Nero ananas

Nero ananas Book Cover Nero ananas
Valerio Aiolli
Voland
2019
9788862433648

Forse si dovrebbe raccontare "Nero ananas" (Voland, 2019; euro 17, pp. 352), ambizioso e tenebroso romanzo dell'artista fiorentino Valerio Aiolli, classe 1961, per prima cosa come un libro politico; si dovrebbe, probabilmente, ragionare sulle similitudini col suo precedente "Sonnambulo" (Gaffi, 2014), raccontando che come il "Sonnambulo" va ricostruendo il passaggio tra la Repubblica e la cosiddetta "Seconda Repubblica", a ridosso dell'emblematica Strage di Capaci [23 maggio 1992], così "Nero ananas" sprofonda nell'oscurità degli anni che vanno dalla Strage di Piazza Fontana [12 dicembre 1969] alla Strage della Questura di Milano [17 maggio 1973]. E si dovrebbe meditare sul passo di Aiolli: dovrei mettermi seduto e osservare che, rispetto ai suoi primi anni di attività e alle sue prime pubblicazioni, il nostro toscano ha cercato di cambiare passo; ha – progressivamente – puntato al massimalismo; ha, faticosamente, cercato di fare luce nella storia della nostra Repubblica (fare luce, non "mettere ordine": l'ordine è un altro discorso. Fare luce, non dare giustizia. La giustizia è un altro discorso. Fare luce, non raccontare la verità: la verità è una questione maledettamente difficile, e plurima). Dovrei, sì: e dovrei anche osservare, per essere ordinario, beneducato e raziocinante, che forse non a caso un libro del genere è stato candidato allo Strega; è politico, è massimalista, è ben scritto; ma io non credo ai premi letterari, credo che Aiolli abbia ben altra classe e ben altra eleganza rispetto a certi nomi candidati, penso anzi che, se si ritrovasse in competizione con certi mestieranti e certi presuntuosi, dovrebbe scrollarseli di dosso come la polvere dalla giacca, col dorso della mano: dovrebbe proprio rifiutare il confronto, forse con un po' di stizza.

Non sbaglierei a scrivere un pezzo "stregato" e "politico": sarebbe tanto comodo, e piuttosto facile. Soltanto, dimenticherei di dirvi qualcosa di essenziale. E cioè che Valerio Aiolli continua a dare il meglio di sé quando racconta "cronache famigliari": discende in linea retta da Pratolini, ha quella compostezza e quella profondità, quell'andatura – quella riconoscibilità; che "Nero ananas" è, in realtà, un drammatico romanzo famigliare, è una storia fiorentina e borghese estremamente credibile e coinvolgente; che probabilmente è il romanzo di formazione di un ragazzino che perde l'innocenza perché l'Italia va a remengo, nel sangue e negli attentati, e nessuno riesce a capire perché, limitandosi soltanto, forse, a intuirlo; che è il romanzo di una separazione, di una separazione che figlia una sofferenza virulenta, tra due fratelli: una separazione simbolica, si capisce, speculare alle scelte di vita, alle appartenenze. È un libro che racconta come la piccola e media borghesia italiana (italiana, capiamoci: la famiglia del protagonista è calabro-toscana, pienamente fiorentina da parte materna, totalmente fiorentina nell'adozione paterna) ha vissuto quegli anni di disgrazie insormontabili, di bombe sui treni, di attentati nelle banche e in questura, di innocenti morti ammazzati, di abbacinanti connivenze tra estremisti (per lo più, neofascisti) e servizi segreti americani e italiani ("deviati", si diceva un tempo); perciò non può che essere un libro che racconta certi avvenimenti con stupore, restituendo una sensazione di irrealtà e di sconsolata amarezza, di sbarellamento. Uno sbarellamento che magari finisce per frantumare le fondamenta di un matrimonio altrimenti solido e romantico: oppure, per radicalizzare una ragazzina adolescente, che finisce, nell'intento di fare confusamente "del bene", per sprofondare negli estremismi figli del dogma rosso, con esiti indicibili.

