Buttarsi

Buttarsi Book Cover Buttarsi
Dan Fante
Marcos Y Marcos
2010
9788871685380

“Disgustato, voltai le spalle alla scena e accesi il computer per ritrovare le mie storie. Sono Bruno Dante, pensai, scrittore di racconti, un tizio con un libro mai pubblicato, una Pontiac di dodici anni e nient'altro al mondo. Un aspirante di quarantadue anni, che nuota controcorrente. Che ricomincia daccapo per l'ennesima volta” (Fante, “Buttarsi”, p. 39).

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Il titolo originale del romanzo di Dan Fante “Buttarsi”, “86'd”, è difficilmente traducibile in lingua italiana. È un termine slang che può significare diverse cose; tendenzialmente, ha a che fare con l'esaurimento, l'annullamento, l'indisponibilità, l'eliminazione. Wikipedia inglese prova a dare una spiegazione dell'etimo: vi rinvio a questo link per approfondire. Come potrete apprezzare, il romanzo di Fante è indicato tra gli esempi di applicazione del termine nella cultura pop, perché in questo libro il narratore, licenziato, si ritrova a combattere l'alcolismo. Insomma, “ottantaseiato” sta a significare, brutalmente, “fatto fuori”, “cancellato”. L'interpretazione dell'editore italiano del romanzo, Marcos Y Marcos, aggiunge una sfumatura semantica (“Buttarsi”) interessante. Perché l'alter ego di Dan Fante, Bruno Fante, si fa del male? Diciamo subito una cosa. Come “Angeli a pezzi” (“Chump Change”, 1998) era una trasfigurazione delle sofferenze e dell'elaborazione del lutto per la morte del padre, John, “Buttarsi” è l'equivalente per la morte del fratello. È una morte che giunge inattesa, a dispetto delle infelici condizioni di salute del famigliare, perché Bruno è probabilmente tutto concentrato su altri problemi individuali ed esistenziali, non solo artistici. Non c'è niente di rassicurante né di rigenerante nelle avventure che lo sfortunato Bruno Dante vive per buona parte del romanzo. È semplicemente un cittadino angosciato dai rovesci della sorte, incapace di sopportare il dolore, autodistruttivo per necessità. Man mano, la sua tempra di figlio d'emigrante emerge e con un pizzico di fortuna il nostro amico riesce a sollevare la testa. Ma la batosta è arrivata in pieno, e il male è stato arginato e accettato con vera difficoltà. In tutto questo complesso, profondo e drammatico scenario, la scrittura di Fante Junior rimane fresca, immediata e diretta proprio come nel suo lontano esordio. Dan Fante è un'anima gentile, e consapevole dei propri difetti e dei propri vizi, e la sua capacità di scarnificarsi e di mettersi a nudo è prova d'un'onestà mostruosa. Non c'è compiacimento, non c'è esibizionismo. C'è un enorme desiderio di essere in grado di capirsi, di sopportarsi – non dico di amarsi – nonostante sé stessi. E questo tiene uncinati alla lettura, questo t'appassiona, questo ti colpisce.

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Bruno Dante è uno scrittore esordiente sempre in crisi. Il suo nuovo libro e tutti i suoi racconti sono slittati, per scelta editoriale, all'anno successivo. 5 anni di lavoro, trecento pagine di scrittura sono stati salariati con un anticipo davvero simbolico di 500 dollari; nessuna soddisfazione diversa all'orizzonte. La frustrazione cresce, così come la nostalgia per il vecchio mondo – più umano, meno freddo – dell'editoria, e per le diverse fortune paterne. La macchina da scrivere di suo padre, oltretutto, aveva ben altro fascino rispetto al portatile che adesso è costretto a usare: ricevendo in tempo reale, come se non bastasse, pessime notizie. Bruno si tiene calmo mescolando alcol e farmaci, a tutto spiano. Unica consolazione, in questo scenario sciagurato, è essere stato apprezzato da sua maestà Hubert Selby Jr. In effetti è un buon segno. Bruno se la passa male. Deve pagare l'affitto e i lavoretti non bastano mai. Un film e un paio di bottiglie di vino sono un lusso. Si ritrova, fortunosamente, a lavorare per un ex padrone che solidarizza con le sue difficoltà esistenziali e il suo alcolismo. Torna a fare l'autista. E poi l'addestratore di nuovi autisti, con tanto di doppio stipendio. E poi subentra qualche controversa difficoltà con una collega di origine inglese, Portia. Ma intanto: com'è lavorare da autista, a Los Angeles?

“Guidare una limo a Los Angeles è un modo bizzarro di far soldi. Un po' come raccogliere merda di cane fresca con la lingua. La clientela della Davko a L.A. era composta perlopiù da scoppiati e zombie. Ricchi produttori cinematografici su di giri, rockstar viziate, rapper con le Glock nere infilate nella cintura dei pantaloni, ex attori alcolizzati pizzicati troppe volte a guidare sotto effetto e una girandola infinita di arrivisti di alto bordo. Esseri umani che sfoggiano le peggiori caratteristiche della fauna autoctona di L.A.: troppo ego e decisamente troppo denaro” (p. 64).

E poi succedono tutta una serie di cose dolorose e inattese. Muore il fratello di Bruno, Riccardo. Alcol. Sulle prime il nostro narratore sembra essere in grado di assimilare la tragedia con disinvoltura, man mano ci accorgiamo di quanto ne è lacerato. Esemplare, in assoluto, la sua scelta (inconsapevole, per quanto era sbronzo) di tatuarsi il nome del fratello e la ragione della sua morte sul braccio. E come se non bastasse, s'alternano intanto vicende tragicomiche, come un'orgia finita con sessanta punti di sutura, per gelosia (Portia), e poi micidiali sbronze che sembrano precipitare nel fango e nella perdita di tutto il nostro antieroe.

Altro non dico per non mancare di rispetto ai neofiti, che immagino vogliano scoprire tutto il resto da soli. Aggiungo semplicemente che Fante riesce, con umiltà e compostezza, a parlare di dinamiche psichiche, sociali e professionali complesse, e di una dipendenza disastrosa, e di una morte sciagurata; il suo romanzo rimane impresso per una forma di umanità abnorme, generosa e sbagliata, tanto vera, davvero selbiana. Leggetelo e smettetela di pensare a suo padre, o di parlare di suo padre nei vostri articoli. Leggetelo come un buon narratore italoamericano con la sua identità e la sua personalità e la sua dignità. È un intellettuale che ha toccato il fondo e poi è tornato a respirare. Altro che 86'd, Fante è uno che il male l'ha saputo rovesciare.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Dan Fante (Los Angeles, USA, 1942 – Los Angeles, USA, 2015), scrittore americano. Ex tassista, ex venditore porta a porta, ex lavavetri, ex chauffeur, ex investigatore privato, ex parcheggiatore e via dicendo. Uomo avventuroso.

Dan Fante, “Buttarsi”, Marcos Y Marcos, Milano 2010. Traduzione di Michele Foschini.

Prima edizione: “86'd”, 2009.

Gianfranco Franchi, giugno 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.