7 cose di cui vergognarsi. Ora e allora

7 cose di cui vergognarsi. Ora e allora Book Cover 7 cose di cui vergognarsi. Ora e allora
Antonio Padellaro
Paper First
2021
9788831431385

Esergo. “Sette sono le virtù e i vizi capitali”. Explicit: adulare i potenti; coltivare l'odio; rimpiangere il passato; sottomettersi; non restituire; annoiare il prossimo; non vergognarsi mai. Interludio, le vignette di Mario Natangelo. Antonio Padellaro medita sulle dinamiche oscure della storia della Repubblica Democratica che abitiamo: si parte dalla cupidigia di servilismo, “ovvero l'impulso incontenibile alla sottomissione e senza che glielo abbia ordinato nessuno”; il giornalista racconta i suoi scontri coi segretari dei fu DS o amare telefonate coi dirigenti o coi leader varii, feriti dalla vicinanza quando a Rifondazione, quando al governo Prodi, spiegando quali sono le proteste classiche in certi frangenti; ribadisce poi la pericolosità dell'evocazione dell'uomo forte al potere; saluta in Mario Draghi l'oggetto della venerazione di una parte eccessiva dei suoi colleghi. L'uomo forte, spiega Padellaro, che sia Mussolini, che sia Craxi, che sia Berlusconi, che sia Renzi o che sia Draghi, viene prima invocato poi rinnegato: è prassi. Tra un'abiura e l'altra, l'uomo forte viene incensato con mestiere.

Si passa quindi alla questione dell'odio. Padellaro ricorda la caduta in disgrazia della sua famiglia paterna, buona borghesia organica al regime sino all'ultimo momento; ricorda la viva sofferenza del Paese nel dopoguerra, quando certi antagonismi erano tutt'altro che sopiti; osserva che un tempo l'odio spingeva sino al desiderio di annichilimento fisico del rivale (pensa all'attentato a Togliatti, per capirci, o alle logiche delle BR), mentre oggi l'odio spinge al limite a ridicolizzare un nemico sui social network, lavorando sulla metodica distruzione della reputazione. En passant, speziata aneddotica sul ruolo giocato dai servizi deviati e dalla Loggia P2 “nel momento”; in coda, consigli pratici per sopravvivere alla diffamazione degli anonimi o degli irrilevanti sui social.

Veniamo al nostalgismo. Padellaro, meditando sulle migliaia di caduti per mano della mafia, sulle centinaia di vittime dei brigatisti rossi e dei loro simili, sulle vittime delle stragi, sulla corruzione dei vecchi partiti esclude che si possa avere la minima nostalgia della Prima Repubblica, minimizzando sul famigerato “spirito del CLN”. En passant, qualche medaglia da direttore del “Fatto” (471 querele in sei anni, richieste di risarcimento danni da 141 milioni di euro; abnorme il numero delle “cause temerarie”, a scopo di intimidazione dei giornalisti).

Quarta questione, la sottomissione. Padellaro osserva, con estrema lucidità, che qui in Italia “viviamo in un sistema basato, costruito e strutturato, in forma piramidale, sull'appartenenza”: quando famigliare, quando partitica, quando parrocchiale, quando mafiosa, quando massonica. In questo sistema, la docile obbedienza, la sudditanza e il servilismo sono basilari.

Quinta questione, la scarsa solidarietà: la nulla percezione del “bene comune”, della “cosa pubblica”, della responsabilità che tutti abbiamo per ciò che accade nei nostri palazzi e nel nostro mondo. Sesta questione, la decadenza dell'informazione della (ormai, quasi “fu”) carta stampata e l'amarezza per la sparizione della rilevanza e della centralità dei quotidiani. Settima e ultima, l'assenza di vergogna di certi complottisti (nemmeno di fronte a ormai diversi milioni di morti per una pandemia, a cento anni di distanza dalla Spagnola)

Dedicato ai nipoti, 7 cose di cui vergognarsi. Ora e allora è un memoir di Antonio Padellaro, giornalista e scrittore classe 1946, già responsabile della redazione romana del «Corriere della Sera», vicedirettore de «L'Espresso», direttore de «L'Unità», direttore dal 2009 al 2015 de «Il Fatto Quotidiano» e loro editorialista sin dalla fondazione. Ho scritto “memoir” perché probabilmente definirlo “raccolta di scritti politici” o “raccolta di corsivi” è parzialmente inesatto e in ogni caso inadeguato; c'è qualcosa, in questo libretto, di inequivocabilmente testamentario: è un punto a capo. Non un congedo ma una pietra sopra. Ho pensato a dove posizionarlo nella mia biblioteca: ho uno scaffale dedicato a certi corsivi d'autore che ospita gli Scritti corsari di Pasolini, diverse pagine di Goffredo Parise, Il conformista di Massimo Fini, una raccolta di provocazioni di Luciano Bianciardi: è là che sto costruendo una sintesi di cos'era il giornalismo d'autore e cos'erano certi corsivi e certi editoriali, in genere (cosa significavano; “come” si scrivevano; dove venivano pubblicati; etc). I miei bambini stanno crescendo in un mondo che sta dimenticando ciò che è stato il giornalismo cartaceo, e ciò che poteva essere ancora; e forse abitano un mondo che sta di nuovo dimenticando la civiltà della scrittura, preferendo quella dell'immagine. Questo libro andrà là. In memoria di un'epoca che davvero è agli sgoccioli. Cos'è stato Antonio Padellaro, e in cosa ha creduto, per cosa ha combattuto e come si sentiva negli anni Venti del nuovo secolo? Cos'era il giornalismo italiano, nel bene e nel male? La risposta sta qui.

Gianfranco Franchi, febbraio 2022.

Prima pubblicazione: Mangialibri.

“Memoir”, perché “raccolta di scritti politici” o “raccolta di corsivi” è parzialmente inesatto e in ogni caso inadeguato; c’è qualcosa, in questo libretto, di inequivocabilmente testamentario: è un punto a capo. Non un congedo ma una pietra sopra. Ho pensato a dove posizionarlo nella mia biblioteca: ho uno scaffale dedicato a certi corsivi d’autore che ospita gli Scritti corsari di Pasolini, diverse pagine di Goffredo Parise, Il conformista di Massimo Fini, una raccolta di provocazioni di Luciano Bianciardi…