Buio rivoluzione

Buio rivoluzione Book Cover Buio rivoluzione
Valerio Lucarelli
peQuod
2006
9788860680174

Opera prima di Valerio Lucarelli, narratore napoletano classe 1969, “Buio Rivoluzione” (Pequod, 2006) è un romanzo di genere caratterizzato da interessanti analisi sulle dinamiche di interazione e opposizione tra Stato e movimenti eversivi o rivoluzionari di estrema sinistra: lo spettro d’un plausibile ritorno all’azione violenta da parte di movimenti non allineati e non riconducibili a nessun partito anima e infesta la narrazione.

Thriller americano, nella struttura, negli stilemi e nei dettami, d’ambientazione finalmente italiana e d’argomento politico e civile – questa mi sembra una definizione adeguata ed esaustiva. Qualche rapido cenno sulla trama, prima di passare all’analisi: la storia delle indagini dell’ispettore Maurizio Lupo è ambientata nel futuro prossimo (2008); la figlia dell’ex premier inglese è stata rapita dalle nuove Brigate Rosse, le forze dell’ordine stanno operando fianco a fianco con l’intelligence inglese, avvalendosi del solito, fumoso apparato di spie e doppiogiochisti nel territorio e nelle organizzazioni. Il nostro ispettore è da diverso tempo impegnato nella lettura e nella mappatura dei nuovi gruppi: nel frattempo, immalinconito dalla separazione dalla sua compagna, vive un’esistenza caratterizzata da amarezza, nostalgia e qualche scappatella, relativamente innocua; studia lingue slave per agevolare il Sismi nel suo prossimo trasferimento e patisce l’ottusa e nefasta supervisione del mediocre Grimaldi, il suo capo. Questo è il primo subplot, legato alla personalità e alla vita privata del protagonista. Secondo subplot – quello naturalmente più suggestivo e diversamente sviluppato – è legato al tentativo di sistematizzare e interpretare le ultime azioni dell’ombra delle Brigate Rosse: drammatici omicidi Biagi e D’Antona in primis, con reminiscenze delle strategie e tattiche d’antan e umbratili dubbi sul ruolo dello Stato.

Lucarelli paventa che il movimento no global nato a Seattle negli anni Novanta e spento a Genova nel 2001 sia stato origine di nuove frange estreme e rivoluzionarie, confluite in questi nuovi e caotici gruppuscoli pulviscolari; non a caso il principio della narrazione s’uncina a questo passato prossimo, a manifestazioni toscane connotate dalla sinistra epifania di slogan e stelle a cinque punte. Con chiarezza, ad esempio, leggiamo a p. 12: “Era lì, in quell’orbita nebulosa, dai confini indefiniti, che i due ispettori cercavano eventuali punti di contatto fra l’antagonismo autonomo e le forze eversive di sinistra. Le formazioni terroristiche necessitavano di nuova linfa per ridare fiato alle proprie ambizioni e certamente quello era l’humus da cui tentare di attingere”.

Detto sinteticamente della trama – dettagliarla ulteriormente significherebbe irritare il neofita e non s’intende bruciare il piacere della lettura – passiamo alle annotazioni più rilevanti. Lupo, in gioventù, aveva sentito il richiamo dei movimenti rivoluzionari (p. 70): aveva ceduto di schianto quando s’era accorto “di assistere a uno scontro tra verità preordinate, non sentivo di appartenere a nessuno dei due blocchi. E così ho finito con il fare tutt’altro, girando il mondo a vendere (…)” – salvo poi stufarsi e ritrovarsi nell’antiterrorismo, via concorso per il Sismi. Questa sua esperienza e questa sua particolare sensibilità consentono di dialogare con una figuretta femminile rivoluzionaria tutta da vagliare, come scoprirete: Mara. Riesce, in virtù di questo suo particolare bagaglio, a trovarla (p. 122) “vittima di un legittimo quanto utopistico desiderio di cambiamento. La voglia di sovvertire l’ordine, o magari il disordine costituito, si era impossessata di lei così come di tanti altri giovani di generazioni passate, presenti e future, conducendola in un sentiero pericoloso, senza ritorno”. È rivoluzionaria pura, allora? Quali sono i confini riservati all’azione dei rivoluzionari? Sin quando sono pacifici e tollerati? Assieme, notevoli le annotazioni sul contesto sociale e professionale dei potenziali rivoluzionari. Un infiltrato dello Stato, per essere credibile, viene messo a lavorare a tempo determinato in un’azienda informatica: “Quell’allocazione rendeva credibile la sua figura, di un uomo arrabbiato, che non accetta le condizioni imposte dal sistema, che non ha possibilità di progettare il futuro, che riversa le frustrazioni personali sul piano politico, consapevole di quanto poco abbia da perdere” (p. 146). Notevole.

