Dizionario degli autori di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria e della Dalmazia

Dizionario degli autori di Trieste, dell'Isontino, dell'Istria e della Dalmazia Book Cover Dizionario degli autori di Trieste, dell'Isontino, dell'Istria e della Dalmazia
Walter Chiereghin, Claudio Martelli
Hammerle
2014
9788898422074

Circa 1500 voci raccontano la complessità e la generosità della ricerca del letterato triestino Walter Chiereghin, curatore, assieme al suo antico sodale Claudio Martelli, del primo, poseidonico “Dizionario degli autori di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria e della Dalmazia”, fresco di stampa per la Hammerle Editori. È una prima edizione – qualcosa di “perfettibile”, come ricorda Guagnini nella prefazione, e naturalmente un “inizio di discorso”: e viene pubblicata nella piena consapevolezza delle possibili lacune, dei prevedibili refusi, della necessità di un periodico aggiornamento. Ma è un punto di partenza robustissimo: fascinoso, schierato e coraggioso. Chiereghin ha scandagliato l’antico Golfo di Venezia, da Aquileia alle Bocche di Cattaro, dal secolo XIII ad oggi; ha incluso Gorizia e l’Isontino, considerate a pieno titolo parte di questa koinè, e ha campionato autori di lingua latina, italiana, friulana, tedesca, slovena e croata, presenti e protagonisti della scena negli ultimi secoli. Non ci sono solo letterati puri: Chiereghin ha incluso, dando prova di vera audacia, teologi, storici dell’arte, filosofi, politici, storiografi e divulgatori scientifici. Il risultato è emozionante, divertente, coinvolgente.

Ci sono due strade per leggere questo abnorme “Dizionario”: questa abnorme prima edizione del “Dizionario”. La prima è sondarlo a partire dai massimi talenti espressi dal territorio: magari partire da Scipio Slataper, passare per Aaron Hector Schmitz alias Italo Svevo, Fulvio Tomizza, Ligio Zanini, Umberto Saba, Giani Stuparich, Virgilio Schönbeck alias Virgilio Giotti, Sreĉko Kosovel e così via; e poi, apprezzata la presenza dei grandi (manca solo Fausta Cialente, devo dire), forti di una prima idea della scrittura di Chiereghin e della propria preparazione, si può passare a consultare le schede degli autori viventi più affermati, come Claudio Magris, Claudio Grisancich, Paolo Rumiz, Luigi Nacci, Mauro Covacich; e poi magari si può cominciare ad andare a caso, scegliendo una lettera e scandagliandola.

La seconda strada, invece, è leggerlo dalla “A” alla “Z”, scheda per scheda, come ho fatto io – scoprendo vicende biografiche bizzarre e improbabili, come quella dello psicologo Gastone Canziani, prendendo nota di nomi, opere e vicende del tutto rimosse o almeno rarissime, emozionandomi per tante ragioni diverse. Vi riferisco qualcosa.

C’è un letterato di Petrovia, dalle parti di Umago, Giorgio Abrami, che ha finito per insegnare italiano ai toscani, nel primo Novecento: a riprova che non è soltanto la campagna ad affratellare istriani e toscani. E c’è il rimosso padre (meglio: nonno) della Nutella, l’istriano Antonio Bazzarini, da Rovigno: nato sotto dominazione veneziana nel 1782, autore di un appetitoso “Piano teorico-pratico di sostituzione nazionale del cioccolato” pubblicato a Venezia nel 1813, nel pieno della crisi del cioccolato dovuta al blocco delle importazioni determinato dalle campagne francesi; Bazzarini suggeriva creatività, e il suo studio fu alla base di una rielaborazione operata da cioccolatieri torinesi che diede origine al gianduia; e il resto è storia, e gioia.

