Castelvecchi
2010
9788876153600
Albert Einstein diceva che fosse più difficile disintegrare un pregiudizio che un atomo. Proprio perché tende a rigenerarsi, proprio perché tende ad assopirsi ma mai a svanire. Da contemporanei, possiamo e dobbiamo dedicarci a questa battaglia, perché è una questione di giustizia e d'uguaglianza. Scopriamo allora Brigitte Gresy, già direttrice del gabinetto del Ministero per le Pari Opportunità, oggi ispettrice degli Affari Sociali, esperta di questioni femminili sul lavoro e «image des femmes dans les medias». Il suo “Breve trattato sul sessimo ordinario” (Castelvecchi, 224pp., € 16.00) è un pamphlet barricadero, bellicoso, intelligente e polemico, destinato a sollevare da queste parti lo stesso polverone transalpino. Perché? Perché la Gresy ritiene – a ragione – che giustizia e libertà non siano ancora uno stato di fatto; e che l'uguaglianza tra uomini e donne sia ancora una chimera. Soprattutto sul posto di lavoro. Disegna un modello di donna, innamorata della famiglia e fiera della propria dignità e dei propri diritti, e pronta a battersi per quelli di tutti, che non si può non apprezzare. Perché è vivo, giusto, civile.
Cos'è il sessismo ordinario? È un fenomeno sociale diffuso, metamorfico e sottile, che va stanato e combattuto a oltranza. Sostiene Brigitte Gresy che sia un gesto che respinge, una parola che esclude, un sorriso che schernisce, una schiena che si volta: accade ovunque riesca a infiltrarsi. Il sessismo ordinario è costituito da stereotipi che si traducono in “parole, gesti, comportamenti o atti che escludono, marginalizzano o definiscono le donne come esseri inferiori”. Un attacco sessista ordinario determina malessere nella donna vittima: si sente disorientata, destabilizzata, sminuita. Accade, quasi sempre, sul posto di lavoro: ecco scattano dinamiche di esclusione, di ostracismo, di blocco. I grandi classici sono la sufficienza, l'arroganza, la condiscendenza: tutte strategie per mettere costantemente in discussione le capacità professionali delle donne. Dare consegne confuse, vaghe o irrealizzabili serve solo a umiliare: umiliare serve a mantenere le distanze. Mostrare falsa cortesia serve a innalzare barriere invalicabili. Il sessista ordinario sessualizza ogni rapporto: così facendo, sbilancia la relazione di lavoro e va dominando la sua interlocutrice. Basta confondere un aggettivo come “trasversale” con uno come “orizzontale”. Ecco che si scatena la sintonia maschile, in riunione, ecco la complicità da caserma. La Gresy non vuole che il sesso sia censurato – all'americana – nel posto di lavoro. Vuole che ci siano scambi alla pari, e nessun brutale schema imposto. Soprattutto: nessuno schema dominante.
Serve, allora, che tutti, uomini e donne, sappiano fare piazza pulita dei propri pregiudizi: orgogliosi e coscienti delle proprie caratteristiche, convinti assertori dell'uguaglianza tra i sessi. L'uguaglianza tra i sessi è la partita del nuovo umanesimo: non è il principio d'una guerra tra uomini e donne. È il seme d'un neo-rinascimento. Deideologizzato, il femminismo diventa un'attitudine civica, un sacrosanto fenomeno di sensibilità sociale, un'inclinazione necessaria e non solo per cavalleria: diventa il papà d'un nuovo senso di responsabilità, d'un nuovo e più equilibrato e solido contratto sociale.
