglese pubblicitario, buffo e terribilmente istantaneo; Dalila, la seconda, è una che dice che non conosce e non desidera conoscere gli uomini, che sogna di restare sempre vergine, e selvaggia, ma va incontro, con Sansone, al suo disastro interiore; Giuditta, la terza, incarna il dramma d'una donna condannata a distruggere tutto quel che ama, “criminale fin dall'infanzia”. È il dramma d'una donna fatalmente incompresa: la Cahun scrive che mentre il popolo va ad acclamarla, Giuditta soffre: “Le sue parole non furono affatto capite, e neppure sentite. La gioia di una folla ha mille bocche – e nessun orecchio”.

Avanziamo, per la galleria delle eroine della matta e nobile nipote di Schwob. La quarta è Penelope, “l'accenditrice”: piena d'amore per tutti i maschi che domandano di averla, non sa rifiutarne nessuno; e quando il grande viaggiatore torna a casa, lei mantiene la promessa che s'è fatta – di amare il poeta Femio, nella complice negligenza di Ulisse. Viene quindi Elena, la ribelle: il suo fascino è la menzogna. E Saffo, l'incompresa: l'artista è cosciente d'avere una sola felicità, e che essa è la creazione – non importa di che cosa. “I miei fianchi larghi potrebbero contenere un popolo”, giura. Disgustata dai poeti, finisce per scoprire la necessità della distruzione: rinuncia a creare “perché nessun essere vivente può tenersi in piedi, immobile, sulla ruota del destino”.

Viene quindi Maria, madre del Cristo, che rimpiange che suo figlio niente abbia scritto, e tutto abbia lasciato scrivere a chi lo aveva amato. E poi Cenerentola, la bambina che rovescia il mondo, e che sogna di diventare adulta per potersi dare ai disonesti, e ai corrotti, perché non ha dimenticato la realtà, e non ha dimenticato la miseria, e non vuole che la carne diventi una bugia. E poi Margherita, e la sua tragedia incestuosa, e Salomè, che ha compreso che la vita va tradita, per poter essere artisti, e la Bella, che dopo aver assaggiato la carne della Bestia non vuole più saperne degli altri uomini.

Nothombiana ante litteram, Lucy Schwob sa essere crudele e lasciva, ispirata e femminile; sa raccontare la bellezza della carne, e quella dello spirito; sa disarcionare con grazia pregiudizi e attese del pubblico, e scrivere con incresciosa naturalezza, e grande facilità. L'ultimo frammento, dedicato all'androgino, è una pièce che non venne mai pubblicata nella versione originaria e apparve soltanto, rimaneggiata, in un frammentario memoir del 1930, “Aveux non avenus”. L'editore italiano, la aristocratica e sensibile duepunti da Palermo, ha restituito il testo alla sua originaria posizione, scelta dall'autrice ab origine. Un'altra lezione di stile da non dimenticare.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Lucy Renée Mathilde Schwob, alias Claude Cahun (Nantes, 1894 – Saint-Hélier, isola di Jersey, 1954), artista d'avanguardia francese. Fotografa, scrittrice, era la nipote del grande Marcel Schwob. Fu partigiana.

Claude Cahun, “Eroine”, duepunti, Palermo, 2011. Traduzione di Elena Paul. Postfazione di Roberto Speziale.

Prima edizione: Héroïnes: 'Eve la trop crédule', 'Dalila, femme entre les femmes', 'La Sadique Judith', 'Hélène la rebelle', 'Sapho l'incomprise', 'Marguerite, sœur incestueuse', 'Salomé la sceptique', Mercure de France, No. 639, 1 February 1925. Héroïnes: 'Sophie la symboliste', 'la Belle', Le Journal littéraire, No. 45, 28 February 1925.

Approfondimento in rete: sito ufficiale di Claude Cahun / wiki

Gianfranco Franchi, novembre 2011.

Prima pubblicazione: “Il Riformista”. A ruota, Lankelot.

Lucy Schwob, nipote del grande Marcel, padre delle adelphiane “Vite immaginarie”, rinunciò al suo nome, se ne spogliò, disinvolta, e divenne Claude Cahun…