Elisabeth

Elisabeth Book Cover Elisabeth
Paolo Sortino
Einaudi
2011
9788806205911

Sadico, crudo e morboso, “Elisabeth” è una caduta a strapiombo nel male: una singolare, atroce rappresentazione di un fatto di cronaca realmente accaduto, un incesto e una prigionia durate per ventiquattro anni, complete di sette figli e di un omicidio: è quel fatto cupo e disumano che i media hanno faticato a raccontare, per via della rara convergenza di fatti maligni in un microcosmo; infine, hanno cercato, pietosamente, di insabbiare [avete dimenticato tutto? Navigate in Wiki: Caso Fritzl]. Lo scrittore romano Paolo Sortino, giovane letterato classe 1982, ha pensato di fare letteratura di questa vicenda: dando prova sia di un eccezionale cinismo, sia di un'abnorme, inumana pietà. Perché raccontare qualcosa di così buio e di così vero non è un gioco estraneo al cinismo e alla speculazione, e non è un'impresa estranea alla compassione e alla pietà. È una forma di pietà probabilmente così alta che io, che mi limito ad ammirare i santi, neanche riesco a vedere.

Qualche anno fa – ventitrè anni fa – negli Stati Uniti un romanzo simile a questo, “The Girl Next Door” di Jack Ketchum, pseudonimo di Dallas Mayr, andava a fare da battistrada all'esperimento di Sortino. Ketchum trasfigurava la grettezza, la bassezza e la malvagità di certa provincia nordamericana, raccontando una storia di violenza, prigionia, stupro e tortura, con una ricchezza di particolari e di dettagli che non dovrebbe essere sfuggita al nostro compatriota, e potrebbe averlo ispirato nella stesura di questo sinistro romnzo. A differenza di Sortino, però, Ketchum difendeva sé stesso, la sua anima dico, e i lettori, garantendo la presenza di un osservatore, come dire, “non del tutto colpevole”, incapace di macchiarsi delle colpe di tutti gli altri. Sortino, invece, con coraggio folle, o con assurda sfrontatezza, non ha previsto barriere. In “Elisabeth” [Einaudi, 2011] si sprofonda nel male e si esce dalla lettura grondando sangue e gridando “basta”. È un'esperienza di incontrovertibile degrado. Intossicante, e avvilente. Una crudezza simile s'era respirata nell'esordio di Alcide Pierantozzi, “Uno indiviso”: ma la terrificante coincidenza tra fatto di cronaca raccontato e trasfigurato, come in questo caso, stabilisce i presupposti per poter dire: oltre Sortino, probabilmente, in letteratura italiana, non plus ultra. Dico “probabilmente” perché, a questo punto, qualcuno potrebbe voler raccontare lo sterminio di milioni di cambogiani nello sguardo idiota di Pol Pot, per dire: o lo sterminio degli ebrei nello sguardo di Hitler, o lo sterminio degli armeni e dei greci nello sguardo di un nazionalista turco. Per dire. E magari farne letteratura. Fate: io, onestamente, non vi seguo.

Siamo in un bunker di trentacinque metri quadri, alto uno e settanta. Due stanze. Un lavabo, un bagno. Bunker antinucleare, cittadina di Amstetten, Austria. Un uomo ha rapito sua figlia, la tiene segregata in quelle due stanze. Questo perché è pazzo, e ha un'ossessione. Quell'ossessione è il sesso. È il sesso di sua figlia. “Per anni, nei corridoi di casa, aveva inseguito il suo corpo candido, perfetto, i seni dei quali si riempiva le mani, l'odore dei capelli, lo spessore tenero dei fianchi, le labbra e il disegno delle spalle. Adesso, finalmente, avrebbero potuto capire quanto assurdo fosse stato desiderarla come una donna per tutto quel tempo” [p. 53].

Josef ha una sola disciplina. La violenza. Non conosce scrupolo, non conosce limite. Non ha coscienza. Ha solo allucinazioni di megalomania. Vuole “risalire tutte le età dell'uomo fino al luogo in cui lo scorrere del tempo rallenta e da dove, ammesso che egli sopravviva, si assiste alla nascita di ogni cosa”. Sortino scrive che quell'uomo vuole spingersi sin dentro l'occhio di Dio. La ragione non viene chiarita. Josef, già condannato a diciotto mesi di galera per aver stuprato altre due donne, ha abituato sua figlia alle molestie da quando era ragazzina. La madre non sapeva arginarlo. Elisabeth, al principio di questo incubo, non ha nemmeno diciotto anni. È profondamente infelice. Sta per diventare incredibilmente disperata. Sta per sentirsi oscena. Sta per sentirsi sporca. Non ha colpe, ma è predestinata al disastro e alla cattiveria.

Dopo una delle prime violenze, in bunker, Sortino scrive che Elisabeth “vide un uomo preistorico e rimase scioccata, l'era più selvaggia tra quelle vissute dall'umanità, la natura mostruosamente viva. Vide l'universo nel quale il padre voleva condurla” [p. 41]. E si ritrovò a replicarlo a oltranza. Passano i primi nove mesi di violenze, “rastrellamenti notturni, punizioni inflitte per aver tentato più volte di adularlo. Furono catture, torture, macellazioni. Vecchi e nuovi sacrifici [...]” [p. 63]. E fu così che Elisabeth divenne il bunker. Perché era stata smantellata da suo padre. A quel punto, “lei e la prigione erano fatti della stessa sostanza” [p. 71]. E tre anni e mezzo più tardi, di quel mondo sotterraneo “era diventata il principio e l'infinito” [p. 81]. Tra stupri, pestaggi e gravidanze, il delirio assurdo di quella vita malata non accennava a terminare. Quattro figli. Fermiamoci qua.

Giorgio Vasta ha scritto: “Elisabeth è sbalorditivo. Era da tantissimo che non leggevo una scrittura di questa intensità. Storpia, sgraziata, autarchica. Lingua e storia qui sono un geroglifico, sono traumatiche nella misura in cui sono originarie. Il romanzo di Sortino ha il coraggio inconsapevole e perfetto di un incendio che divora i corpi e il tempo”.

Al di là dei corpi, al di là del tempo, al di là del bene e del male – mi domando – cosa esiste, cosa c'è? E cosa abbiamo dimenticato, dopo questo maledetto Novecento, del senso, dei significati e della necessità della scrittura? Ha senso mostrare la bassezza e l'animalità di cui l'umanità può essere, in un caso su un miliardo, capace? Ha senso farne un romanzo? Chi migliorerà? Chi consolerà? Cosa edificherà? Cosa eviterà? Chi finirà per intrattenere?

Io credo che la letteratura sia speculare alla nostra civiltà. È un pensiero che in questo momento mi fa diventare matto, e quindi io mi fermo qua.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Paolo Sortino (Roma, 1982), scrittore italiano.

Paolo Sortino, “Elisabeth”, Einaudi, Torino, 2011.

Adattamento cinematografico: in corso di realizzazione.

Gianfranco Franchi, febbraio 2012.

Prima pubblicazione: Lankelot.

Sull’impressionante esordio di Sortino…