Donna per caso

Donna per caso Book Cover Donna per caso
Jonathan Coe
Feltrinelli
2012
9788807881121

The Accidental Woman” (1987) è stato il romanzo d’esordio del ventiseienne Jonathan Coe. È un romanzo di formazione certamente insolito e non convenzionale, fondamentalmente per due ragioni: in primo luogo, per via delle frequenti intrusioni del narratore – in prima persona, onnisciente ma, in senso stretto, extradiegetico – e per il suo inatteso e reiterato rivolgersi al lettore, quasi a volerlo chiamare al suo fianco, da pari a pari, ad un giudizio sulle vicende della protagonista; estraniandosi dunque, in un certo senso, dalla “responsabilità” della creazione della protagonista, Maria. In seconda battuta, per via della stravagante dedizione alla disillusione e della inerme e inerte consegna nelle mani del destino, che sembrano essere le colonne portanti dell’esistenza di Maria; adolescente di grande intelligenza e grande talento, ma priva di qualsiasi volontà e di una pur embrionale determinazione.

Maria non è nemmeno debole: Maria è una foglia combattuta tra sempre diversi venti; sin da quando la incontriamo, giovane “sulla soglia della femminilità”, prima allieva della sua scuola ad essere ammessa ad Oxford, orgoglio dei suoi maestri e soddisfazione dei suoi genitori, non percepiamo nessun segno di entusiasmo, di contentezza e, in generale, nemmeno di “partecipazione agli eventi” altro che non sia quello abulico, apatico e amorfo che rivolge ad ogni sfera dell’esistenza. I compagni la chiamano Moody Mary: a distanza di una decina d’anni, questo indovinato nomignolo verrà ri-coniato in contesto lavorativo, con eguale fortuna. È una figura che definire tetra sarebbe ingiusto: semplicemente, sembra essere uno strumento consapevole d’essere uno strumento; non ha colore diverso da quello che il destino, o il suo burattinaio, deciderà che abbia.

Maria è quieta e riservata, fino ad apparire placida. Scrive poesie che andranno bruciate in un incendio, nel 1982, dodici anni dopo il principio della storia; si confida col gatto, perché sa che per lui i suoi segreti non hanno nessun significato, e le piace leggere nei suoi comportamenti segni d’una comprensione più alta della realtà, e degli eventi. Ha un fratello violinista, con cui non parla affatto. Maria vive in una dimensione statica e cristallizzata – nel corso del romanzo della sua vita, assisteremo semplicemente a passaggi di dimensione, non a cambiamenti; è come assistere, visivamente, al sovrapporsi di lastre dipinte con nuovi e differenti colori, con nuovi personaggi in primo piano e altri che guadagnano lo sfondo o escono di scena. I personaggi raffigurati in queste lastre sembrano pretendere e agognare dinamismo; la disincantata e disillusa Maria tutto osserva e si lascia scivolare addosso. Nemmeno il sesso ha altro significato, al suo sguardo, d’un sintomo d’una bramosia derivata da una solitudine terribile (p. 16). La musica le sembra decadente dall’amaro giorno della morte di Bach. Una sua compagna, anni più avanti, dirà con chiarezza: “Nulla ti emoziona. Nulla ti diverte. Nulla ti commuove” (p. 40). Maria, semplicemente, sopravvive a se stessa.

Accompagneremo la protagonista attraverso gli anni di Oxford, tra compagne di camera che parlano a valanga ma solo per intervalli irregolari; a volte esperte nell’odiosa arte del pettegolezzo, altre intrise d’un femminismo non estraneo al saffismo, altre ancora perdute nell’ondivago gioco della seduzione e della conquista dei compagni di studio. Maria non sa cos’è l’amore: sa che l’unico ragazzo che sembra innamorato di lei, Ronny, tende a prostrarsi noiosamente ai suoi piedi, e che le sue proposte di matrimonio sono assolutamente inaccettabili. Avrà dei legami: non sempre platonici, regolarmente sfortunati. Si ritrova sposata, con un figlio e due tentativi di suicidio alle spalle, senza nemmeno accorgersene. È rimasta l’adolescente depressa e lunatica che doveva partire per Oxford, e scriveva versi che nessuno avrebbe potuto leggere mai. La solitudine e l’indifferenza di Mary sono talmente predominanti che spesso il lettore ha l’impressione di poterla percepire e immaginare come uno spettro di carne: che avanza mugolando tra le pagine, lo sguardo rivolto a terra (perché il cielo, evidentemente, non è mai stato tanto di carta: chissà?), sfiduciata e convinta della vacuità e della caducità d’ogni cosa.

Jonathan Coe sembra aver tratteggiato il ritratto del malessere delle adolescenti del nostro tempo – emblematica, a questo proposito, l’ambientazione negli anni Settanta, padri del rovescio nichilista e del trionfo dell’inerzia (e, forse non troppo paradossalmente, dell’ultima gloria dell’edonismo negli anni Ottanta) coevo; ne emerge e ne deriva una figura letteraria che vorremmo schiaffeggiare per restituire alla vita, consapevoli che ogni schiaffo non servirebbe ad altro che ad arrossare il dorso delle nostre mani. Perché Maria ha un segreto mondo interiore, che forse neppure lei conosce; e che pure implica l’abissale divario che la separa dalla realtà. Non trova il contatto: non aderisce, si concede. Non conosce volontà: acconsente. È una figura drammatica, d’una disperazione e d’un buio terribili; perché inevitabili e non più rimediabili.

La narrazione sarcastica e distesa di Jonathan Coe attutisce e mitiga la sensazione d’aver interiorizzato un libro tremendamente doloroso; la vivacità e l’immediatezza dei dialoghi azzerano le distanze tra i personaggi e le persone “reali”; le apparizioni del narratore si rivelano, sulla lunga distanza, piuttosto stucchevoli e costituiscono la ripresa d’una strategia diegetica che non convince. È un esordio fosco e amarissimo; scintillante tuttavia d’ironia e di dolcezza, tributo a quella femminilità sconfitta dalle rigide consuetudini nuove della società postmoderna. A cantarla è stato il giovanissimo Jonathan Coe, musicista, letterato e romanziere inglese.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Jonathan Coe (Birmingham, 1961), musicista, giornalista, critico letterario, biografo e scrittore britannico. Ha studiato nel Trinity College di Cambridge e si è laureato presso la Warwick University, dove ha insegnato Poesia Inglese. “Donna per caso” è stato il suo primo romanzo.

Jonathan Coe, “Donna per caso”, Feltrinelli, Milano 2003. Traduzione di Stefano Massaron.

Prima edizione: “The Accidental Woman”, Duckworth, 1987.

Gianfranco Franchi, dicembre 2004.

Prima pubblicazione: Lankelot.