Tanatoparty

Tanatoparty Book Cover Tanatoparty
Laura Liberale
Meridiano Zero
2009
9788882372026

Primo romanzo di Laura Liberale, indologa, scrittrice e traduttrice piemontese classe 1969, alle spalle una raccolta di poesie apparse per le eleganti Edizioni d'If di Napoli e due saggi, “Tanatoparty” nasconde, sulla cornice di ogni pagina, un omaggio al “Libro Tibetano dei Morti”. È un romanzo che possiamo leggere in tre strade; la prima, meditando semplicemente sulle antiche parole di saggezza nascoste nel libro della transizione tra la morte e la nuova reincarnazione; la seconda, affiancando con silenziosa e commossa empatia la ricerca autoriale dell'elaborazione d'un lutto, la morte paterna, rivelato sin nelle prime battute; la terza, sbuffando o sospirando per quel che nel romanzo si racconta – ossia, per le stravaganti, lugubri e grottesche tendenze al rifiuto della morte, alla sua spettacolarizzazione, alla negazione della sua normalità.

La Liberale ridicolizza quella funebre fiera che ogni anno macchia l'Emilia Romagna, richiamando becchini, cassamortari e necromani da tutto lo stivale, ambientando in quei pressi l'ultima performance di un'artista provocatoria, Lucilla Pezzi, che ha deciso di servirsi della sua morte per stupire il pubblico per l'ultima volta; “un'azione artistica che comporterà l'esibizione della salma” (p. 27) è la “atrocity exhibition” prevista e destinata a ferire la sensibilità degli spettatori. Una ex “dissacratrice performer in sessuogeno velluto carminio”, due anni più vecchia della narratrice e dieci centimetri più alta di lei, più carismatica e più seducente, chiude così la sua strategia di ricerca dell'immortalità – emulando l'antica sorte di Orfeo, mostrando le sue membra esposte, simbolo della sua concezione di poesia: “uno strapparsi a morsi che, a carne viva, ti fa arrivare al cuore inesorabile delle cose” (p. 40).

Nel frattempo, la Liberale ha tempo per prendersi giustamente gioco delle scuole di “tanatoprassi”, dove si educa alla “estetica dell'aggiustabile”, per “riconsegnare al defunto una dignità corporale”, “riconsegnare ai dolenti un'identità del defunto riconoscibile e confortante” (p. 50); attacca – con intelligenza, e quanto condivisibile umiltà – la speculazione delle onoranze funebri, responsabile del disboscamento delle foreste, del depauperamento delle risorse di zinco, di un abnorme impiego di metano per le cremazioni, di tutta una serie di immissioni nell'ambiente di sostanze nocive nei trattamenti di tanatoprassi e necroestetica (pp. 81-82) suggerendo – diciamo indirettamente – una saggia, francescana semplicità nella morte: che i cittadini vengano seppelliti in lenzuoli di lino, racchiusi in cofani di cartone biodegrabili, ai piedi di un nuovo albero, con una targa identificativa. Quanta civiltà. Magari fosse possibile. Purtroppo tutti sappiamo che gli sciacalli milionari si presentano, con allegra puntualità, col loro fantastico catalogo di bare di ogni ordine e grado, interni e cuscino da scegliere, tutto ben zincato e via dicendo, domandandoti addirittura se preferisci una Mercedes a un'altra, per il trasporto. Qualche buon migliaio di euro e poi si può piangere in pace. Naturalmente tutto questo spreco di denaro, di materie prime e di intelligenza spezza ancor di più il cuore a quanti avrebbero diritto di meditare sulla morte di chi hanno perduto (non per sempre) in santa pace, e in selezionata compagnia, e nel pieno rispetto dell'ambiente e della semplicità di chi se ne è andato. E poi, più grave ancora, proprio come nella catena alimentare, ogni morte ingrassa qualche avvoltoio dall'aria antropoide, ben incravattato (ci mancherebbe). E il clan osserva con l'atteggiamento di chi non poteva fare altrimenti, apprezzando quel povero mogano che imprigiona un corpo amato.

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Questo è un esordio promettente, espressione di una buona personalità autoriale, di una sensibilità poliedrica, di una intelligenza capace di passare dal grande respiro dei testi sacri del passato alla triste asma dei tempi cupi e tutta plastica che viviamo. La Liberale ci ricorda che dovremmo restituire la morte alla sua essenza: quella di un fenomeno naturale, porta per un mondo diverso; non certo evento mostruoso, definitivo, intollerabile e ingiusto. La morte può sembrarci ingiusta, ma la fede – le religioni – ci insegnano ad apprezzarla e ad accettarla. Una bara da 2mila euro vale quanto imbellettare chi non può più respirare: niente, è una cosa da niente, e non serve che a ingrassare. Mercanti, vostri estranei. Questo però nel Libro Tibetano dei Morti non c'era scritto. Andrebbe aggiunto.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Laura Liberale (Torino, 1969), indologa, poetessa, insegnante e traduttrice, suona il basso in un gruppo rock composto da scrittori. Vive a Padova.

Laura Liberale, “Tanatoparty”, Meridiano Zero, Padova 2009.

Gianfranco Franchi, ottobre 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.