Sostiene la Gresy che quando le donne avranno smesso di soffrire di sfiducia in sé stesse, molte cose cambieranno. Già oggi, stando a una ricerca inglese, un uomo accetta un posto se ritiene d'avere il 50% delle competenze necessarie; una donna, invece, ha bisogno dell'80%. Questa dinamica ostacola le carriere, e dà vita a pericolose reazioni a catena nell'ambiente famigliare. Perché la sfiducia in sé stesse crea sfiducia da parte degli altri. La Gresy, allora sogna tre nuove grazie, per le donne: la coscienza, la lucidità, la fiducia. Prima coscienza: il sessista ordinario è un maschio morto di paura, smanioso di mostrarsi all'altezza della situazione, perché forse non lo è. È uno che sa che sta per perdere. Perderà. Seconda coscienza: c'è più differenza tra il cervello di un giocatore di calcio (Tommasi a parte) e quello di un violinista che tra il cervello di un uomo e di una donna. Terza coscienza: le donne, in azienda, sono una benedizione. Perché sono rigorose e creative al contempo. Quarta e ultima coscienza: le competenze non hanno sesso, e le funzioni neanche. Tenetela a mente.
Ci siamo battuti, negli ultimi decenni, contro la discriminazione: ci siamo battuti contro gli insulti sessisti: non abbiamo ancora vinto la battaglia del saper vivere, e del sapersi comportare. Abbiamo le leggi, ci manca la buona educazione. Ci manca l'intelligenza di saper riconoscere che la qualità del lavoro non dipende dal tempo passato in ufficio, dipende dai risultati e dalle competenze. L'esperienza di tutti conferma e insegna questo principio. Soprattutto nei contesti ministeriali.
La discriminazione – è bene ricordarlo – è il rifiuto di assumere sulla base di un delitto di maternità che si intravede all'orizzonte, oppure per il delitto di avere dei figli malati. È il divario salariale tra uomini e donne, pari al 25% (16% in IT); è la diversificazione dei posti di responsabilità, dal Parlamento ai ruoli manageriali nelle aziende. Per esempio: nella classifica della presenza delle donne in Parlamento, la Francia è all'ottanquattresimo posto nel mondo; in Italia, possiamo vantare, assieme al Nepal, un dignitoso – si fa per dire – trentaseiesimo posto. Nei consigli delle cinquecento aziende principali francesi le donne sono soltanto l’8 per cento. In Italia, le donne ai vertici sono il 2,1 per cento. C'è davvero molto lavoro da fare. Abbiamo cominciato, ma non dobbiamo dimenticare mai la meta. È un lavoro da fare parlando con franchezza e immediatezza, evitando la gabbia del politichese, evitando qualsiasi compromesso, ascoltando i propri collaboratori e innovando senza paura di innovare. Innovare è legittimo e necessario. È un lavoro da fare sgretolando i vecchi giochi di ruolo. Non sempre, e non solo, italiani.
In Francia esiste un'Alta Autorità Indipendente per la lotta alle discriminazioni e all'uguaglianza, la HALDE: in Italia, non esiste ancora un ente come quello, indipendente dal Ministero delle Pari Opportunità. Servono, allora, politiche pubbliche volontaristiche e di apertura. Serve una campagna di sensibilizzazione massiccia, e definitivamente estranea alle ideologie. Dobbiamo promuovere l'uguaglianza professionale. E dobbiamo promuoverla senza esitazioni, perché è una cosa naturale. Dobbiamo garantire alle famiglie e alle giovani coppie conviventi, con figli a carico, un adeguato numero di strutture statali o parastatali perché i bambini possano crescere serenamente e i genitori lavorare con la dovuta tranquillità. Non dobbiamo ghettizzare le madri, non dobbiamo dimenticare i padri. Dobbiamo batterci per il diritto al rispetto della persona umana: dobbiamo batterci per rivendicare che il futuro della donna è l'uomo, e quello dell'uomo la donna. Possiamo sognare, sì, un nuovo umanesimo.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Brigitte Gresy (Francia), ex insegnante di Lettere Antiche, ha diretto l'Ufficio Francese del Ministero per le Pari Opportunità prima di diventare ispettrice generale per gli Affari Sociali.
Brigitte Gresy, “Breve trattato sul sessismo ordinario”, Castelvecchi, Roma 2010. Collana “Le Navi”, 78. Traduzione di Giulia Garofalo e Clara Ciccioni. Scout, Gianfranco Franchi (2009).
Prima edizione: “Petit traité contre le sexisme ordinaire”, Albin Michel, 2009.
Gianfranco Franchi, marzo 2010.
Prima pubblicazione: Lankelot.