1984

1984 Book Cover 1984
George Orwell
Mondadori
2016
9788804668237

Tutto si confondeva in una nebbia. Il passato era cancellato, la cancellatura era stata dimenticata, e la menzogna era diventata verità (…) La storia veramente era incominciata attorno al ’65, nel periodo dei grandi repulisti, nel quale i capi originali della rivoluzione erano stati distrutti una volta per sempre. Nel 1970 non ne era restato nessuno, tranne, s’intende, il Grande Fratello in persona. Tutti gli altri, allora, erano stati additati come traditori e controrivoluzionari” (p. 99).

Il titolo” – spiega Aldo Chiaruttini nell’introduzione – “indica l’anno in cui si svolgono i fatti che sono argomento del romanzo. L’autore ricava tale data semplicemente invertendo le due ultime cifre dell’anno, il 1948, in cui redasse il secondo e ultimo abbozzo del libro. Evidentemente, a Orwell il 1984 sembrava abbastanza lontano per situarvi un racconto fantastico, ma anche abbastanza vicino per potervi inserire fatti e situazioni, personaggi e una forma di linguaggio che nel 1948 apparivano tutt’altro che irreali, tanto che il romanzo fu subito accettato con favore dal pubblico anche per il suo carattere di ‘attualità’” (p. 11).

1984” è un romanzo che ogni individuo dovrebbe ospitare nella sua biblioteca: per poterlo scandagliare e analizzare a intervalli regolari, nel corso degli anni, e per poter appurare che quel che il maestro Orwell profetava nel 1949 stia rimanendo, e possa rimanere, una visione della realtà apocalittica e assolutamente letteraria. Al contempo, questo libro può, e potrà rivelarsi, un eccellente strumento di difesa da parte d’ogni singolo cittadino nei confronti degli aberranti, e sempre più frequenti tentativi di manipolazione della realtà, e delle informazioni – in generale – ideati e condotti dalle fazioni politiche e dai regimi d’ogni nazione. Il genio de “La fattoria degli animali” si congeda dall’esistenza con questa distopia strutturata in tre parti e una appendice, dedicata ad approfondire i principi della neolingua del regime Socing (il “socialismo inglese”). Entriamo nel sistema immaginato da Orwell: il mondo è diviso in tre macrostati: Oceania (costituita dall’ex Impero Britannico e dagli Stati Uniti d’America), Eurasia (Europa e Russia: dal Portogallo allo Stretto di Bering), Estasia (Cina, Giappone, Manciuria, Tibet). Queste tre entità statali non sembrano più contraddistinte da sostanziale differenza ideologica (p. 214): l’Europa è retta dal Neo-Bolscevismo, l’Estasia dal Culto della Morte, l’Oceania dal Socing. I sistemi sono eccezionalmente simili: sono contraddistinti da una struttura piramidale, dall’adorazione per un capo, da analoghi principi economici; il consumo dei prodotti deve essere inarrestabile ed esasperato, e non deve valere a migliorare il livello generale di vita (p. 216).

Ogni prodotto deve ribadire “la vittoria”, contenendone il nome: dalle sigarette al gin. La guerra non è più quella d’un tempo: si vive in un perpetuo stato di guerra, mossa per mantenere intatta la struttura sociale (p. 226).

L’abolizione della proprietà privata è servita soltanto a concentrare la proprietà in un numero di mani inferiore al passato (p. 232): i nuovi padroni sono un’oligarchia, e non la massa. L’ideale è un mondo d’acciaio e di cemento, dominato da armi terribili e macchine mostruose (p. 79): i cittadini devono essere fanatici del Partito, marciare in compagine perfetta, intonando slogan. 300 milioni di persone: un solo volto, una sola anima. La realtà è ben diversa: denutrizione e case fatiscenti. Ma la fede nel Partito e nella Rivoluzione pretende omertà e negazione della realtà.

La vicenda è ambientata a Londra, vittima del Socing, terza delle province d’Oceania: decadente e fatiscente per via dei passati bombardamenti. Squadre di polizia curiosano, in elicottero, tra le finestre d’uno e d’un altro palazzo: ma la nuova e potente forza dell’ordine è la Polizia del Pensiero: la Psicopolizia. Esamina i comportamenti dei cittadini attraverso teleschermi presenti in ogni edificio e in ogni abitazione: ogni suono viene udito, ogni azione osservata. S’arresta tendenzialmente di notte: “nella maggior parte dei casi non c’era processo, e nemmeno una semplice relazione dell’arresto. La gente spariva, così, semplicemente, e sempre di notte. Il nome dell’arrestato sarebbe stato cancellato dai registri, e ogni traccia di ciò che avesse mai fatto veniva cancellata anch’essa, la sua stessa esistenza di un tempo sarebbe stata negata, e poi dimenticata. Sarebbe stato abolito, annullato: ‘vaporizzato’ era la parola d’uso” (p. 42). Lo Psicoreato non comporta morte: è la morte (p. 51).

