Due volte la cometa

Due volte la cometa Book Cover Due volte la cometa
Ernst Jünger
Guanda
1989
9788877463852

“La luce non si spegne, viene riassorbita dalla luce primordiale. I fenomeni ritornano alla loro patria d'origine” (Jünger, “Due volte la cometa”, p. 38).

1986. Il novantunenne Jünger, in magnifica forma, una bottiglia di vino rosso e qualche sigaretta al giorno (ma senza aspirare), viaggia, tra aprile e maggio attraverso Malesia e Indonesia: sogna di poter rivedere la cometa di Halley, che aveva già osservato, bambino, nel 1910. Accade. “Halley spiccava nel cielo, nitida proprio come settantasei anni fa a Rehburg, quando l'avevo veduta insieme con i miei genitori e i miei fratelli” (p. 26). La cometa gli sembra più grande ma meno imponente di allora, quasi fosse un gomitolo di filo; naturalmente, l'evento sprofonda l'artista tedesco nei ricordi. Suo padre immaginava che il più giovane dei suoi fratelli, Wolfgang, avrebbe potuto vedere ex novo quello spettacolo, tanti anni più tardi: il destino volle fosse il primo a morire. Ernst ha preso il suo posto, e medita sul senso della vita, e dell'esistenza dell'aldilà, e della vita dell'anima. Soffre per non avere un nipote al suo fianco, per prepararlo per bene al prossimo passaggio: 2062.

Intanto, stabilisce un fascinoso parallelismo letterario: Mark Twain era venuto al mondo assieme alla cometa di Halley, nel 1835; dal mondo se ne sarebbe andato assieme a lei, proprio nel 1910. Curioso.

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Kuala Lumpur: la città che detiene il record dei temporali, e che offre a un appassionato di fiori e piante come Jünger tutta una serie di meraviglie naturali da apprezzare e catalogare. Intanto, lo scrittore ammira la bellezza dei cinesi: “La pelle liscia e levigata, il suo splendore 'lunare', bambù e giada, riflettono la calma serena di un'opera d'arte cui nulla manca e nulla è da aggiungere. La mia inclinazione per loro è proprio quella che si ha per un'opera d'arte” (p. 11).

Gli ultimi edifici dell'epoca coloniale hanno lasciato il posto allo stile internazionale. Jünger cerca tracce delle antiche osservazioni di Hesse; lo svizzero raccontava di una buona rete ferroviaria, piantagioni di caucciù, pochissime automobili e molti risciò: sembrano passati secoli interi. Da Kuala Lumpur si passa in montagna, si va a Fraser's Hill: ex residenza del governatore inglese, oggi patrimonio statale della Malesia, si trova in un territorio ancora poco sicuro. Quei partigiani rossi che nel 1950 uccisero il governatore con la sua scorta ancora oggi si scontrano con le forze dello Stato. I cinesi li sostengono con le informazioni, non più con le armi (p. 22).

Indonesia. Eccoci a Medan, capoluogo di Sumatra, seconda isola dell'arcipelago malese; e di lì a Samosir, abitata dall'antica stirpe malese dei Batak, immortalati dal navigatore portoghese de Barros come “il popolo più crudele del mondo”, composto da cannibali e cacciatori di teste (p. 42). Sino al 1921 divoravano i missionari e i loro stessi genitori, quando erano abbastanza vecchi. Oggi sono convertiti alle religioni monoteiste e si direbbe si siano dati una calmata. Non ci giurerei.

Sumatra. Dodici anni dopo, finalmente riesce a vederla. Da quelle parti hanno da poco scoperto una farfalla che porterà il suo nome; è uno scambio di gentilezze tra “entomologi purosangue”. Di lì Ernst punta Siantar, dove lo sguardo spazia “oltre i boschetti di gomma, di cacao e di palme da olio, fino alle capanne sparse lungo l'orlo della foresta. Le papaie che crescono all'intorno subiscono durante la notte gli assalti di scimmie e di grandi pipistrelli” (p. 62). In generale, osserva lo scrittore tedesco, le città tropicali si sono estese in piena anarchia; gli slums si affiancano alle vecchie capanne, “dal tetto dei grattacieli si abbraccia con lo sguardo un verde panorama i cui nuclei 'evoluti' sono collegati da arterie di traffico” (p. 88).

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E ora qualche curiosità. Vecchissimo ma niente affatto esausto di viaggiare e di scoprire cose nuove nel mondo e nella vita, Ernst non nasconde, nella meraviglia, qualche angoscia per il volo: “Là dove il filo della razionalità si assottiglia, si potrebbe interrogare l'oroscopo: esistono costellazioni che sconsigliano i viaggi per mare, altre i viaggi aerei. Si narra anche di presentimenti quanto mai attendibili. Si legga Thornton Wilder, The Bridge of San Luis Rey” (p. 7).

Medita sulla sua vita da lettore: “Non posso neppure immaginare un solo giorno senza lettura, e mi domando spesso se io, in fondo, non sia vissuto da lettore. Se è così, il mondo dei libri sarebbe l'unico per il quale l'esperienza vissuta rappresenti la sperata conferma, e nulla più – e questa speranza sarebbe sempre delusa” (p. 41).

Questo è quanto. Consigliato agli aficionado di Jünger, e agli entomologi. Soprattutto agli entomologi: credo che al loro sguardo questo quaderno di prose di viaggio diventerà un quaderno di prose liriche. Quella lirica, personalmente, non la capisco affatto.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Ernst Jünger (Heidelberg, 1895 - Wilflingen, 1998), scrittore e filosofo tedesco. Esordì pubblicando “Nelle tempeste d'acciaio” nel 1920. Studiò Filosofia e Scienze Naturali a Lipsia.

Ernst Jünger, “Due volte la cometa”, Guanda, Parma, 1989. Traduzione di Quirino Principe. Collana “Prosa contemporanea”.

Prima edizione: “Zwei Mal Halley”, 1987.

Approfondimento in rete: WIKI It

Gianfranco Franchi, novembre 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.