Su Biagi e D’Antona leggiamo: “I due delitti sono maturati sotto due governi apparentemente contrapposti, difficile inquadrarli in uno scenario politico (…). Né è più semplice definirli frutto di una volontà destabilizzante. I due consulenti non erano noti al grande pubblico e l’onda emotiva nata da quegli accadimenti si legò solo all’immagine delle famiglie di quei rispettati professionisti (…). Mi dirai, forse si voleva interrompere un processo in atto, qualche parte conservatrice e sanguinaria del Paese non tollerava certe resistenze” (p. 42); più avanti, non mancheranno suggestioni sulla terribile vicenda di Aldo Moro.

Punto forte della narrazione, volendo tracciare una prima conclusione, è questa disponibilità dell’autore – e del suo protagonista – a voler dare ascolto alle campane di entrambe le parti in causa, rischiando di ritrovarsi estraneo ad entrambi gli schieramenti – ad entrambe le “verità”. Né Stato né Rivoluzione, sembra essere la morale della favola di questo sipario che cala sul passato gettando un’ombra sul futuro prossimo: il sentiero da battere è diverso (e interessante quindi sarebbe esplorare quello delle sorti della vita sentimentale di Lupo). Menzogna, inganno, doppiogiochismo e simulazione massacrano la ricerca della verità nella vita reale; sentiero diverso da quello letterario potrebbe non esistere per l’intellettuale, altrimenti costretto dalla sua umanità a mostrare empatia per le cause e le sofferenze e gli errori dei suoi concittadini, in divisa o in divisa altra.

Da un punto di vista stilistico, i dialoghi sembrano spesso più cinematografici che letterari, sforando in più di un frangente nella didascalia; andrebbero asciugati e assimilati a tempi e ritmi del parlato per una maggiore incisività. Lo studio dei personaggi rimane allo stadio della superficie profonda, invitando piuttosto il lettore ad appassionarsi alle trame e agli sviluppi delle indagini – a tuttotondo, è il caso di dirlo.

L’esordio di Valerio Lucarelli è un buon approdo per due razze diverse di lettori: per i cultori del thriller e del giallo significa la certezza che l’artista partenopeo darà vita a nuove indovinate incursioni nel genere, sulla scia dell’altro Lucarelli più ancora che di Carlotto; per gli appassionati delle opere di denuncia civile e politica questo libro rimarrà un appunto appeso in bacheca, fertile di riflessioni private e ondivaghe. Lucarelli deciderà che strada prendere: meglio, deciderà quante strade prendere. Amalgamarle non è semplice né lineare, potrebbe richiedere il lavoro di una vita. In ogni caso, e sin d’ora, con amicizia: ogni migliore auspicio, e grazie per questa condivisione, da letterato a letterato.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Valerio Lucarelli (Napoli, 1969), scrittore italiano. Questo è il suo primo romanzo.

Valerio Lucarelli, “Buio Rivoluzione”, Pequod, Ancona 2006.

Gianfranco Franchi, novembre 2007.

Prima pubblicazione: Lankelot.