È importante, quindi, che ogni cittadino mostri grande ottimismo osservando i teleschermi: che vanno propagando slogan e nuovi dogmi del regime. Non è tollerata nessuna opposizione, nessuna critica, nessuna ribellione. È stato introdotto il voltoreato: consiste nel restare impassibili, di fronte allo schermo televisivo, quando viene annunciata una vittoria del Partito (p. 85). Altrimenti, nulla è illegale: non esistono più leggi (p. 30).

Nei tre superstati, il nemico del momento rappresenta il male assoluto: qualsiasi alleanza diviene immediatamente impossibile. L’unico documento a disposizione d’ogni cittadino è la propria memoria: ogni restante fonte viene costantemente alterata dai funzionari del Partito; viene riscritta e modificata la Storia, e adattato e – se necessario – invertito il contenuto degli articoli pubblicati sulle riviste del passato. Nulla si può più provare: l’unica certezza, per così dire, è la propria memoria: costantemente messa in dubbia dalla straordinaria strategia di comunicazione di massa del regime. Esistono addirittura, in ogni edificio, i “buchi della memoria”: fessure che si aprono, a decine di migliaia, per ospitare eventuali documenti cartacei ritenuti superflui, e invitare implicitamente a liberarsi della carta: terminano in grandi inceneritori. Il Partito modifica i vecchi articoli in onore alla logica della profezia che si autoavvera (p. 63): “La Storia era un palinsesto grattato fino a non recare nessuna traccia della scrittura antica e quindi riscritto di nuovo tante volte quante si sarebbe reso necessario. In nessun caso sarebbe stato possibile, una volta che il fatto era commesso, provare che aveva avuto luogo una qualche falsificazione”.

Tre sono i sacri principi del Socing: la Neolingua, il Bispensiero, la Mutevolezza del Passato (p. 49). Il Bispensiero si fonda sul controllo della realtà, tramite le vittorie sulla memoria d’ogni individuo: tute azzurre dei Ministeri si curano di creare falsi eroi, come Ogilvy (pp. 70-71): ogni due anni, si tengono processi pubblici agli oppositori del regime, futuri desaparecidos.

Esistono degli slogan, ripetuti a oltranza dai ripetitori televisivi: Chi controlla il passato controlla il futuro.  Chi controlla il presente controlla il passato. I Prolet e gli animali sono liberi. La guerra è pace. La libertà è schiavitù. L’ignoranza è forza.

Il Partito ha un tipo fisico ideale: biondo, abbronzato, muscoloso, florido. Il matrimonio serve solo alla procreazione: le donne, tutte uguali, omologate nel vincolo della castità, nella freddezza madre dell’ortodossia politica, rifiutano di truccarsi, di servirsi di profumi, e avallano programmi d’astinenza dal coito: il Partito cerca d’annullare l’istinto sessuale, per deviare istinti e impulsi nel fanatismo, nell’abnegazione, nella dedizione alla causa unica: la Rivoluzione. Ogni forma d’individualismo è severamente ostracizzata e bandita (p. 106): si deve vivere per il lavoro e per il Partito, e lavorare 60 ore a settimana.

In Oceania, la popolazione è così suddivisa: sei milioni (2%) sono i funzionari del Partito Interno (il “cervello”). Il 13% della popolazione è costituito dai dirigenti del Partito Esterno (le “braccia”). Il resto della cittadinanza, ossia l’85%, è costituito dai Prolet. Costoro vivono in giganteschi alveari: potrebbero ribellarsi, rifletterà il protagonista del romanzo, e sovvertire l’ordine del sistema; tuttavia, paiono inebetiti tra le mescite dei pub (p. 108), le estrazioni della lotteria (p. 109: geniale intuizione di Orwell), il gioco d’azzardo, le rivendicazioni sempre specifiche e legate a questioni di nessun conto (p. 95). “Fino a che non diventeranno coscienti del loro potere, non saranno mai capaci di ribellarsi, e fino a che non si saranno liberati, non diventeranno mai coscienti del loro potere” (p. 94).