E c’è un mulo di Pinguente, Iginio Giovanni Bassi, finito esule a San Paolo del Brasile, autore di un romantico libro sul borgo di Portole, “Il mio castello di pietra: capitoli di un grande amore a una piccola terra”. C’è un letterato istriano del XV secolo, Michele Della Vedova, originario del piccolo borgo di Gallesano, autore di un “Lamento” per la caduta di Costantinopoli in mano turca, scritto a poca distanza dal disastro; si direbbe pieno di sentimento, pura espressione della vivacità culturale del commonwealth Veneziano: andrebbe riscoperto e valorizzato. C’è il precursore di Biagio Marin, il misconosciuto Domenico Marchesini, da Grado, detto “Menego Picolo”: Chiereghin riferisce che fu il primo ad adoperare il dialetto gradese come lingua poetica. E c’è anche il padre di Michelstaedter, Alberto, poeta in lingua friulana e attivo conferenziere, nato a Gorizia nel 1850. Decisamente rimosso.

C’è un monaco benedettino, dalmata raguseo, che nel Seicento vagheggiava l’unità dei popoli slavi, dalla Russia alla Polonia, dalla Serbia all’Illiria: si chiamava Mauro Orbini e pubblicava a Pesaro. C’è un dimenticato sodale del Tommaseo, Francesco Carrara, dalmata di Spalato, che pubblicava stupendi saggi sulle rovine romane della città di Salona e intanto fantasticava una Dalmazia indipendente (dall’Austria: da tutti), “nel ruolo di cerniera tra le civiltà italiana e slava, senza tendenze egemoni da parte di nessuna componente nazionale”. E c’è un altro rimosso dalmata, Elio Lampridio Cerva, da Ragusa (odierna Dubrovnik), padre d’una cinquecentesca “Ode in Ragusam”, per ribadire le radici latine della cultura dalmatica.

C’è il conte Ballovich, dalmata di Perasto, al di là di Cattaro, oggi costa montenegrina, all’epoca semplicemente Dalmazia Veneziana, che scrisse quel che vide e sentì quando il capitano Viscovich depose il gonfalone della Serenissima, nel 1797, piangendo la caduta dell’ultima rocca dell’adorata Venezia.

C’è Luigi R. Berto, esperto di astronautica e di fantascienza, autore di quella che sembra un’accattivante e decisamente rimossa “Introduzione all’astronautica” nel 1962; c’è quello che si direbbe il padre dei “libro-game”, Giulio Lughi, una delle più pionieristiche sperimentazioni ipertestuali, care alla mia generazione; e poi c’è il povero Falco Marin, figlio del poeta Biagio, caduto al fronte giovanissimo, oggi dimenticato da tutti.

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Chiereghin è stato più equilibrato che ha potuto, tuttavia ho la sensazione che le sue inclinazioni culturali e le sue appartenenze politiche si riconoscano, qua e là: beninteso, non è un male, e anzi è una prova di lealtà nei confronti del lettore. Non esistono “Dizionari degli autori” asettici, e non esistono dizionari estranei ai sentimenti e alle vicende personali e politiche del curatore. Non stupisca quindi il robusto spazio riservato a certe figure politiche piuttosto lontane dalla letteratura e dalla filosofia, e dalla storia, come certi capi partigiani: sì, per quanto mi riguarda è una scelta piuttosto spiazzante, e credo profondamente dissonante e disarmonica, ma è una scelta autoriale e come tale va rispettata. Una delle tante scelte e inclinazioni che vi lascio il piacere e la curiosità di scoprire e riconoscere, in attesa di sfogliare, tra un anno o due, una seconda edizione più asciutta – da certi punti di vista – ovviamente aggiornata – dove necessario – e magari ampliata, a partire dai nomi che, civilmente, ciascuno può segnalare al generoso e volenteroso curatore, uomo democratico, profondamente innamorato di queste terre e di queste letterature.

Gianfranco Franchi

prima pubblicazione: gianfrancofranchi.com

Chiereghin ha scandagliato l’antico Golfo di Venezia, da Aquileia alle Bocche di Cattaro, dal secolo XIII ad oggi; ha incluso Gorizia e l’Isontino, considerate a pieno titolo parte di questa koinè, e ha campionato autori di lingua latina, italiana, friulana, tedesca, slovena e croata, presenti e protagonisti della scena negli ultimi secoli…