Congedo dai genitori

Congedo dai genitori Book Cover Congedo dai genitori
Peter Weiss
Cronopio
2008
9788889446393

Padre e madre come sfingi poste a guardia della vita del narratore. Morti entrambi, a distanza di poco tempo l'uno dall'altra, non rimane che il mistero delle loro esistenze, il malessere per le incomprensioni trascorse, il rammarico per i reciproci silenzi. Forse non più insondabile. Resta il ricordo terribile della divisione dei beni – l'ordine originario della casa madre sconvolto, tutto sembra un magazzino – e la difficoltà di riconoscere di avere un nome:

“Al primo richiamo mi facevo sordo, lo respingevo da me, nella mia solitudine avevo dimenticato il mio nome e facevo finta che non fossi io a essere chiamato. Ma poi quel nome si rovesciava dentro di me più e più volte finché mi colmava tutto, finché quasi ne scoppiavo, ed ero costretto a rispondere, dovevo ammettere che il nome mi aveva trovato. Cercai spesso di cambiar nome, ma ogni volta che il suono del mio unico nome mi raggiungeva, sobbalzavo, era come un arpione, non potevo sfuggirgli” (p. 17).

E avanti, per torrenziali memorie d'infanzia e d'adolescenza, senza respiro; “Congedo dai genitori” è una carrellata di immagini convulsa e frenetica, a sondare il rimosso dalla propria anima come fossero smarrite foto di famiglia, come fossero le letture dei libri proibiti, con illuminazione di fortuna; alla ricerca d'una verità essenziale, nuda, primitiva. Impronunciabile, quand'è incestuosa – e non c'è innocenza che tenga, se non animalesca – atroce, quand'è innesco per la creazione dei primi quadri: la morte della sorellina. Il rifiuto della borghesia. La dedizione alla pittura e alla scrittura.

Spiega nella postfazione Clemens-Carl Harle: “Non c'è, in Congedo, una vera e propria voce che parla o racconta. In questo senso non si tratta di un monologo interiore. Anche se, come nel monologo interiore, l'associazione dei contenuti, dei pensieri, delle rappresentazioni e delle emozioni, sembra avvenire in maniera autonoma e senza l'intervento esplicito della coscienza, la scrittura di Congedo non è in alcun modo inarticolata e discontinua, non c'è nessuna allusione a quella zona incerta – il preconscio – che il monologo interiore cerca in qualche modo di riprodurre”.

A livello conscio c'è qualcosa di incontrovertibile: la percezione che l'archetipo di Hesse, quel “Lupo della Steppa” mai abbastanza letto e interiorizzato dalla nostra generazione, è vivo e s'è incarnato: il borghese vorrebbe diventare rivoluzionario e non riesce. Si rimane uncinati in una romantica terra di nessuno, nostalgica e fredda. Nel libro, l'autore coincide col suo protagonista: Weiss scrive ad Haller, non ad Hesse. È Haller ad ammonirlo sulla necessità di guadagnare il pane in qualche maniera, sul pericolo della solitudine. E ad accompagnarlo, con un consiglio, alla piena potestà su sé stesso. A Praga.

C'è molto sentimento, in questa pittorica e frenetica scrittura, piovuta dalle viscere d'un'anima ferita. C'è molto sentimento e un doloroso, inequivocabile autodafé, alla ricerca d'un sentiero personale, di un'identità propria, aliena dalle derivazioni e dalle influenze famigliari. C'è una letterarietà matrona e matrigna, nebbia che nasconde peccato, sole che disintegra i fantasmi. Quasi cinquant'anni dopo la prima edizione (“Abschied von den Eltern”, Suhrkamp, 1961), il Congedo scintilla di stile, e di vita propria. Da riscoprire.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Peter Weiss (Berlino, Germania 1916 – Stoccolma, Svezia 1982), pittore, scrittore e drammaturgo tedesco.

Peter Weiss, “Congedo dai genitori”, Cronopio, Napoli 2008. Traduzione di Francesco Manacorda. Postfazione di Clemens-Carl Harle.

Prima edizione: “Abschied von den Eltern”, Suhrkamp, 1961.

Prima edizione IT: Einaudi, 1967.

Gianfranco Franchi, gennaio 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.