Simbolo del Partito e della Rivoluzione è un’immagine, che campeggia su ogni edificio e ogni teleschermo: il Grande Fratello. Ha grossi baffi, come Stalin, e lineamenti ruvidi ma non sgradevoli: a ciascun piano d’ogni palazzo, corrisponde un cartellone che mostra il suo viso.

Ogni giorno, gli schermi televisivi concedono due minuti d’odio (p. 33): appare l’immagine del grande traditore della Rivoluzione, l’ebreo Goldstein, e ogni cittadino può ascoltare le sue “farneticazioni”, insultandolo e offendendolo a piacere. È un antenato di Bin Laden, per intenderci. Fischi, rabbia, disgusto: finalmente ogni membro del Partito può sfogare le sue frustrazioni di fronte al meraviglioso tubo catodico. Goldstein, nemico del popolo, già dirigente del Partito (Trotsky?), quindi salutato come controrivoluzionario, è stato condannato a morte ma è evaso e quindi scomparso (p. 35): è il supremo traditore, che si nasconde chissà dove, all’estero o in Oceania, macchinando sempre nuovi stratagemmi a danno del sistema e del Partito.

Orwell scrive che ha un magro volto d’ebreo, un’aureola di capelli bianchi, naso lungo e camuso, occhiali, una barbetta da capra (p. 35), e che appare moralmente vile, e stupido. Domanda libertà di parola, di stampa, di riunione, di pensiero e attacca la dottrina del Partito: infine, viene sostituito dal GF (p. 39) sullo schermo, che subito rassicura i cittadini; quegli – sembra giurare – verrà catturato e giustiziato. Tutti allora ripetono: GF, GF (p. 40). È un mormorare pesante, primitivo e selvaggio. Ferino. Come nelle piazze.

Si dice che Goldstein abbia scritto un libro (p. 37), in cui predica il suo verbo; e che in giovinezza fosse romanziere. È il capo della sedicente “fratellanza” che vuole destituire il regime. Ogni giorno, fedele alla “sicurezza” dei cittadini, la Psicopolizia arresta e a volte giustizia qualche suo seguace (p. 37).

Oceania si regge su quattro Ministeri: Amore, Verità (p. 66), Pace, Abbondanza: “Il Ministero della Verità si occupava della stampa, dei divertimenti, delle scuole e delle arti. Il Ministero della Pace si occupava della guerra. Il Ministero dell’Amore manteneva l’ordine e faceva rispettare la legge. E il ministero dell’Abbondanza era responsabile dei problemi economici. Ecco i loro nomi in neolingua: Miniver, Minipax, Minamor, Minabbon” (p. 28: nell’Appendice, Orwell spiega che l’abbreviazione è astuzia derivata dalla sobria dicitura “Comintern”, in sostituzione del più diretto “Internazionale Comunista”: p. 338).

La Neolingua nasce dalla distruzione di centinaia di parole ogni giorno: la lingua si sta riducendo all’osso, per poter agevolare il controllo dei pensieri dei singoli cittadini (p. 74). Si fa piazza pulita di verbi, nomi, aggettivi: eliminati con allegrezza sinonimi e antonimi. La Neolingua è letteralmente Socing.

Viene distrutta la Letteratura del passato: tutta tradotta e alterata in Neolingua, da Chaucer, a Milton, a Byron, a Shakespeare. L’Archelingua prevedeva infatti eccessive sfumature di significato, e stabiliva troppe convenzioni pericolose. La Scienza è stata abolita (p. 220), ogni interpretazione deve essere adattata al dogma del partito: è il principio del nerobianco (p. 238), tale per cui se il Partito impone che il bianco sia nero, tale deve essere: ed è fondamentale crederci. Il Bispensiero garantisce flessibilità e apertura mentale a ogni mistificazione.

Protagonista del romanzo è il trentanovenne Winston Smith, funzionario del Ministero della Verità, addetto all’aggiornamento dei vecchi numeri del “Times” perché corrisponda alla verità storica pretesa dal Partito. È biondo, e ha un colorito lievemente sanguigno; indossa la tuta azzurra del Ministero, ed è perplesso. È perplesso perché non ricorda quando è nato, e vuole capire la verità a proposito del sistema: è stanco d’essere apostolo della menzogna dell’ideologia, e vuole liberarsi dal male. Scrive: non sa se scriva per i posteri, o meno. Adotta una vecchia e desueta penna, su un altrettanto inconsueto quaderno. Comincia a scrivere “abbasso GF” (p. 42), superando con grande difficoltà i suoi freni inibitori, e i numerosi condizionamenti. La televisione parla della guerra, intanto: lui torna, nella memoria, alla tragedia della morte della madre (p. 53), e ai ricordi d’un’antica guerra, ormai negata. Non sa neppure chi combatteva contro chi. Intuisce che i prolet anziani possano avere memoria dell’accaduto pre-rivoluzionario: scende nei quartieri degli alveari, per interrogarne qualcuno nei pub. Non ha fortuna. Sarà un robivecchi a parlargli dell’esistenza, nel passato, delle chiese.