È un libro oscuro – non perché non sia lineare; è oscuro perché è una discesa negli inferi e nei rimpianti di una famiglia, e di un periodo della storia della nostra sinistra Repubblica democratica. "Nero ananas" è, piuttosto, un libro estremamente lineare, ben strutturato, piuttosto chiaro nella trama e nelle ricostruzioni delle trame, perfino le più contraddittorie e scombinate, e nella restituzione delle connivenze, delle ambiguità, dei doppi giochi; nomi veri Aiolli sostanzialmente non ne fa, se non in qualche caso per le vittime (sbaglio?) ma riconoscere un politico come Rumor non è difficile, così come il mefitico Delfo Zorzi o il controverso Gianfranco Bertoli; dico qualche nome soltanto per dare le coordinate a chi stesse cercando un (altro) libro sulla strage di Piazza Fontana o sulla strage della Questura di Milano, o in generale sulla temperie di quel periodo: troverete esattamente quello che state cercando. Non è quello che cerco io, vi fermo subito: come lettore e come letterato, in genere, preferisco leggere saggi estremamente documentati piuttosto che romanzi estremamente documentati, su certe questioni; preferisco, in buona sostanza, l'intelligenza che ricerca la verità (meglio: "le" verità) a volto scoperto, riferendosi ai responsabili di certe azioni con nome e cognome, documentando in appendice, con ampia e dettagliata bibliografia, dove e come ha studiato, quando, cosa, in certi casi addirittura "perché" (già) o per segnalazione di chi. Non mi piacciono i romanzi storici – meno ancora i romanzi storici vincolati alla contemporaneità; io leggo direttamente i libri di storia (scelta estetica: scelta etica). Valerio Aiolli è uno scrittore che amo e che spesso mi stupisce (cominciò con un libro sull'esperienza colonialista italiana, "Ali di sabbia", inspiegabilmente irreperibile, oggi)... quindi: ben venga lo strappo alla regola.

Cosa ricorderò di questo "Nero ananas"? Tanti dei sentimenti e delle sensazioni del ragazzino che dice "io", in questo libro: tanto del suo stupore, della sua innocenza, del suo malessere – dei suoi legami. Ricorderò la maiuscola figura paterna scolpita da Aiolli: questo ingegnere calabrese che parla di Firenze con più rigore e competenza dei fiorentini, questo borghesone pieno di buonsenso che porta avanti la famiglia come può e si confronta con la figlia, ragazzotta sessantottina e contestataria, con una certa fermezza e con molta compostezza. Ricorderò questa sessantottina che forse sbaglia tutto forse si consacra a una causa più alta forse fugge forse "lavora" per qualcuno forse non è mai esistita forse è sul punto di tornare forse ha mentito forse era solo giovane. Su tutto il resto, sui fascistelli e sui fascistoni, sugli informatori, sugli anarchici scapocciati e sui comunistelli "figli del notaro" e sui veri proletari, sugli attentati, sulle bombe, sui Carabinieri e sui poliziotti morti ammazzati, sull'Italia che ho alle spalle e che ho ereditato, sugli americani (e sugli inglesi) che giocavano a fare i pupari, sui russi che giocavano altrettanto bene a fare i pupari fino a qualche anno fa (o forse pure adesso?), su tante altre cose io allargo le braccia. E guardo il cielo. Non per impotenza o indifferenza: per estraneità. Sopraffatto dal sangue, dalla cattiveria, dalle bassezze, dalla crudeltà, dal cinismo – ho solo capito un principio molto semplice: non c'è niente di più osceno del potere (e qui in Italia il potere non è sempre "Roma") e di chi il potere pretende e agogna. Forse è un approccio vigliacco – ma io credo che non esista pensiero buono quando quel pensiero si impone con la violenza o con la morte. So bene che è un approccio poco politico.

Gianfranco Franchi, marzo 2019.

Per approfondire: AIOLLI in Porto Franco.

Forse si dovrebbe raccontare “Nero ananas” (Voland, 2019; euro 17, pp. 352), ambizioso e tenebroso romanzo dell’artista fiorentino Valerio Aiolli, classe 1961, per prima cosa come un libro politico…