A sangue freddo

A sangue freddo Book Cover A sangue freddo
Truman Capote
Garzanti
2005
9788811683117

Questo libro non è un reportage giornalistico, e non è un romanzo. È seducente e coinvolgente come un romanzo, ed è appassionato e organico come un reportage. È una ricostruzione paziente e fedelissima di un delitto realmente avvenuto, attraverso la narrazione letteraria della storia della famiglia assassinata, della popolazione della piccola cittadina di Holcomb, nel Kansas, e dei due assassini. Capote definiva questo romanzo come il primo di un nuovo genere, ossia la “non fiction novel”: un ibrido tra cronaca e narrativa. E azzardare un esperimento del genere strutturandolo attorno ad un episodio così drammatico come l’uccisione, sostanzialmente immotivata, di un’intera famiglia è stata un’operazione geniale e audace.

Avanzando tra le pagine, non si ha mai la sensazione che l’artista abbia parteggiato per nessuna delle cause: con meticolosa pazienza, ed un rigore che sembra più storiografico (nell’accezione più positiva del termine) che letterario, Capote sa mostrare dolore per l’assurda morte di quattro innocenti, e perplessità (e non vivo rammarico) per la successiva esecuzione degli assassini. Possibile – questa sembra essere la questione centrale del romanzo – che ad un omicidio si debba rispondere con un altro omicidio? Ed è possibile che questo omicidio sia legale e consacrato dalla benedizione dei sacerdoti? Con quale diritto la legge di uno Stato si arroga il potere di decidere della vita o della morte di un assassino? La questione, ancor oggi tristemente dibattuta e ovviamente ancora insoluta in numerosi Paesi occidentali, è, intendiamoci, difficile, delicata e dolorosa al contempo.

Capote sembra incarnare, da narratore, sostanzialmente ed essenzialmente un sentimento: l’umana afflizione di chi si trova a testimoniare la morte non naturale dei propri simili. E questa afflizione è pura pietas. Non c’è patetismo, e non c’è ombra di stucchevole carità: è pietas, nel senso latino del termine. L’umanità più pura, quella che si rifiuta di accettare la crudeltà, la violenza, la distruzione. L’umanità che accetta di mettersi in discussione, di superarsi, di avvicinarsi e di stringere la mano a chi ha ucciso: per domandarne la ragione, investigarne le cause, ammetterne il terribile mistero. Non c’è traccia di morbosità in questo “romanzo”. Eppure, si descrive l’atroce assassinio dei quattro componenti della famiglia Clutter, e l’impiccagione degli assassini. Non ho registrato omissioni, e non ho appurato aporie: Capote ha descritto e rappresentato la morte con naturalezza e linearità.

A quale prezzo, mi sono domandato, un artista come Capote ha pagato la scelta di dedicare oltre sei anni della propria vita ad una vicenda del genere, conoscendo personalmente i colpevoli e assistendo dal vivo alla loro uccisione? Cosa è rimasto dello spirito di quell’artista che, appena prima di questo libro, aveva pubblicato un romanzo di singolare freschezza e leggerezza come “Colazione da Tiffany”? Non ho coraggio, e forse non ho intenzione, di analizzare la biografia dell’autore; non è difficile immaginare che da un’esperienza come questa ne sia uscito irrimediabilmente sconvolto. Allora, a maggior ragione, dovremmo dedicarci con cura e amore a questo “A sangue freddo”: memori delle polemiche successive alla pubblicazione dell’opera, dei facili perbenismi e degli odiosi moralismi di certi lettori, dovremmo accostarci con cautela e con gentilezza ad un libro che non grida, e non sussurra: esprime. Ed esprime, sintetizzando quanto di più nobile vive nella nostra anima: la capacità di comprendere. L’intelligenza.

Lo stile è naturalmente fluido e scorrevole; la vicenda, pur maledetta e triste, appassiona ed è davvero difficile non discutere i propri pregiudizi analizzando singolarmente la storia di ogni personaggio. Possiamo identificarci nello spirito dei familiari e degli amici delle vittime, e indignarci per la assurda violenza del delitto, e invocare giustizia. Possiamo identificarci nello spirito dei loro concittadini, e immaginarci a vivere con sgomento e paura in un clima di terrore, almeno fino alla cattura dei criminali colpevoli. Possiamo identificarci negli assassini, certamente. È pur sempre un’opera letteraria. Perché lo squilibrio mentale dei due assassini aveva una radice ed aveva una origine. Possiamo solamente immaginare le disgrazie occorse ai due, in passato; non avendole vissute, filtriamo qualunque rivelazione e preferiamo non credere che sia realmente avvenuta. Eppure, si tratta di disgrazie avvenute. E allora, se non troviamo in noi l’enorme forza di avere pietà per degli assassini, per le loro vite già massacrate dall’ingiustizia di certe esistenze, dobbiamo sforzarci di trovarla almeno nel momento in cui si apprestano ad essere, a loro volta, assassinati. Questo “momento” dura sei anni. Sei anni nel braccio della morte. Sei anni di processi, di appelli, di attesa. D’un epilogo che puntualmente avviene. La domanda che adesso il lettore deve porsi è semplice. È accettabile ed è giusto che l’assassino sia assassinato dallo Stato? Perché se rifiutiamo con disgusto e con orrore l’ipotesi che un uomo uccida un altro uomo, non dobbiamo dimenticare che non è uccidendolo che avremo estirpato la radice avvelenata dall’umanità.

Capote ha esaminato una considerevole mole di informazioni: atti processuali, interviste, articoli dei giornali. Ed ha vissuto nell’incubo degli assassinati, e nell’incubo degli assassini. Ne è emerso con questo libro, che è una piccola meraviglia, e davvero non dovrebbe mancare nelle biblioteche di nessuno di noi, suoi contemporanei. Non nascondo che la storia possa turbare; penso al verbo latino “movere”, ossia commuovere nel senso del richiamare alla partecipazione: mi pare un verbo adatto. È giusto che il lettore si trovi chiamato in causa. Siamo noi a poter sedere nel tribunale, ancora una volta, spettri in un mondo che è stato reale. Possiamo osservare, possiamo indignarci, possiamo infuriarci, possiamo giudicare. Quel che è più importante: dobbiamo esserci, dobbiamo leggere.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.

Truman Steckfus Persons, alias Truman Capote (New Orleans, 30 settembre 1924 – Los Angeles, 25 agosto 1984), narratore, giornalista e sceneggiatore americano.

Truman Capote, “A sangue freddo”, Garzanti, Milano, 1999. Collana: “Gli elefanti”.

Prima edizione: Truman Capote, “In Cold Blood”, 1966. L’opera è stata intrapresa nel 1959.

Trasposizione cinematografica: “In Cold Blood”, 1967, di Richard Brooks.

Gianfranco Franchi, gennaio 2003.

Prima pubblicazione: ciao.com. A ruota, Lankelot.