Lo sposo del mare

Lo sposo del mare Book Cover Lo sposo del mare
Reinaldo Arenas
Libreria Croce
2010
9788864020631

Omosessualità sotto regime comunista cubano: galera inclusa. La dolorosa e sofferta esperienza del grande Arenas, artista eretico e libertario, nemico dei regimi totalitari e del capitalismo, è stata trasfigurata nei versi dello “Sposo del mare”, coraggiosamente e onestamente prefati dal professor Héctor Febles e ben tradotti dal giovane letterato Claudio Marrucci, empatico autore d'una appassionata breve biografia del poeta cubano.

Sono le poesie “più o meno corte scritte negli ultimi vent'anni”, scriveva Arenas nel prologo; “ispirazioni furiosamente cronometrate da chi ha vissuto sotto successivi imbarbarimenti”: quello della tirannide di Batista, quello della tirannide di Castro, quello, infine, del turbocapitalismo e della peste del Novecento, l'AIDS. Arenas è uno che ha vissuto tutto questo, e si pente solo di quello che non ha fatto. Come insegna Antonio Veneziani, ultimo maestro della Scuola Romana, “Il sesso lo danna e lo consuma eppure è sempre il sesso ad innalzarlo alla poesia. In lui la carne si santifica e la pelle si fa trama dell'animo” (p. 93). Non si poteva dire meglio.

Héctor Febles ricorda cosa significasse la censura politica nell'isola castrista: essa “permeava l'intero spettro culturale dell'isola, e qualsiasi persona poteva essere denunciata, anche solo per avere in casa un disco con la 'musica reazionaria' dei Beatles, al tempo esclusi dalla programmazione radiofonica e televisiva” (p. 6). Ma non ci si limitava a decidere cosa fosse comunista e cosa no nella musica e nella letteratura: il sesso era altrettanto importante. Gay e lesbiche finivano nei campi di lavoro: la sigla di questi gulag era “UMAP”, cioè “Unita Mobili di Aiuto alla Produzione”. Ne parlava Vieira in “Il lavoro vi farà uomini. Omosessuali e dissidenti nei gulag di Castro” (Cargo, 2005), un libro poco letto dai fautori della storia creativa, appassionati della “fantasia roja”. Peccato: aiuterebbe tutti a capire da che parte stare, a meno di non voler diventare strumenti dell'infamia e della malvagità.

In sintesi, e tornando sul piano individuale: cosa combinarono ad Arenas? Sospettato di “deviazioni sessuali”, fu condannato a due anni di galera per “circonvenzione di minore” (un trentacinquenne, orso) ed escluso dai circoli letterari; impossibilitato a pubblicare e a emigrare, si ritrovò a fuggire (assieme a decine di migliaia di “indesiderati”, gay e lesbiche in primis) alla volta degli States. E lì comincio una nuova vita. Lontano – per sempre – dalla sua terra, dalla sua patria, dalla sua gente. È storia.

Veniamo ai versi. Politici e polemici, come in “Contributi”: quando ricorda che Marx non venne mai spiato, non venne mai costretto a ritrattare, non venne mai circondato da spie, non venne mai rapato a zero, non venne mai accusato di amicizia immorale con Engels, non venne mai costretto a restare immobile nel suo Paese. Ma quella era preistoria. Atroce, la satira politica, quando racconta del cittadino Nelson Rodriguez, confinato in un campo di concentramento per sette anni, liberato, fuggito e infine catturato e fucilato: “Ha lasciato un libro sulla sua esperienza di forzato, ma è stato fatto sparire dalle autorità cubane” (p. 70). Così.

Oppure, come in “Epigramma”, laddove ricorda la sorte di un milione di bambini condannati a essere schiavi agrari con la scusa sinistra della “Scuola del campo”: rasati e marchiati, “ingabbiati, imbavagliati e affamati”; o ancora come in “Volontà di vivere manifestandosi”, espressione d'una sensazione d'esser stato cannibalizzato, sepolto vivo: “Hanno danzato sul mio corpo / Hanno spianato per bene il suolo”, latra.

Favolosa la schiettezza con cui si prende gioco degli intellettuali comunisti nelle nazioni democratiche: un esempio su tutti: “Stronzetto bianco, ammiri le vaste piantagioni collettive (kolkov o fattorie del popolo?) dove i ragazzi non hanno tempo di pensare o sognare, però rimani qua nel tuo spazioso studio refrigerato, armoniosamente invaso da piante ornamentali, che si fondono insieme alla biblioteca ben fornita dove il manifesto 'Il futuro appartiene al comunismo' domina la vista” (“Stronzetto bianco”, pp. 76-77). Mi sembra una lamentela sensata, da parte di chi ha rischiato di crepare sotto un regime futuro come quello sognato dall'intellettuale americano marxista.

Sono versi nostalgici, come in “Sinfonia”, spezzati da squarci elegiaci (“Vedo il sole che impregna di stupore le mie dita”) e da allucinazioni solari (“Il mio sposo il mare mi farà tornare il bambino che sono stato / sotto i boschi e il sole / o con un sussurro cullerà le mie ossa / […] Il mio sposo il mare con le sue labbra calde / mi sveglierà da questo lungo sogno / o in un sussurro ingoierà le mie ossa” (p. 65); oppure, come in “L'autunno mi regala una foglia”, quando canta d'una foglia bianca di carta, “patria infinita dell'esiliato / dove tutte le furie si scatenano”.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Reinaldo Arenas Fuentes (Holguín (Cuba), 1943 - New York, 1990), poeta, romanziere e drammaturgo cubano.

Reinaldo Arenas, “Lo sposo del mare”, Libreria Croce, Roma 2010. Prefazione di Héctor Febles. Traduzione di Claudio Marrucci. Nota di Antonio Veneziani. In copertina: disegno ad acquerello di Carlo Veneziani.

Prima edizione: “Voluntad de vivir manifestandose”, 1989; in “Inferno”, Barcelona, 2001.

Gianfranco Franchi, marzo 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.