Winston viene avvicinato da una donna: è la giovane Julia, che sembra immune alla propaganda del Partito e ha mantenuto libertà di pensiero, dubbio metodico e desiderio sessuale: combinazione mortale, in quel sistema. Entrambi sono convinti che sia preferibile una corruzione “vera” rispetto alla falsa etica e all’orribile estetica rivoluzionaria: il loro amore è atto politico, e pura avversione per la menzogna del Grande Fratello.

Lei si trucca, usa il profumo, mostra al funzionario del Partito il vero pane bianco, il vero caffè, il vero latte, la vera marmellata, acquistati al mercato nero (p. 108): ribellarsi significa ritrovare quel che la Rivoluzione ha proibito e nascosto, e negato.

Parlano della guerra. Lei ha dimenticato che il fronte, solo quattro anni prima, era differente (p. 181): chiara prova che è comunque soggetta alla propaganda mediatica del regime. Assieme, sembrano trovare comprensione e solidarietà in un dirigente del Partito, che sembra loro membro della Fratellanza (p. 202), e farà ricevere a Winston copia del libro maledetto di Goldstein: è una trappola, che condurrà la coppia in prigione. Celle senza finestre, dalle pareti bianche. Quattro schermi, uno per muro. Tortura, condizionamento psicologico, lavaggio del cervello: dopo qualche tempo, Winston ammette che due più due fa cinque, e impara ad amare la rivoluzione, e il Grande Fratello.

Primi riferimenti letterari, nella distopia – lettura d’un futuro “apocalittico” fondata sull’esperienza presente, e sull’intuizione delle sue tendenze più negative, sembrano essere “Noi” (1920) di Evgénij Zamjatin e “Il Mondo Nuovo” (1932) e “La scimmia e l’essenza” (1948) di Aldous Huxley. Tra le distopie successive al capolavoro di Orwell, segnaliamo “Fahrenheit 451” (1953) di Ray Bradbury, “Il signore delle mosche” (1954) di William Golding, “Il pianeta delle scimmie” (1963) di Pierre Boulle, “Ritorno a Pompei” (1996) di Amélie Nothomb.

Scrisse la figlia di Benedetto Croce: “(…) Fui perciò piuttosto turbata dal fatto che mio Padre, per nulla amatore di letteratura avveniristica e profetica, e neanche di favole moralistiche, desse tanta importanza a quel libro: in particolare alla profezia sulla progressiva eliminazione dell’umanità dal linguaggio, e al punto di esprimere riflessioni pessimistiche – che non gli avevo mai sentito fare nemmeno durante il fascismo – sulla facilità con cui può venire estirpata la pianta della civiltà, che impiega secoli per ricrescere. Quel ricordo, e con esso l’immagine che si ha in quel libro del popolo come ultima risorsa umana, se pure ridotta allo stato puramente vegetativo (vegetazione che inoltre la civiltà dei consumi si preparava a distruggere quando, dobbiamo dire fortunatamente, è entrata in dissesto), mi lasciarono nel subconscio la certezza che Orwell era un autore il quale non aveva fatto il suo tempo, ma si sarebbe dovuto tenere di riserva per tempi più duri” (Elena Croce, “George Orwell”, in «Settanta», n. 22, Marzo 1972).

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Eric Arthur Blair, alias George Orwell (Motihari, India, 1903 – Londra, 1950), giornalista e scrittore inglese, di sangue scozzese.

George Orwell, “1984”, Mondadori, Milano, 1973. Traduzione di Gabriele Baldini. Con un’introduzione, un’antologia critica e una bibliografia a cura di Aldo Chiaruttini.

Prima edizione: “Nineteen Eighty-Four”, 1949. Prima edizione italiana: “1984”, Milano, 1950. Titolo scartato: “L’ultimo uomo in Europa”.

Approfondimento in rete: Wikipedia

Gianfranco Franchi, ottobre 2004.

Prima pubblicazione: Lankelot.

Capolavoro assoluto di Orwell.